Solo quello che è profittevole viene messo in circolazione.
Io lo osservo facilmente nel mio lavoro, il teatro, diventato, come tutta l'arte, volgare merce. L'ho detto tante volte, nei circuiti teatrali si immettono personaggi televisivi o figli d'arte, che fanno cassa, o al limite danno prestigio per il processo di mitizzazione mediatica.
Ma nessuno sembra scandalizzarsene. Anzi.
Personalmente sperimento la censura ormai da quasi vent'anni.
Ci sono testi che ho scritto che hanno subito una censura religiosa e politica.
In particolare il Dramma intorno ai concubini di Prato, più che L'infanzia negata dei celestini che la pietas verso i bambini maltrattati riesce far superare; o Gaetanina Bresci, Mio padre Gaetano il regicida: a Monza mi hanno detto, e pochi giorni fa!, che è irrappresentabile. La città ha fatto il possibile per esorcizzare l'uccisione del re a Villa Reale da parte di Gaetano Bresci, e non vuole essere disturbata nel processo di 'smemorizzazione'.
La censura economica sul teatro, che come ho detto è anche politica, la osservo per esempio su Turista il barbaro.
Nonostante il dramma abbia una sua storia, che potrebbe a rigore anche prescindere dalla 'questione del turismo', e anche elementi di comicità, il contesto 'turistico' che si riflette nel titolo costituisce un vero tabu economico e schiaccia tutto il resto.
Nessun teatro, nessuno assessorato alla cultura vuole toccare criticamente l'argomento turismo in senso critico, ché riguarda così tanto il PIL nazionale, e l'immagine della città, la sua economia. Sono tollerati articoli, libri specializzati, che poi però coinvolgano solo una ristretta cerchia di persone, non un pubblico.
Nei confronti di un'opera esiste però anche la censura psicologica da parte dello spettatore, aiutata e sostenuta dai meccanismi del potere mediatico-economico.
"Essere moderni significa anche essere turisti", dice Azzurra al padre nel mio dramma.
E tutti noi vogliamo essere turisti e moderni e non vogliamo essere disturbati in questo procedere verso la presunta leggerezza, il 'divertimento'.
E tuttavia, un teatro che è censurato, o che si autocensura, un teatro che non riflette è un teatro destinato a morire, quanto meno per la sua insignificanza. Paradossalmente, annoia. Come annoia praticare certo turismo.
Uguale accade nel cinema, di cui ci scordiamo i titoli dei film appena usciti dalla sala cinematografica.
Ma qual è il problema? Del teatro o del cinema 'impegnato' nessuno sente la mancanza.
In questi tempi un attore come Volonté, (che tutti banalizzano col sintagma 'grande attore'), senza i 'padrini della cultura' dell'apparato, farebbe la fame.
In questi tempi un attore come Volonté, (che tutti banalizzano col sintagma 'grande attore'), senza i 'padrini della cultura' dell'apparato, farebbe la fame.
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