Che l'ex-Presidente, per me non emerito, della Repubblica Napolitano inviti al non voto, è proprio degno di un figlio della monarchia. Come in altre occasioni egli ha dimostrato di essere, e come racconta bene questo articolo:
"Napolitano ha sempre omesso il titolo di conte, trasmessogli da sua madre la contessa di Napoli, una delle dame di compagnia della regina Maria Josè. Un gossip, sommesso e mai ufficialmente smentito, vorrebbe Giorgio addirittura figlio di re Umberto. Sarebbe nato da un segreto rapporto, ma siamo naturalmente al pettegolezzo. Un noto giornalista di sinistra, Ciro Soglia, raccontò tuttavia che quando Berlinguer morì, il Pci considerò due ottime opzioni: Renato Zangheri e Giorgio Napolitano. Ma per paura delle indiscrezioni sul loro passato, decise di accantonarli. Il primo aveva una relazione extraconiugale, del secondo poteva venir fuori la diceria che fosse figlio illegittimo del re. Certo, alcune azioni di Napolitano hanno alimentato i sospetti. I Savoia devono a lui la cancellazione della norma transitoria della Costituzione che impediva il loro ritorno in Italia. Da capo di uno Stato repubblicano, avrebbe poi reso omaggio nel Pantheon alle tombe dei Savoia, onorando i suoi peggiori nemici, i monarchici.
Gli storici approfondiranno la vicenda personale e politica dell’undicesimo e più longevo Capo dello Stato, ma da oggi torna alla sua vita privata un personaggio contraddittorio, appartenente a quella élite di politici che, in Italia di fatto si sono prodigati per svuotare di significato la carica, le istituzioni e in ultima analisi il Paese che avrebbero dovuto rappresentare e difendere. Di molte sue decisioni re Giorgio non ha mai fornito spiegazioni. È stato certamente complice del vero e proprio colpo di stato con cui le élite europee fecero cadere Berlusconi nel 2011. Attribuendo simultaneamente l’incarico al suo grande amico Mario Monti, nominato il giorno prima senatore a vita, attuava un piano concepito mesi prima della caduta del Cavaliere, come è stato ampiamente dimostrato. (Riccardo Scarpa, Il Tempo, 14.1.2015).
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