Caro Malaparte,
sto allestendo Cimiteri, e si capisce subito di che si tratta.
Qualcuno storcerà la bocca, ma non tu, sono sicura, che invece a te sarebbe piaciuto proprio imbastire uno spettacolo sui cimiteri!
Non è però, come si potrebbe pensare, una commedia triste: parto dalla esperienza di bambina e adolescente con i parenti materni, da quell'usanza antica di "stare" con la morte, di visitare i cimiteri...
Tu ben sai di che ragiono.
Il balio Melziade Baldi ti avrà insegnato questi modi: o nemmeno te li avrà insegnati di proposito, si faceva così per tradizione, punto, e così si doveva continuare a fare, come nella mia famiglia ancora anni dopo, e Baldi mi chiamo anch'io per parte di mamma.
Con te almeno posso parlare di questo argomento senza che veda gente ormai scuotere i' capo o mostrarsi sorpresa o diffidente, con quel filo di sorriso ironico stampato sul viso.
Il gusto della morte, la sua frequentazione che si trova nella tua letteratura, l'hai appreso anche a casa del balio, non solo barbaramente in trincea.
Fino a qualche anno fa era esperienza comune, e non si trattava di gusti necrofili, ma di cultura antica.
Oggi invece ci troviamo fisicamente allontanati dalla morte, solo terrorizzati dai media con epidemie guerre, conteggio di defunti snocciolato ogni giorno sul giornale on-line, sono loro che ce ne parlano, i media, anzi che ce la urlano, ben diversamente da come s'era usi.
La paura ce la dava il morto vero, il morto nella bara, non la notizia.
E mentre siamo indotti al terrore un tanto al giorno e sempre più, ecco che certe frequentazioni di un tempo, diciamo naturali, appaiono assurde e quindi a volte comiche, ché incomprensibili.
Quando poi parlavano con i morti e della morte, giovani o bambini che fossero non si travestivano. I vecchi sceglievano il vestito per l'ultimo viaggio, basta, e serissimo e di buona fattura, e rimanevano loro.
Si colloquiava con i morti e della morte in modo del tutto naturale, cosa che non sappiamo più fare, se non appunto in versione terroristica o commerciale e consumista. In foggia di brutto carnevale.
Tu non l'hai conosciuto beato te, ma ora ci troviamo davanti a una sorta di Carnevale dei Morti, questo Halloween presunto celtico che sconfigge ogni anno di più il Carnevale dei Vivi e quello che ne era il senso, ossia la ribellione. Infatti ci si mascherava contro l'ordine costituito, contro i potenti che erano scherniti, e ogni zona aveva la sua maschera, il suo vizio, la sua caratteristica dissolutezza.
Durava poco, ma era un sovvertimento politico e sociale.
E' ormai Halloween il nostro carnevale, e il vestito che i bambini cercano non è più quello di Arlecchino, che era il diavolo, ma quello della Morte Secca o di qualche insulso personaggio calato dall'altRo, e politicamente inoffensivo.
Nel mio spettacolo compio come un viaggio nel passato e allo stesso tempo ripercorro quello fatto di fresco nei cimiteri piccoli e lontani nascosti o non visti, alla ricerca di persone più o meno famose, o comuni e sconosciute, un mondo dove ritrovo le cocche del mito con cui m'avvolgo.
Un viaggio insolito e pericoloso in Ade all'aria aperta, pieno di vita e vite, ma sconosciuto a tutti ormai, non visto e infrequentato.
Tu, com'è saputo, non stai nel cimitero. A te hanno ficcato e solo, lassù, su una collina scura inginocchiata sul Bisenzio, in quella tomba monumento al vento, tu civetta del privilegio sempre, e triste e malinconica, tu fiera astiosa: che aspetti a sputare?
(P.S. Io Malaparto torna presto alla Baracca).