Ora diciamolo a chiare lettere: chi la cultura la fa e la produce veramente, non ha bisogno delle Capitali della Cultura.
Servono ai sistemi di partito e alle relative occupazioni. La cultura, chi la fa la produce, non vede che misere briciole e insensatezza da tutte queste celebrazioni e spostamenti di danaro verso enti ed entità che perdurano nel loro moto costante e scollegato con il territorio.
La cultura deve essere ripensata nel suo senso primo, di 'colvitazione' dell'uomo, dei suoi saperi, delle sue abilità, della sua inventiva, della sua emotività, del suo processo critico nei confronti della società in cui vive e lavora.
Bisogna che la politica smetta di 'coltivare' solo gruppi di potere in un sistema autorefenziale e d'occupazione, che porta a un totale isterilimento del processo antropologico.
E' necessario che questi signori che parlano e sproloquiano si interroghino dei danni che stanno compiendo e che hanno compiuto in questi anni, distruggendo le culture locali e popolari, le periferiche tutte in primis; e poi anche tutte le potenziali spinte giovanili o di contrasto o di opposizione.
Basta con questi personaggi che parlano e pontificano 'sulla cultura' non sapendo cosa dicono, che pensano solo alle loro miserie carrierine politiche.
Lo stesso concetto di 'capitale della cultura' è funzionale al sistema che deve autocelebrarsi e mettersi in vetrina su facebook o altrove. C'è ben poco da mostrare, ed è tutto uguale e misero. Convenzionale. Peccato che i giovani si lascino infinocchiare da una manciatina di euro e dalle finte 'officine giovani', ormai vecchie e decrepite.
Andrebbe occupato tutto e mandato a casa un bel po' di gente.
Purtroppo non ci sono più i giovani di una volta, ormai sono tutti o quasi addomesticati e immesiriti nella ricerca del lavoro che non c'è.
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