Ieri ho parlato con un maestro di musica.
Mi ha raccontato le sue grandi difficoltà economiche.
Diceva che in questo paese è impossibile fare arte, lavorare come artista, e che se non fosse stato per i suoi figli, se ne sarebbe andato.
Che sconsiglia assolutamente ai suoi figli di fare l'artista.
La musica, quella per cui studi tutti i giorni, quella per cui fatichi, non è valutata, nemmeno come lavoro 'serio'.
Mi ha chiesto: - Ma tu, come fai?, perché non te ne vai dove ti possono apprezzare di più? -
Io sono stata tanto tempo all'estero, sono tornata qui dopo dieci anni di vagabondaggio per l'Europa e l'Italia, e so come si vive 'fuori', da artista.
Sì, per certi aspetti la situazione è migliore, quantomeno le regole sono più chiare, c'è più correttezza in generale, più rispetto. Ci sono più possibilità. Ma si vive in un costante sradicamento, estraniamento, ed è durissima.
Ora so che, rispetto agli anni in cui c'ero io - praticamente i miei trent'anni li ho passati fuori - molte cose sono cambiate, e non in meglio.
Al momento, dopo aver costruito un teatro, dopo aver speso i miei soldi in quest'avventura, non riparto. Magari poi si vedrà.
Il maestro è smarrito a casa sua. Vorrebbe guadagnare per quanto vale, e non vedere i raccomandati che vanno avanti, i ruffiani che vanno avanti, i lecchini che vanno avanti, e si fanno i loro posticini.
Vorrebbe la sua dignità.
Ma in questo paese è davvero impossibile.
L'arte è impossibile. Se lo è, la paghi. Ti danno i soldi, ma poi sei un carcerato.
Andate a vedere il film di Giordana sulla strage di Piazza Fontana, Romanzo di una strage (ha 'rubato' il titolo a Pasolini). Gli hanno dato i nostri soldi per farlo, ma si vede che non c'è libertà, che è un 'film di stato'.
La stessa figura del commissario Calabresi - lui solo buon poliziotto fra tutti cattivi -; la stessa figura di Pinelli e di altri, troppo scontata e schematica. A tema.
I produttori americani a volte lasciano più libertà ai cineasti.
In Italia è finito il tempo dell'arte. Il tempo in cui, per esempio, Alfredo Bini, produttore livornese morto da poco tempo, dimenticato, permetteva proprio a Pasolini di essere l'artista che era.
1 commento:
La musica in Italia viene considerata dai politici in primis, e poi da moltissime persone una sorta di passatempo, di piacevole e disimpegnato hobby.
Per carità, è lecito che si faccia musica anche in quest'ottica, anzi è sacrosanto.Il punto è che esiste un modo PROFESSIONALE di fare musica, che è un aspetto quasi ignorato dalla gran parte della popolazione italiana.Si suona ANCHE professionalmente uno strumento, facendosi il proverbiale mazzo per anni e anni di studio e di perfezionamento, aggiornandosi giornalmente e studiando OGNI GIORNO diverse ore ( Domeniche, Festività e Estati incluse ); è evidente che chi lo fa lo fa soprattutto per passione, quindi il precedente elenco non è pensato per lagnarsi. Piuttosto è pensato per provare a far capire quanto merita rispetto e considerazione chi studia e poi fa musica professionalmente. In Germania, in Francia ( per dire due nazioni vicinissime a noi ) un musicista viene guardato con rispetto quasi sacro, non viene osservato come fenomeno da baraccone, e non gli viene rivolta la becera domanda"Si ma di lavoro vero cosa fai?".
Quando questo modo di gestire la musica cambierà sarà uno dei giorni più luminosi della Repubblica.
Posta un commento