Leggendo le 27 pagine del "Piano del lavoro" della CGIL ho trovato parole molto belle, e assolutamente condivisibili.
Tuttavia, anche due punti critici, a mio avviso, che rivelano l'appoggio del mio ex-sindacato agli industriali e all'industrialismo, che è l'ubi consistam del sindacato stesso.
Secondo la CGIL è mancato un piano industriale serio:
"La parola politica industriale è stata bandita e le stesse grandi imprese rimaste in mano pubblica non hanno nella generalità svolto funzione di traino di investimenti ed innovazione, anzi, nel caso di Finmeccanica è a serio rischio il suo stesso futuro se non si fermano le politiche di vendita/dismissione.
Quali ragioni hanno determinato tale lontananza dal governo dell’assetto produttivo del Paese? L’ideologia del mercato che si regola da sé, l’ideologia del piccolo è bello e quella del privato sempre meglio". (p.2)
Il 'piccolo' la Cgil non lo vuole, vuole la grande industria. Non c'è una sola parola di appoggio all'artigianato. Incredibile, ma vero. Anzi, la parola 'artigianato' non appare proprio.
Sarà stato forse per questo auspicare il 'grande' invece che il 'piccolo' che, per esempio a Prato, non si sono opposti alla costruzione dell'Interporto della Toscana Centrale invece di sostenere la ri-nascita della città antica etrusca eccetera, nonostante il Piano critichi la non valorizzazione del patrimonio artistico? (p.3)
E ancora, a p. 12, si propone un metodo per rianimare il lavoro, il grande assente, e fra i punti che lo aiuterebbero si cita addirittura lo sviluppo dei centri commerciali: un favore alla Coop e alle varie multisale e simili, dove tra l'altro i contratti di lavoro non eccellono per qualità, dove per di più il lavoro stesso è estremamente alienante ?
Sembra che Squinzi, presidente della Confindustria, abbia lodato il discorso della Camusso. Poi la notizia, detta una volta, è stata messa a tacere.
http://www.cgil.it/Archivio/EVENTI/Conferenza_Programma_2013/Piano_Del_Lavoro_CGIL_gen13.pdf
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