Tra un vaccino e l'altro, rendetevi conto che esiste anche un altro virus, quello del cemento, ossia una specie del genere inquinamento, pericolosissimo, i cui effetti si vedono per esempio quando piove come in questi giorni estivi: temporali tempeste grandine e tutto si allaga e ci sono morti, come in Germania, proprio a causa dell'espansione di questo virus, per cui vaccino non ce n'è, che non fa meno danni e morti del Corona.
In merito copio l'articolo di oggi de Il Manifesto, da cui ho tratto il titolo di questo mio. La logistica sembra essere l'imputata con più prove a carico, come si vede anche nella Piana fra Pistoia Prato e Firenze, dove Aeroporto, Interporto Parchi e Gigli del Cemento, oltre i piccoli e grandi macrolotti e aree industriali, hanno soffocato, sacrificato aree archeologiche, ecologiche, i parchi veri, tutto sacrificato, la vita rovinata per sempre.
E nessuno pagherà per questo.
Il «virus» del cemento, consumati 2 metri quadrati di suolo al secondo
- Luca Martinelli, 15.07.2021
Rapporto Ispra. Anche nel 2020 costruzioni senza freni. «Ogni italiano ha a disposizione circa 360 mq di cemento, erano 160 negli anni ’50»
Nonostante l'emergenza, anche nel 2020 la velocità di copertura artificiale del suolo è rimasta pari a 2 metri quadrati al secondo. Lo certifica l'Ispra, che ieri a Roma ha presentato l'edizione 2021 del rapporto «Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici».
Il rapporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, diretto da Alessandro Bratti, si concentra sull'incremento della cementificazione avvenuto nell'ultimo anno nonostante il blocco delle attività produttive dovuto alla pandemia: «A livello nazionale le colate di cemento non rallentano nonostante i mesi di blocco di gran parte delle attività durante il lockdown, e ricoprono quasi 60 chilometri quadrati, impermeabilizzando ormai il 7,11% del territorio nazionale. Ogni italiano ha a disposizione circa 360 mq di «cemento», erano 160 negli Anni 50».
L'Ispra chiarisce che per consumo di suolo «si intende l’incremento della copertura artificiale del suolo», mentre «con suolo consumato si intende la quantità complessiva di suolo con copertura artificiale esistente nell’anno considerato». Che si guardi al primo o al secondo dato, abbiamo un problema: «Dal 2012 a oggi il suolo non ha potuto garantire la fornitura di 4 milioni e 155mila quintali di prodotti agricoli, l'infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana e lo stoccaggio di quasi 3 milioni di tonnellate di carbonio, l'equivalente di oltre un milione di macchine in più circolanti nello stesso periodo per un totale di più di 90 miliardi di chilometri» riassume un rapporto.
Questi servizi ecosistemici persi, hanno anche un costo. Secondo i calcoli dell'Ispra, se non riusciremo a mettere un freno al consumo di suolo l'Italia dovrà sostenere fino al 2030 un costo complessivo compreso tra gli 81 e i 99 miliardi di euro, «in pratica la metà del Piano nazionale di ripresa e resilienza».
I numeri. Nel 2020, la Lombardia è la regione che ha registrato il più alto consumo di suolo con 750 ettari in più rispetto al 2019, seguita da Veneto (+ 682 ettari), Puglia (+ 493), Piemonte (+ 439) e Lazio (+ 431). La situazione non è migliore nelle aree a rischio idraulico e sismico, che dovrebbero essere risparmiate dalle colate di cemento. Secondo il rapporto Ispra, «il confronto tra i dati 2019 e 2020 mostra che 767 ettari del consumo di suolo annuale si sono concentrati all'interno delle aree a pericolosità idraulica media e 285 in quelle a pericolosità da frana, di cui 20 ettari in aree a pericolosità molto elevata (P4) e 62 a pericolosità elevata. Le percentuali si confermano alte anche nei territori a rischio sismico alto dove il 7% del suolo risulta ormai cementificato».
La cementificazione dei centri urbani e l'occupazione di suolo, come sottolinea l'indagine, influenzano anche l'incremento delle temperature presente nelle nostre città, il fenomeno delle isola di calore: «A livello nazionale superano i 2.300 gli ettari consumati all'interno delle città e nelle aree produttive (il
46% del totale) negli ultimi 12 mesi. Per questo le nostre città sono sempre più calde, con temperature estive, già più alte di 2 gradi, che possono arrivare anche a 6 gradi in più rispetto alle aree limitrofe non urbanizzate».
Un elemento chiave da tenere sotto la lente, secondo l'Ispra, è legato allo sviluppo della logistica:
invece di rigenerare e riqualificare spazi già edificati, sono stati consumati in sette anni 700 ettari di suolo agricolo e il trend è in crescita. In Veneto le maggiori trasformazioni (181 ettari dal 2012 al 2019, di cui il 95% negli ultimi 3 anni) dovute alla logistica, seguito da Lombardia (131 ettari) ed Emilia-Romagna (119).
La legge che manca. Quel che serve, e lo ha sottolineato Stefano Ciafani, è una legge contro il consumo di suolo, «una riforma non rinviabile» ha detto il presidente di Legambiente. Se ne parla almeno dal 2012, quasi dieci anni fa. «Occorre impedire che la ripresa post pandemica inneschi dinamiche speculative ai danni dei suoli liberi, cosa che stiamo già osservando nelle nostre campagne con la proliferazione di capannoni per la logistica e l’e-commerce.
Il suolo è centrale per la transizione ecologica: occorre introdurre una speciale tutela per i suoli intatti, siano essi di foresta, di pascolo o zone umide, perché oggi sappiamo che questi sono i più preziosi giacimenti di carbonio organico e biodiversità del nostro Paese» ha specificato Ciafani.
Purtroppo, «il Disegno di legge sul consumo di suolo si è arenato in Senato per l'ennesima volta. La legge c'è, manca però la volontà politica. Questa tendenza ci impedisce di definire in maniera omogenea una regolamentazione che possa aiutare gli enti locali a contenere il consumo di una risorsa poco rinnovabile e che per tale motivo va preservata» come ha sottolineato Paola Nugnes, senatrice di Liberi e Uguali e relatrice del Ddl.
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Qui potete leggere la proposta di legge al Senato contro il consumo di suolo, che sta ferma, immobile nel fondale; di più, ormai s' è infilata nella melma, come un ghiozzo.
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