domenica 14 settembre 2014

La funzione dell'assessore alla cultura

Quando ho presentato Gaetanina Bresci a Monza, l'assessore del posto è rimasto sorpreso.
Pensava che io facessi tornare in vita il nostro concittadino Bresci, e allora ha detto di no.
Invece in Olanda, paese retto da un re, evidentemente non si temono i morti e nemmeno i regicidi, e non c'è stato nessun ostacolo alla recita.

L'assessore monzese difendeva la città dal possibile ricordo del regicidio che, pur lontano, è tabù cittadino. E italiano. Temeva insomma la polemica, lo scandalo. Temeva per la sua carriera politica.

Chi ha visto Gaetanina Bresci sa perfettamente che l'assessore si sbagliava di grosso. Ma come spiegarglielo?

Certo è che l'assessore alla cultura svolgeva in quel caso il baluardo contro le idee 'sbagliate' o contrarie.
Eppure l'assessore era di sinistra.

Ma questo è evidente, non vale più, che ormai sinistra e destra, partiticamente parlando, hanno stretto patti e condizioni, come un contratto di gestione del potere.

Lontano è il tempo degli assessori alla cultura come il compianto Nicolini, romano inventore dell'estate appunto romana. 
L'assessore valorizzava davvero gli artisti, nel bene e nel male, e ci fu allora molta vivacità.
Ora la vivacità romana non si sa cosa sia, e meno male che prossimamente arriva Grillo al Circo Massimo a vivacizzarne il movimento 'culturale' o similare, il dibattito, via!  altrimenti sarebbe davvero una città morta!

Questi assessori alla cultura sono nominati soltanto per:

1. difendere i grandi enti culturali in quanto luogo di occupazione di potere, anche se fanno finta di non farlo, di valorizzare e andare anche nei luoghi che non sono in, ma off. (Ma devono essere off benedetti, non off maledetti, sia chiaro, dove non rischiano contestazione, per esempio).
2. ostacolare l'originalità, le novità, la cultura alternativa vera, non certo quella benedetta dal partito. 
3. Portare avanti i propri beniamini, amici di partito per stare sicuri sia rispetto al partito sia rispetto alla propria carriera politica. 
4. Allevare solidali, fideles. E quindi creare un gruppo di simpatizzanti, che subito scrivano o agiscano o altro nel caso di attacco. Che deridano chi la pensa diversamente, chi vive culturalmente in modo diverso, eccetera. Creare possibilmente confusione al basso per poi in alto fare quello che si vuole impunemente e proprio con l'aiuto dei beniamini. Nei casi peggiori, allevare ruffiani personali, piccoli falsi 'adoratori', fans. Molti assessori (e certo non solo quelli alla cultura!) hanno allevato ruffiani. Oggi è facilissimo, più facile di sempre, data la penuria di lavoro e di 'pari opportunità', e con l'aiuto di facebook l'affare è a portata di clic. E poi è necessario, dato che ci sono i blogger che possono essere 'oppositori'; anche se pochi, devono essere 'svalutati' nella comunità internautica.
5. Percorrere temi sicuri per le proprie manifestazioni e fare marketing più possibile, e quindi creare 'grandi eventi' di cui parlino i media. O eventi alla moda. Anche perché oggi all'assessore alla cultura si chiede di stimolare l'economia, il turismo, di essere portatore di masse e quindi di numeri. Tutti oggi devono fare 'numeri', non certo cultura o migliorare la qualità della vita.  La visione culturale è ormai soltanto economicista. Come si vede anche nella scelta del CdA dei teatri, di tutti i teatri, non solo del Metastasio, o dei musei o di altri enti culturali. Di esempi in questo senso ne è piena l'Italia. 

Anna Beltrame, precedente assessore alla cultura del Comune di Prato, era stata nominata assessore alla cultura, ma la sua funzione era di  propaganda e comunicazione; anche se lei non era filo partito,  il potere si fidava di lei. Poi le cose andarono un po' diversamente e la signora, molto decisionista e 'forte', si prese delle libertà o aveva modi che non erano graditi a Cenni o ad altri, non so. Leggenda dice che lui non la sopportasse più e che ne evitasse la presenza.

Quando invece comanda il partito, questo rischio, delle sorprese, viene parecchio evitato, perché come assessore alla cultura viene nominato un alfiere fidato, che crea un piccolo fortino. Poi che c'entra, può accadere di tutto anche in questo caso (vedi nel caso di un partito diviso come è appunto il PD), ma troppo spesso quando ormai è troppo tardi. Come appunto fu il caso di Anna.

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