lunedì 29 settembre 2014

Artisti di strada

Quando da ragazza arrivai a Barcellona, si respirava ancora aria di Franchismo.
La città era sporca, la gente nei bar buttava gli avanzi per terra, per pulire chiudevano il bar cinque minuti, spazzavano e poi riaprivano e via così, per tutto il giorno. Era una metropoli ancora poco 'turistica'.
Il mercato centrale, lo attraversavo per andare nella 'residencia' dove dormivo, la sera era un luogo inquietante, set 'naturale' per un thriller.
Puttane, donne e uomini, ovunque di notte attendevano clienti sul marciapiede per portarli su, via, in appartamenti scarsamente illuminati. Qualcosa molto simile a Taxi Driver.
Una Barcellona così, appena due anni dopo, non ci sarebbe stata più. Per andarci, tra l'altro, a Port Bou, sul confine franco-spagnolo, si doveva cambiare treno per la diversa misura dei binari.
Ma ancor più dell'aspetto trasandato e sfatto, esaurito, come una donna che non dorma mai, mi colpirono gli artisti di strada sulle Ramblas. Nasceva la movida.
Dopo tanta oppressione, attraverso quegli artisti si respirava aria di libertà, creatività, fantasia.
C'erano artisti di tutti i tipi, soprattutto musicisti, mimi e giocolieri. Qualche scenetta improvvisata più strutturalmente teatrale. Mi ricordo un gruppo di attori che mimavano una scena tipica di un ufficio dittatoriale, kafkiana.
Gli artisti, nonostante fossero numerosi, non davano particolare fastidio,  perché privi di ogni ausilio tecnico per amplificare la voce, né avevano luci di scena. Di luci, utilizzavano quelle pubbliche, si mettevano sotto i lampioni. Se volevi gustare la loro arte, dovevi avvicinarti.  Alcuni mettevano cartelli improvvisati in cui scrivevano l'ora di inizio dell'esibizione, cos'era eccetera.
C'era molta fantasia. Le scritte, poche in catalano.
Il giorno dopo la scena cambiava, perché c'erano altri artisti.

Per 'actuar', così si dice in spagnolo, per fare l'artista insomma non c'era bisogno di nessun permesso. Tutti si prendevano lo spazio che volevano, e poi non solo sulle Ramblas, ma attorno alla Cattedrale non lontana.

L'arte di strada insomma era un chiaro segno di rivolta, così come deve essere, al sistema oppressivo che per tanti anni aveva asfissiato gli spagnoli. Era un'arte necessaria e bellissima, anche perché, come in Italia Mussolini, Franco l'aveva vietata.
L'arte andò in strada perché non aveva altro luogo, così, naturalmente, appena fu possibile.

L'arte di strada che poi vi ho visto qualche anno dopo - forse già codificata dall''Ayuntamiento'-, sapeva di maniera, stilizzata, non necessaria. Esempi di bravura, ecco, sì, ce n'erano tanti. Ma l'arte è anche altro, non solo 'esecuzione perfetta'.

L'irruzione dell'arte sulla pubblica via è provocazione. E questo non ha mai significato danneggiare, offendere o compiere illeciti; chi pensa questo, alla fine poi fa altro.
Così come, sempre in Spagna ma recentemente, alcuni artisti hanno invaso le banche, realizzando delle performance di protesta in mezzo ai clienti spolpati nei loro risparmi.
O come è successo ad alcune orchestre italiane, che hanno suonato all'aperto per protesta contro i tagli, contro la fame che sono costretti a sperimentare coloro che hanno faticato così tanto per diplomarsi al Conservatorio.

Un'altra cosa è l'arte in strada come festival, evento organizzato. A parte qualche caso particolare, molto meno interessante, perché codificato.

Se codifichiamo l'arte di strada, se le diamo il numerino, magari il centro storico diventa bello e attraente, ci vengono pure i turisti se sappiamo fare le cose bene e forse,  oltre a vedere 'natura morta con bicchiere in mano', di notte vediamo anche qualcos'altro. Certo.
Ma il rischio è questo: che questa forma di espressione diventi inutile, noiosa, ripetitiva; come accade ai mimi bianchi che vediamo un po' in giro nei centri storici. Non li guardiamo nemmeno più.
Che l'arte annulli sé stessa e il suo senso, che è un po' il motivo per cui non ha più senso nemmeno al chiuso.
L'arte in strada ci va perché l'uomo non ha luogo, non ha ascolto, non ha sguardo; perché non ha parola, non ha fiato. L'arte in strada è una scossa. Altrimenti  è poco o niente.

Nessun commento:

Dai Celestini a Levi

  Ieri,  in occasione dello spettacolo dei venti anni dei Celestini, in cui ho riproposto La Mostra Parlante "Ti mando ai celestini...