Leggo che faranno un’opera
lirica sul Sacco di Prato al Castello dell’Imperatore. Molto bene. Anche se
recitano cantanti non professionisti, organizzare un’opera lirica però può costare molto.
Perché, allora mi hanno detto,
già a gennaio, che la mia opera teatrale, sullo stesso tema, Prato nel Sacco, non si poteva fare
nella Pratestate per mancanza di soldi? In passato abbiamo visto che in estate
i soldi sono stati spesi a piene mani per Malkovich, Battiato, Panariello, De
André figlio e altri artisti molto, ma molto più costosi di noi e non
necessariamente più bravi.
E’ vero, abbiamo presentato il
Laris Pulenas per ben due volte durante l’estate, ma a un prezzo estremamente
contenuto, per un ottimo risultato sia di gradimento che di numero di
spettatori (visto che ci tengono così tanto ai numeri!).
Certo, l’opera lirica con tanti
cantanti fa molto effetto e porta molto più pubblico, oltre a più consenso, e molto
più della prosa, che può causare fastidi politici. Questo lo si capisce bene.
Però, ancora una volta, si patisce l’orfananza di padrini, ingrediente
necessario alla visibilità.
Pare che il mio dramma Prato nel Sacco sarà presentato al
Magnolfi alla fine dell’anno, se e quando il progetto Sipario Aperto sarà approvato.
Credo invece che sarebbe stato
opportuno far convivere sia il dramma che l’opera lirica nella Pratestate senza
causare deficit alle casse comunali, dato che si tratta di una ricorrenza cittadina
importante, i 500 anni dal Sacco, che non arriva tutti gli anni.
Ciò dimostra che l’Assessorato
alla Cultura del Comune non è in grado o non vuole far coesistere armonicamente più
espressioni artistiche, le diverse proposte che partono dagli stessi pratesi,
che tanto dicono di voler valorizzare.
Nessun commento:
Posta un commento