lunedì 30 gennaio 2012

Sei felice di Prato? Macché

Non ho partecipato al workshop organizzato dal Museo del Tessuto di Prato lo scorso sabato dal titolo "Sei felice di Prato?", con tanti partecipanti illustri, un laboratorio (scusate se uso la parola esatta italiana) basato sul formato americano dell' 'ascensore delle idee' con il contributo dei social network eccetera, perché semplicemente non potevo per lavoro. Tuttavia, anche se fossi stata libera, non ci sarei andata.
Sostanzialmente aborro il sistema dell' elevator pitch, sistema ben descritto in un articolo che copio da Wikipedia; insomma roba da economisti della cultura, roba che guasta la creatività vera, nasconde il disagio e che fondamentalmente è solo marketing. Dietro la facciata di modernità,  innovazione e creatività si nasconde a livello politico un intento conservatore, fondamentalmente statico del  sistema che invece ha bisogno di ben altro che di workshop americanizzanti - dove  le idee vengono sfruttate, riciclate, depotenziate - per essere mosso e ri-mosso sul serio.

"L'elevator pitch è un tipo di discorso ed una forma di comunicazione con cui ci si presenta, per motivi professionali, ad un'altra persona o organizzazione. Questo discorso viene spesso convertito in forma scritta.
Elevator significa ascensore. L'Elevator pitch è infatti il discorso che un imprenditore farebbe ad uninvestitore se si trovasse per caso con lui in ascensore. L'imprenditore, quindi, si troverebbe costretto a descrivere sé e la propria attività sinteticamente, chiaramente ed efficacemente per convincere l'investitore ad investire su di lui, ma nei limiti di tempo imposti dalla corsa dell'ascensore (la letteratura specialistica al riguardo fissa tale limite a 5 minuti).
È considerato come un documento da aggiornare costantemente e "sfoderare" ad ogni buona occasione, che sappia "dare valore" ad ogni singola parola."

Pubblico, fra tanti entusiasti dell'iniziativa, un intervento discordante, quello che ricevo G. Risaliti di Prato, che mi manda queste poche righe.

"Io sono stato a questo workshop, e dopo i primi dieci minuti, mi sono cominciato ad annoiare.
Sì, le parole sono belle, gli interventi, però io dopo mezz'ora me ne sono andato.
A me questa idea dell’ascensore, in cui uno ha a disposizione quei tot minuti per comunicare una possibile idea per migliorare la città va bene, ma mi sembra anche una ‘americanata’,  insomma sono rimasto deluso, perché ho capito che quelli sfilavano solo per sé.
 E poi questo uso di twitter, per cui tutto si svolge tramite i social-network. Tutti a cinguettare che erano contenti.
Che panzane.
Mando questo messaggio a Primavera di Prato perché tanto so che nessun altro me lo pubblicherebbe.
Insomma, alla fine è marketing promozionale per il museo del tessuto che l’ha organizzato".


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