Avendo avuto in comune un percorso politico, ci conosciamo quel tanto che basta per tornare subito a quella confidenza antica.
Lui ha smesso di fare politica, in tronco. Ha rimesso la delega e ciao a tutti.
Il colloquio è durato una fila di un tardo pomeriggio, assediati dalle zanzare come in un film ambientato a Guadalupe o a Bangkok.
Dall’alto o dal basso della sua esperienza ha dichiarato che ora i politici stanno dove stanno per prendere gli emolumenti. Punto.
Che non c’è più nessun afflato ideale, con cui almeno un tempo si poteva in qualche modo pensare di illudersi di cambiare un po’ le cose e modificare questo disastroso essere umano.
Che per esempio, io potrò aspettare ancora una vita per Gonfienti – (tra l’altro c’è una interrogazione al Comune sul degrado del sito archeologico che sta in attesa da un po’, e tutti zitti e tutti buoni, che non si può entrare nel sito perché è di nuovo infestato, eccetera…), ma non faranno nulla, perché...?
Che anzi, la pensa proprio come me, che sono là perché nulla cambi.
Che mi posso mettere anche l’animo in pace. Almeno per tanto tempo.
Che però, una nota positiva c’è stata, non si possono mandare tutti a fare politica, come vuole qualcuno popolusticamente, che bisogna cominciare a selezionare un po’.
Che saranno tutti ladri, che saranno tutti negativi, perché Leopardi ce l’ha detto chiaramente cos’è l’uomo insieme a Schopenhauer, ma che c’è modo e modo. C’è livello e livello.
Insomma, che bisogna tornare un po’ a scuola di politica, che bisogna avere un minimo di passione e ideologia.
Ah, caro Gramsci, quanto ci manchi.
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