mercoledì 24 agosto 2016

Impariamo dai terremoti

"Cara Maila,
alla tua condivisibile avversione nei confronti dell’ipocrisia generalista dell’informazione e della politica di maniera, dopo avere  studiato  tra le macerie e osservato, con  cognizione di causa, gli affanni della ricostruzione, aggiungo una mia personale riflessione sui terremoti italiani. Specie dopo L’Aquila 2009, è stato detto impariamo dai terremoti , in particolare su quanto si deve fare per limitare i danni dell’ineluttabile. Tre fondamentali comportamenti che in ambito pubblico si possono così riassumere: costante prevenzione, vigile attenzione verso il patrimonio edilizio esistente e sul consumo selvaggio dei suoli , infine, ma non ultimo, rispetto assoluto delle regole costruttive anche nel miglioramento strutturale in  territori come i nostri, ad alto rischio “classificato”, nella consapevolezza che nessuno di queste aree può ritenersi esente dalla minaccia. Aggiungerei tra le criticità anche il diffuso dissesto idrogeologico, la cura degli alvei fluviali e, dopo l’abbandono rurale,  l’incipiente franosità dei versanti  collinari. Oggi, dopo quanto è di nuovo accaduto nel Centro Italia, tra Lazio, Marche, Umbria ed Abruzzo, cos’altro  possiamo aggiungere se non constatare le tante, troppe analogie in queste “oramai ordinarie” ricorrenze prodotte dalla terra che trema, distrugge ed uccide. La storia, più che la stessa scienza moderna, ce lo insegna da millenni. Ecco perché, pur nel dramma del momento, mi associo incondizionatamente alla tua riflessione nel domandarci, tutti insieme e senza il timore di stonature: quando smetteremo di “predicare bene e razzolare male”?
Nella speranza che il tempo del silenzio, del soccorso e della solidarietà non debba perdersi di nuovo nel dimenticatoio quotidiano di un’assordante mancanza di provvedimenti"
Prof. Giuseppe A. Centauro

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