mercoledì 31 maggio 2017

Anche la morte ci è sottratta

Oggi 'portano via' Fiorenzo Gei. Il suo funerale sarà celebrato in Duomo a Prato, perché si aspetta gran folla a tributargli l'ultimo saluto.
La sua morte improvvisa mi ha indotto a una riflessione.

Fino a non molti anni fa alcuni di noi sapevano, presentivano la loro morte, che si annunciava al moribondo, e avevano modo di lasciare le proprie disposizioni, regalare le ultime spesso sagge parole ai vivi. La letteratura è piena di questi saluti, e anch'io ne vissuto uno simile con mio nonno che, fra le altre cose, si raccomandava che andassi a visitare la sua tomba di quando in quando.

Esisteva insomma la 'morte naturale'.

Ora la morte avviene soprattutto in due modi: o è improvvisa e violenta, cosa che si temeva e si cercava di scongiurare (A subitanea et improvisa morte libera nos, Domine), causata da incidenti stradali, assassinii, aggressioni e faide fra bande (altrove anche da micidiali strumenti di guerra), oppure è continuamente differita tramite ospedali, tubi e medicine, portando l'essere umano in una condizione inferiore, non cosciente e umiliante, dove medici e infermieri godono un potere illimitato, senza alcun vero contatto o conforto per il cosiddetto paziente, che se pure è in senno, è tenuto all'oscuro su come e quando morirà.

Non c'è più tempo o modo per gli addii, le disposizioni, gli ultimi dialoghi, e i testamenti umani lasciano spazio a una fredda procedura.

Anche la morte ormai ci è sottratta.

martedì 30 maggio 2017

Dietro le quinte del teatro finto e guasto

In fondo all'articolo pubblico stralci di una lettera di un collega, che dirige un teatro. Lascio la lettera anonima e senza riferimenti espliciti per evitare che venga 'massacrato'.
Avrei voluto invitarlo alla Baracca per la prossima stagione, ma non ho soldi per pagarlo, anche se non chiede un cachet eccessivo. Preferisco non invitare nessuno, piuttosto che umiliare colleghi, musicisti o altri artisti con il 'pagherò' un'inezia e chissà quando. 
La gente, quella poca che va ancora a teatro, molte cose non le sa. Non sa che anche quest'anno andrà probabilmente a vedere un teatro finto e guasto.

Per esempio non conosce il sistema dello 'scambio' teatrale: per ricevere finanziamenti pubblici, al ministero bisogna presentare tot borderò per dimostrare che si tratta di una compagnia richiesta, che 'gira', che è di qualità (al solito, la quantità per la qualità!); anche per i grandi teatri funziona così. Viene da sé quindi che a certi direttori artistici non interessa nulla quello e come lo fai, interessa il borderò, se la tua struttura, se ce l'hai, li può accogliere per dare un po' di soldi e il borderò. Quindi io vengo nel tuo teatro, tu vieni nel mio. Scambio di favori, soldi e borderò. Ma in nessun posto troverete scritto questo, perché in teatro l'omertà è assoluta e chi sgarra, ha finito di 'girare'.
E' anche per questo che il teatro è imbarbarito, noioso, veramente finto, e molti direttori artistici assumono aspetto grifagno e allo stesso tempo 'allarmato', come una porta di un sistema di sicurezza; e sono sempre più dei 'funzionari' che devono appunto svolgere queste funzioni: 1. far quadrare i bilanci; 2. dare lustro al teatro; 3 fare in modo che nulla cambi, se non per aumentare il numero di abbonamenti.
Ora, se proprio non c'è il borderò, ci deve essere altro. Ma sempre un do ut des fra me e te!
Per esempio, ci può essere una compagnia giovane e allora fa comodo ospitare questa compagnia o artista nel proprio teatro, perché fa punteggio o serve comunque per prendere soldi, per progetti che riguardano i giovani. La compagnia giovane viene totalmente devitalizzata e asservita.  Si compie in pratica un ricatto. Una volta che i giovani sono diventati adulti (e devitalizzati e addomesticati non piacciono nemmeno più...), si prendono altri giovani per ricevere altri soldi per altri progetti.
In questo modo l'osmosi non esiste, non esiste teatro nuovo, non esiste possibilità di accrescere la propria professionalità se non per una nicchia ristretta di amici, compagnie, teatri.
A girare nei teatri infatti sono sempre gli stessi.
Che questo sistema cambi non interessa a nessuno, tantomeno al Ministro Franceschini o altro che sia. Togliere il 'sistema borderò', che non attesta la qualità della compagnia, ma solo una 'finta' quantità, sarebbe un primo passo importante per compiere una sana rivoluzione, ma... cadrebbe tutto il castelletto, e cadrebbero anche tante teste. Senza ghigliottina. Tante teste prone al consenso e al sistema, che fanno tanto comodino...

Ma ecco un parte della lettera che annunciavo:


"Buongiorno!
                      ...Naturalmente capisco tutto e so quanto costa cercare di restare indipendenti. Noi riceviamo dalla Regione...un terzo di quello che è il costo complessivo della Stagione teatrale (sui... euro) e della Stagione musicale (sui ...euro) e dobbiamo quindi fare in modo di fare abbonamenti e sbigliettamento per circa ... euro per andare a pari. Cosa impossibile perché il teatro contiene solo duecento (e tot) posti e quindi, con prezzi molto popolari, è necessario integrare  con una piccola parte di ogni mio cachet, anche se facciamo quasi sempre sold out nel nostro teatro... Io però sono piuttosto osteggiato perché scelgo autonomamente gli spettacoli, senza accettare le imbeccate dalla Regione..., che vogliono piazzare tutti i loro amici, e mica solo (locali), e quindi sono a rischio tutti gli anni. Siccome però loro si prendono i nostri borderò molto appetibili quanto a rapporto capienza/spettatori, finora hanno tollerato questa mia indipendenza, anche se me la rinfacciano sempre. Naturalmente quello che mi è successo recentemente li ha molto infastiditi, perché ha dato molto visibilità al mio teatro e io mi sono guardato bene di nominare mai l' (Ente).. che da noi è una superpotenza. E io recito spesso e dovunque ma quasi mai in ...perché tutti i teatri sono in mano loro e quindi, siccome non si fa mai un discorso di qualità, ma di convenienze reciproche, io vengo quasi sempre ignorato. E chi se ne frega... E se solo ce la facessi andrei in pensione....".

sabato 27 maggio 2017

Ma tutte queste morti non muovono a nulla?

Tanti pedoni uccisi in città negli ultimi mesi. Anche una ragazza che se ne stava sul marciapiede, non solo il pachistano che viaggiava di notte sulla Declassata senza luci. Poi anche l'amico Fiorenzo. 
Insomma, a Prato un macabro stillicidio di morti sulla strada.

E tutti questi morti, non muovono a nulla? Non servono, invece di sfilate e incontri e raduni di politici per le prossime, lontane ancora, molto lontane elezioni, una riflessione collettiva su quello che siamo diventati incivili? I politici, il Sindaco non dovrebbero anche stimolare, invitare a questo?

A molti di noi importano poco i giochi di potere, i riassunti dei cento duecento mille duemila giorni di governo (che via, lo sapete anche voi, politici, non sono un granché), se vi ricandiderete o meno (come sta scritto oggi su un giornale); importa quello che è diventata questa città, come vi si vive; e soprattutto siamo preoccupati di come facilmente, così, uscendo per strada, semplicemente camminando, si possa morire.

Fiorenzo Gei, nel pantheon dei grandi pratesi

LA NAZIONE, Prato, in data di oggi


Fiorenzo Gei, nel pantheon dei grandi pratesi
Come tu esordivi anch’io faccio.
Salve Fiorenzo, amico carissimo salve, ora che l’ineluttabile si è compiuto, ora che la tua tempra leonina ha ceduto ad un colpo vigliacco sferrato all’improvviso come il dardo che uccise Achille.
Prato ha perso con te un grande protagonista della parte migliore della nostra cultura toscanissima, schietta, genuina e sapiente. Tu sei stato un uomo forte nel fisico e fortissimo nell’animo, generoso, vulcanico, un vero trascinatore. Professore di scienze e maestro di vita. Per i tuoi molteplici interessi, un grande comunicatore e un didatta sopraffino che ha insegnato ai giovani senza mai dimenticare i vecchi. Capace di coltivare il sapere delle generazioni che furono per guardare al futuro.
Tua, solo tua, resterà quella straordinaria forza e capacità di coniugare la bellezza della natura, della montagna e delle fatiche dell’umile lavoro dal sapore antico del mondo contadino, con l’arte e con la musica, con la lirica in particolare, quasi fosse il canto del poeta a guidare ogni tuo gesto e a sostenere le nostre incerte azioni da apprendisti in ascolto.
Non c’era cosa, fatto o avvenimento storico che tu non conoscessi, da raccontare nei simposi con la semplicità e la genuina ironia di chi cita il mito per poi smitizzarlo pur con l’affetto e la sensibilità dell’uomo consapevole e misurato.
Tu, presidente del CAI  di Prato, membro del Comitato Scientifico Nazionale  che sarai oggi stesso onorato, al correre della notizia della tua morte, al Congresso Nazionale di Napoli; tu che sei stato un paladino straordinario della natura, della geologia, della speleologia  e delle ricchezze storiche ed archeologiche del territorio bisentino e della Calvana, tua grande e irrinunciabile passione; Direttore del Centro di Scienze Naturali di Galceti; socio fondatore dell’Associazione Camars mossa insieme a te  alla riscoperta delle origini etrusche del territorio pratese, così simile alla tua natia Chiusi; ed ancora tu, Presidente di Prato Lirica, grande organizzatore di eventi, commemorazioni e tanto altro ancora, sei stato una stella splendente per la capacità di metterti in ogni occasione al servizio di tutto questo senza protagonismi, lustrini e vana gloria, sempre alle soglie del tempio senza mai volerci entrare.
Per chi ti ha visto all’opera, poderoso e fiero, per dirla come Sem Benelli, parevi “un eroe omerico”, perché tu sei stato per Prato quello che Ettore è stato per Troia in difesa della storia, della natura e dell’ambiente.
Le tue frasi resteranno poi per sempre scolpite nella memoria collettiva, come antiche massime che si leggono al focolare agli amici convenuti: “Niente sta scritto al di fuori dalla nostra ferma convinzione di poter cambiare le cose”. Uno speciale testamento spirituale da leggere però con l’avvertenza di non farne un epitaffio funebre per non sortire – come tu hai ben ricordato– “lo stesso effetto delle lapidi cimiteriali del de cuius benestante, opposto al povero senza croce, dove il morto era sempre descritto come portatore sano delle migliori qualità. (Prof. Giuseppe Centauro).

venerdì 26 maggio 2017

Ciao, Fiorenzo Gei

Ciao, Fiorenzo Gei: eri un grande uomo di cultura, e una vera forza della Natura. La tua morte è una perdita enorme per la città di Prato, e per tutti noi.

Una gabbia chiamata città

Copio un brano tratto da Architettura organica di Frank Lloyd Wright, che avevo inserito nel secondo Spettacolo della città di Prato (2015-2016), e che mi è tornato in mente in questi giorni difficili per pedoni e ciclisti.
Coloro che si vorranno occupare seriamente della gestione politica futura non potranno non pensare a un mutamento nel rapporto fra il cittadino e la sua città, dove ci sono troppe macchine, ostacoli, edifici, e troppo poco spazio per la vita. 

“Io personalmente ritengo che, sia le scuole, sia le città, hanno fatto il loro tempo. La grande città,venuta su a caso, poteva esistere una volta: oggi non più, è impossibile scientificamente. La vettura e il cavallo…il nemico fuori delle porte? Beh, chiudete le porte e il nemico non potrà entrare; quando si viveva una vita primitiva, e nulla c’era ancora della nostra civiltà meccanica, la città ipersviluppata aveva un valore perché era necessaria; ma oggi che valore può avere? Se fossimo meno addomesticati, se non fossimo pecore, se non ci fossimo abituati a lasciarci imporre di amarla, non potremmo più sopportarla. Ci vuol tutta l’energia di cui l’uomo è capace, per vivere ora in una qualsiasi delle città moderne. Non so chi ha detto che per aver voglia d'attraversare una strada di New York bisogna che uno sia nato sull'altro marciapiede. L'entrare in questo caos di case e l'uscirne sottraggono troppe energie e troppo tempo alla vita di un uomo. (…) Dovremmo già esserci accorti che la porta di questa gabbia – di questa “cosa” che chiamiamo la grande città – è finalmente aperta; la porta è aperta e possiamo fuggire. Noi possiamo andarcene dalla gabbia, ed essa può ben scomparire per sempre. Dovremmo comprendere che così come siamo ammassati nelle grandi città siamo vulnerabilissimi: possiamo essere distrutti in massa. Il nemico esiste tuttora; i popoli si odiano ancora, le forze della guerra esistono più che mai. (…) Nel villaggio ipersviluppato che viene chiamato metropoli, noi dobbiamo stare “attenti”, evitare la macchina, prendere letteralmente in mano la nostra vita per riuscire ad andare da un posto a un altro. Dobbiamo consumare tutta la nostra energia nervosa e metà del nostro tempo per andare e tornare – e il tornare è problematico – per mantenere vivo questo assurdo ammassamento urbano che assomiglia a un porcaio dove ci si urta e ci si gratta reciprocamente e la cui ragione d’essere è venuta meno coll’apparire di tutte le invenzioni scientifiche che ora ci minacciano da sopra e da ogni parte.

(Da Architettura organica di Frank Lloyd Wright, in L'architettura della democrazia, Milano, 1945).

giovedì 25 maggio 2017

In attesa della Ciclopolitana, intanto...

Il Comune ha presentato il progetto per la Ciclopolitana, il giorno dopo che un caro amico, Fiorenzo Gei, presidente del CAI di Prato, è stato investito da una macchina mentre attraversava la strada. E dopo che tanti, troppi vengono quotidianamente investiti, a piedi e in bici, in questa città!

In un articolo che la illustra (vedi sotto), l'assessore Alessi snocciola i motivi per cui dobbiamo muoverci in bici: che nei percorsi brevi, si risparmia tempo, si arriva prima; si fa moto eccetera. Scopre l'acqua calda, ma insomma, va bene così...

E comunque, queste 'tiepide' affermazioni, questi incitamenti all'uso del velocipede non bastano per convincere chi vive una vita complicata, stressata; per chi deve sbrigare vari e molteplici incombenze al giorno; per chi deve correre correre correre! Per chi ama correre e andare all'impazzata con la macchinuccia.
E poi mentre aspettiamo l'avvento del futuro meraviglioso, intanto si può rischiare di essere travolti, a piedi e in bici, da uno dei tanti pazzi che girano automuniti (ma anche no; magari veniamo travolti anche perché noi possiamo essere un po' distratti, perché no?); da chi mentre guida, manda messaggini o guarda Facebook sul suo caz...di Smarphone eccetera.

La città di Prato è, nel suo traffico, disordinatissima e incivile quanto poche.

Ci vogliono campagne massicce e interventi immediati per:

1. invitare tutti gli automobilisti a rispettare il codice della strada, e in generale a limitare la velocità e rispettare pedoni e ciclisti. Si devono fermare davanti alle strisce pedonali se passa qualcuno;
2. invitare tutti gli automobilisti a non usare il telefonino alla guida;
3. invitare i genitori ad accompagnare i propri bambini a scuola a piedi o, se sicuro, in bici.
4. invitare pedoni e ciclisti a essere più attenti e a usare le poche piste ciclabili e i marciapiedi che ci sono.
5. Dotare le proprie bici di efficaci - per quanto possibile - sistemi di difesa dagli innumerevoli ladri che girano, e non solo a Prato o in Italia (in Olanda, tantissimi, ma non per questo la gente non usa la bici, anzi!...).

Ci vuole una campagna massiccia e martellante, e, per quanto possibile, anche interventi concreti immediati, non basta l'intervistina e il progettone.

E intanto: voi, assessori e consiglieri, fautori della belle sorti e progressive della città futura, andate in bici in città?


martedì 23 maggio 2017

I Comuni torneranno a essere come negli anni '20...

Ieri a telefono con un impiegato di un comune italiano, si parla in maniera informale, quasi divertita. Lui, è un lui, fa alcune confessioni.

La prima riguarda il teatro comunale.

-Eh, dice, il comune s'è svenato per dare i soldi a questo ente teatrale mangiasoldi; poi alla fine ha dovuto fare un bando. Un bando per modo di dire: hanno partecipato solo due enti teatrali, di cui uno era quello che aveva sempre gestito il teatro; due enti giganti, ché altro non sarebbe stato possibile. Ma si sapeva già chi avrebbe vinto, più o meno. Se si fosse presentato un altro, magari un terzo più piccolo, pur valido, non avrebbe potuto vincere. Perché? Perché questi enti teatrali hanno i soldi dello Stato, e quindi quando fanno offerte possono andare al ribasso, possono presentare budget interessanti, tanto mica danno del loro. E quindi, alla fine, vincono correttamente, vincono perché possono vincere. Non c'è bisogno di alcuna corruzione perché vinca il teatro tal dei tali...

Poi parla del Comune.

Il Comune? Ma il Comune che cos'è, ormai? I soldi non ci sono più, nei Comuni. Presto i Comuni torneranno a essere quello che erano negli anni '20 del Novecento, una emanazione e controllo dello Stato sul territorio, senza o pochissima capacità autonoma; anagrafe, polizia municipale, poco più. Servizi sociali, cultura non ne parliamo...tutto ridotto al lumicino. Tutto o quasi sarà privatizzato, e in gran parte lo è già. I soldi della cultura vengono dati agli enti costituiti e controllati pubblicamente, e soprattutto per dare gli stipendi agli impiegati eccetera. La cultura nel territorio la fanno, come la fanno, le associazioni, cose così, alla buona...

Io gli ricordo che nel suo Comune a giugno ci saranno le elezioni.

-Mi vien da ridere. Le elezioni comunali, che dovrebbero essere dedicate agli interessi della popolazione locale, funzionano soprattutto per le carriere dei singolo. Qualcuno ci spera perché magari non ha lavoro. Come dice lei, sempre più gente tenta la carriera politica, diciamo, perché non c'è lavoro, non c'è futuro...Non c'è idealità. Perché se anche poi qualcuno è valido, non può fare niente, non ci sono gli strumenti per fare niente, e poi lo costringono a stare nei ranghi. Alla fine, bene che vada, può rimettere un po' in sesto le casse comunali... Punto.

lunedì 22 maggio 2017

Abbazia di San Gusto al Pinone: un visibile spanciamento...

Queste foto sono state scattate ieri e dimostrano come la pieve di San Giusto al Pinone, nel Comune di  Carmignano, versa in condizioni di assoluto abbandono. Ricordo che nel marzo scorso è caduto il tetto della volta.
Guardando la chiesa frontalmente si osserva chiaramente lo spanciamento della parete sinistra. Sui tetti della tripla abside, che qui non si vedono, sono nati e cresciuti da tempo alberelli.
E anche il campanile non versa in ottime condizioni. 
Le didascalie che illustrano la chiesa sono completamente illeggibili.


domenica 21 maggio 2017

Internet, strumento di guerra

Traduco un pezzo di un articolo del New York Times dal titolo "Internet is broken: @ev William is trayng to salvage it" (Internet è rotto: Ev William sta cercando di ripararlo, letteralmente 'salvarlo'), di cui hanno dato notizia i giornali italiani.
Vale la pena di leggere poi l'indagine delle molestie in rete del Pew Reserch Center, menzionata nell'articolo,  dove risulta che Internet è usato comunemente per offendere e perseguitare le persone con vario modo e finalità.  Insomma, Internet è uno strumento di guerra.


"SAN FRANCISCO - Evan Williams è il ragazzo che ha aperto la scatola di Pandora.  Fino alla sua comparsa, le persone avevano pochi posti dove andare con le loro emozioni traboccanti e selvagge opinioni, tranne scrivere una lettera al giornale o  arringare i vicini.  Il sig. Williams -  fondatore di Twitter, co-creatore di Blogger – ha messo a disposizione questa libertà, fornendo a tutti strumenti per comunicare con il mondo. Nella storia della tecnologia delle comunicazioni, è stato una scoperta (letteralmente 'sviluppo'), che ha avuto implicazioni simili a quella di Gutenberg. 

E così siamo qui nel 2017. Come va, signor Williams? 

"Penso che lnternet sia rotto", dice. In realtà crede questo già da alcuni anni. Ma le cose stanno peggiorando. "Ed è molto più evidente a tante persone che è rotto".  Le persone usano Facebook per mostrare suicidi, colpire e assassinare, in tempo reale. Twitter è un alveare di troll e abusi che sembra impossibile arrestare. Le notizie false, create o per ideologia o profitto, sono sconvolgenti. Quattro su 10 utenti di internet adulti , secondo una indagine del Pew Reserch Center sono stati molestati online. E  questo  prima che la campagna presidenziale si riscaldasse l'anno scorso.  Una volta  pensavo che se tutti avessero potuto parlare liberamente e scambiare informazioni e idee, il mondo sarebbe diventato automaticamente un posto migliore", dice Williams. " Mi sono sbagliato…


SAN FRANCISCO — Evan Williams is the guy who opened up Pandora’s box. Until he came along, people had few places to go with their overflowing emotions and wild opinions, other than writing a letter to the newspaper or haranguing the neighbors.
Mr. Williams — a Twitter founder, a co-creator of Blogger — set everyone free, providing tools to address the world. In the history of communications technology, it was a development with echoes of Gutenberg.
And so here we are in 2017. How’s it going, Mr. Williams?
“I think the internet is broken,” he says. He has believed this for a few years, actually. But things are getting worse. “And it’s a lot more obvious to a lot of people that it’s broken.”
People are using Facebook to showcase suicides, beatings and murder, in real time. Twitter is a hive of trolling and abuse that it seems unable to stop. Fake news, whether created for ideology or profit, runs rampant. Four out of 10 adult internet users said in a Pew survey that they had been harassed online. And that was before the presidential campaign heated up last year…
“I thought once everybody could speak freely and exchange information and ideas, the world is automatically going to be a better place,” Mr. Williams says. “I was wrong about that...”

sabato 20 maggio 2017

L'onesto va eliminato



Monicelli: L'onestà è un tabù...

Giornalista: Perché?

Monicelli: Perché viene irrisa...viene ritenuta come una cosa vecchia, sorpassata...i tempi in cui si era limitati, si era dei bambini...l'uomo adulto che ha capito la vita, è un lestofante, deve sapere come si fa il lestofante, deve essere corrotto, corruttore...così si svolge la vita oggi...e tutti...il corruttore, che riesce a imbrogliare bene, diventa uno da imitare, uno da ricordare e da tramandare; quello che è contrario è un poveretto che va ignorato, che va eliminato.

venerdì 19 maggio 2017

Marilena Garnier per Prato




Ricevo e copio l'invito: "Marilena Garnier Consigliera indipendente INVITA TUTTI I CITTADINI a partecipare a un incontro dove illustrerà le finalità di una nuova associazione che nasce per dare voce e forma alle buone idee per far rinascere Prato".

Mancano ancora due anni e già a Prato ci si prepara per le prossime elezioni. D'altronde la chiamata da parte di certa Sinistra del rapper Bello Figo non si inserisce in questa prospettiva elettorale?
Marilena Garnier è una delle possibili donne candidate a sindaco del prossimo scontro, ma credo che ne vedremo altre.

L'immagine che si propone, almeno per ora, per l'associazione è un'immagine 'classica' della Cattedrale, simbolo religioso della città, riprodotta in bianco e nero sembra un disegno a china, che dà un senso d'antico o di serietà, e che può alludere al rispetto nei confronti delle tradizioni locali eccetera. Nell'immagine che una associazione sceglie c'è sempre anche un po' il suo programma e l'idea che si prefigge. Vedremo.

L'adesione entusiastica al progetto della Garnier da parte di molti (in particolare dei comitati) dà la cifra dell'insoddisfazione che diversi cittadini pratesi nutrono nei confronti dell'amministrazione attuale, della giunta capeggiata da Biffoni.

giovedì 18 maggio 2017

L'evoluzione de "Il pedone" di Bradbury

Una possibile evoluzione de "Il pedone" di Bradbury: sarà proibito essere pedone per 'liberare' gli automobilisti. Infatti questi, usando smartphone e interagendo con vari schermi andando in macchina, stanno causando una vera e proprio strage mondiale di tutti coloro che si arrischiano a piedi per le strade, incluso sui marciapiedi. Subito dopo l'obbligo a non esistere sarà esteso ai ciclisti che, ma solo in alcune situazioni o paesi, potranno percorrere certe strade a loro dedicate. 

mercoledì 17 maggio 2017

Bello Figo è 'controrivoluzionario'

Che sconforto, almeno per me, che un luogo che si definisce Caffè Letterario di Sinistra, il Bacchino di Prato, inviti prossimamente a cantare - cantare? - il rapper Bello Figo.
Che, sempre per me, può cantare quanto, come e dove vuole, anche se de-testo i suoi testi (che asfissia, le solite parole scandalose e offensive, il conformismo sguaiato, il solito 'fraseggio' misogino, insomma la squallida versione dell'estetica del brutto per attirare gli allocchi del finto diverso e presunto ironico-sarcastico rivoluzionario); non mi piace la sua musica (ma non è musica), né il suo 'personaggio'. Astuto. Rapper simil-teppista come va di moda oggi. Bravo nel marketing. Ha imparato bene la lezione; anzi, in quel settore dà lezione.
Così anche gli africani sono pronti per il consumismo. E che, dovrebbero occuparsi di animismo e cultura locale?
Quello che vuole essere una ganzata antirazzista,  è un puro atto di strategia politica e commerciale, che poi porterà con sé, come vuole portare, tutto uno strascico di inutili polemiche e divisioni politiche, ed è già successo altrove.

D'altronde anche il giorno dell'annuncio sembra essere stato scelto per creare polemiche e visibilità, perché è stato dato in contemporanea al programma della Pratoestate.

In fondo già questo decreta il tramonto della storica cultura a Sinistra o preannuncia quale sarà il prossimo scenario culturale, se chi compie queste scelte andrà a 'comandare'. 

Ma sì, saranno i prossimi "comandantes", non stanno più nella pelle, e si circonderanno di personaggi di richiamo mediatico simil-circense, personaggi scioc (e sciocchi),  ma molto distanti, anni luce, dal Che Guevara che idolatrano iconicamente. Ma che dico, lontani dal Fidel Castro che hanno osannato andando in pellegrinaggio nel santuario laico cubano; Castro avrebbe preso Figo a calci nel didietro. Altroché.

Che Guevara e compagnia ormai, nonostante le bandiere, non sono più nemmeno poster, visto che si pensa di fare cultura di Sinistra con espressioni di brutto, artisticamente parlando, consumismo; anzi con una espressione artistica 'controrivoluzionaria' allo stato puro che, piena di stereotipi e preconcetti, non aiuta la battaglia contro il razzismo.

Ma serve a fare folla e mercato. Anche politico. Perché invitare un artista serio, preparato, controverso pure ma non 'media-maledetto', non porta folla. 

Jean Baudrillard scrive qualcosa sul 'mito dell'emancipazione' che può andar bene anche in questo caso: 

"La donna, i giovani, il corpo, la cui emergenza dopo millenni di schiavitù e di oblio costituisce in effetti la virtualità più rivoluzionaria, e dunque il rischio più serio, per qualunque ordine costituito, sono integrati e recuperati come ‘mito di emancipazione’. Si dà da consumare la Donna alla donna, i Giovani ai giovani e, in questa emancipazione formale e narcisistica, si riesce a scongiurare la loro liberazione reale.”

martedì 16 maggio 2017

La speranza è una trappola


Lavoratori moderni (1): un gorgo chiamato ufficio postale

Vai all'ufficio postale ti accorgi com'è cambiato questo paese. In un luogo dove circolano i soldi, così ricco, i dipendenti non dovrebbero vivere il loro lavoro con un affanno degno della catena di montaggio di tempi moderni 2.0, o dove l'assunzione a tempo determinato dovrebbe costituire caso eccezionale.

Ma l'affanno e preoccupazione dei dipendenti è chiaro, e invano certuni cercano ovviare ai ritmi spersonalizzanti con evidenti atti di resilienza, causando le ire di noi clienti e tante incomprensioni. Da tempo la Posta è anche banca e i lavoratori devono occuparsi di troppe servizi: oltre a mantenere la funzione originaria per lettere e raccomandate, si trattano servizi  finanziari e assicurativi: affari.

Negli uffici postali di Prato, dal 27 aprile al 25 maggio, è in atto lo sciopero degli straordinari, ma non lo ricordava nessuno: tuttavia, perfino Il Sole 24 ne aveva scritto qualche giorno fa un trafilettone ben in evidenza, dove si raccontava che lo sciopero è causato da «la grave situazione nella quale si trovano a operare i lavoratori. Nelle province di Arezzo e di Prato, dove la riorganizzazione del recapito a giorni alterni è stata già implementata da alcuni mesi, purtroppo la situazione è ancora più grave...Tra le difficoltà segnalate dal sindacato «le continue assunzioni di contratti a tempo determinato, delle quali non conosciamo bene né le regole di assunzione né le regole di prolungamento del contratto; le pressanti richieste di flessibilità operativa, ben oltre quanto previsto dagli accordi sottoscritti; i mezzi di lavoro obsoleti e non adeguati che vengono sostituiti a rilento; il pesante e indiscriminato uso delle sanzioni disciplinari; la riorganizzazione della consegna delle inesitate (n.d.r, della posta non consegnata), che ha peggiorato il servizio mettendo a rischio i lavoratori senza un'adeguata formazione».


Ieri, ultima cliente dell'ufficio postale, per qualche minuto sono rimasta chiusa dentro con i lavoratori, che svolgevano le operazioni di chiusura e i controlli. E ogni servizio veniva 'chiamato' a voce alta dal direttore e ciascun dipendente rispondeva enumerando le operazioni finanziarie, per esempio quante carte Postamat aveva 'aperto' o libretti vari;  oppure elencava quelle postali, contando tot raccomandate, specificava di aver mandato certi pacchi 'speciali'...

Dopo il gorgo della gente, un assalto ingestibile e imprevedibile e per le svariatissime richieste e il loro numero, i dipendenti lentamente tornavano ad assumere forma umana e prima di andarmene sono riusciti anche a sorridere.

E non posso che condividere idealmente lo sciopero, ché è evidente ormai  che la posta è consegnata a casa in modo disordinato e confuso da postini improvvisati, e non si sa più chi siano. 

Nonostante l'obbiettivo ormai raggiunto di trasformarci in soli cittadini 'virtuanti', imperterriti molti di noi inviano ancora lettere di carta, magari imbucandole in cassette della posta ancora appese al muro di qualche edificio della periferia. Anche per scoprire stupiti che la lettera ordinaria giunge a destinazione prima della raccomandata.

lunedì 15 maggio 2017

Il bello di Feisbùk

Il bello di Feisbùk
è che se non l'accendi
non esiste più.
E tutti quei signori
signorine,
le loro frasi argute 
compleanni
e figurine,
non ci sono più.

E nemmeno i politici santù,
gli oppositori
i movimenti a U.

Il bello di Feisbùk
è che se non l'accendi
non esiste più.

E nemmeno tu.

Consumo di suolo in Toscana: Prato la prima in classifica

Traggo due immagini dal rapporto annuale 2016 dell' ISPRA sul consumo del territorio, dove risulta che Prato, in Toscana, è la provincia con i maggiori tassi di consumo di territorio (insieme a tutta la Piana).

D'altronde basta salire a Poggio Castiglioni, sopra Prato, per rendersi conto di cosa è diventata la pianura fra Pistoia, Prato e Firenze: un lungo susseguirsi di capannoni (l'interporto spicca su tutti), edifici, strade tangenziali. Molto lasciato all'incuria e alle mere manovre speculative.
A ciò si aggiungerà l'ampliamento dell'aeroporto di Firenze (comune che ha il bel primato nel consumo di suolo, eppure non è tanto piccolino come Prato!), con la 'ciliegina' del raddoppio della Autostrada A11, fra Firenze e Pistoia.

Invece di pensare di organizzare liste segrete per le prossime elezioni- segrete come quelle di Pulcinella - coloro che vogliono 'lavorare' per la città di Prato (quelli che, se ci saranno, qualcuno probabilmente avvelenerà sul nascere con la solita ricetta del 'fango alla pratese', portando avanti i più ambiziosi e pronti ai giochetti di gruppo e potere), leggendo il documento di ISPRA avrebbero già materia da dove partire. Il documento completo si può scaricare appunto dal sito dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.


 

sabato 13 maggio 2017

Forme di violenza (1): donne in catalogo

Con Internet la violenza ha trovato un'altra forma di manifestarsi, ha acquisito una comoda marcia in più, e si aggiunge a quella che feroce può accadere per le strade, di cui giustamente ci lamentiamo e che le autorità sembrano incapaci di fermare, incapaci di trovare soluzioni sociali ed economiche che la impediscano minimamente. In particolare questo altro tipo di violenza, come è ormai arcinoto, si propaga sui social.

E' stato pubblicato un catalogo di 1.218 donne della provincia di Lecco che si erano dichiarate 'single' su Facebook. Il catalogo è stato preparato e venduto 'on-line' a loro insaputa e credo che violi palesemente la legge, perché per l'utilizzo dei dati personali ci vuole il consenso.

E' una palese forma di violenza, una delle tante, che, contrariamente a quella che accade per la strada, per cui cammini e ti derubano e o ti ammazzano - come ormai si sta verificando anche in Italia, non solo in Venezuela -, che se pure non leda fisicamente la persona, può essere talmente aggressiva da danneggiare psicologicamente. Sei vilipeso e reso oggetto con tanto di targhetta, con nome e cognome.

Il catalogo delle donne è però un 'passo in avanti' rispetto, che ne so, all'offesa, alla denigrazione e al ludibrio pubblico, che appunto si osservano quotidianamente sui social, tanto che, per esempio, ormai  vi si fa politica e altro a colpi di offese; con la creazione del 'catalogo' l'essere umano femminile è umiliato non tanto con le parole, quanto con una azione di mercato, con lo svilimento del concetto di persona, che ormai si è del tutto perduto, e diventa prodotto per la vendita e il consumo sessuale.

Con le donne in catalogo diventa palese il fine del mondo Facebook e compagnia, che fa tanti affari e permette ad altri di farne, ché si nutre della vanità, cattiveria e della perfidia umana.


venerdì 12 maggio 2017

Le donne hanno paura


Quella della Festa della Mamma -con i relativi sconti e rose per la giornata - forse mi è ancora più odiosa del Papà, perché la retorica è più profonda.

Forse si dovrebbe approfittare di questa festa per esprimere tutta la propria irritazione nei confronti dello sfruttamento delle mamme e, generalmente, delle donne nelle case, complici i loro 'adorabili' compagni, (quando lo sono e non le ammazzano per evitare ogni possibile cambiamento sociale ed economico), e complici le donne stesse, ancora profondamente immerse nei loro vari ruoli di compagna-mamma-figlia-zia eccetera. Dicono che le mamme-figlie-compagne-eccetera avrebbero diritto a uno stipendio di più di tremila euro; calcoli che fanno gli ometti, e noi li ringraziamo per l'attenzione e cortesia, ma...

Non serve alcun stipendio se prima non cambia qualcosa nella testa delle donne, e al momento non  si vede mutamento; anzi! Le donne sono subdolamente schiave e sottomesse e, anche se dicono di non volerlo, di fatto sono sempre presenti, disponibili (possibilmente la richiesta le vuole anche sorridenti e amabili con tutti i componenti della famiglia, e sempre pronte sessualmente...). 

La loro emancipazione è passata e passa solo attraverso modelli maschili di prevaricazione, violenza e competitività.

Ibsen, quando più di un secolo fa scriveva di Nora in Casa di bambola, pensava e auspicava una donna che ancora non c'è, in nessuna parte del mondo. Ma forse, qui in Italia, è molto raro anche incontrare un tipo spavaldo e ironico simil locandiera di Goldoni.

E ancora prima, Aristofane, con la Lisistrata, ha mostrato la chiave economica e politica della faccenda già diversi secoli  prima di questi figli-campiioni di Wall Street.

In realtà le donne hanno paura di quella rivoluzione che potrebbe venire da un loro diverso modo di essere.

giovedì 11 maggio 2017

Soccorso: miracolo sottopasso?

Dopo che Anas ha aggiornato il progetto di fattibilità, e futura prossima sarà l'adozione della variante urbanistica, probabilmente Prato vedrà realizzato l'arcinoto e discusso 'sottopasso del Soccorso', e che eviterà la fila lunga d'attesa a molti automobilisti che mattina e sera si vedono bloccati sulla strettoia a sole due corsie, una per senso di marcia, in quel punto della "Declassata".

Per chi non è di Prato racconto un po' di storia e geografia: il Soccorso è una zona che si snoda lungo la via Roma e deve il nome a un presunto miracolo che, pur non interessando più i devoti, certamente dovrà farsi sapere ai costruttori, ché il suo racconto ci parla di una zona a rischio di alluvione.

Nel 1570, leggo, una bambina si rifugiò da una pioggia torrenziale sotto un tabernacolo della Madonna, che si trovava appunto al Soccorso. Nonostante l'alluvione, la bambina restò indenne, e questa sua salvezza fu interpretata come un miracolo voluto dalla Madonna. Sul posto iniziarono ad arrivare i pellegrini, e allora fu deciso di costruirvi una chiesa, detta appunto Chiesa di Santa Maria del Soccorso, che diventò un santuario. Nel Novecento di questa chiesa fu parroco il famoso Danilo Aiazzi, quello che, nell'agosto del 1956,  lesse ai fedeli la lettera di scomunica del vescovo Fiordelli nei confronti dei 'concubini di Prato', Mauro Bellandi e Loriana Nunziati, i quali si erano sposati in Comune. Il 'Monsignore', morto nel 1997, da qualche anno addirittura ha una sua via intitolata, mentre gli sposi ribelli di un tempo, morti entrambi, no. (E, ricordo che scrivere e mettere in scena il 'dramma sui concubini' nel 2007, non portò miracoli, bensì solo il solito repertorio di calunniette e fango velenoso. Ma sia, roba passata). 

Torno al sottopasso. La sua realizzazione avverrà probabilmente durante il prossimo periodo elettorale cittadino e questo costituirà aspra fonte di discussione fra le fazioni 'sottopasso sì' e 'sottopasso no', trasformandosi ancor di più che nel passato, e insieme alla 'questione cinese', in uno degli argomenti cardini.

Intanto, mentre tutto il mondo si rafforza e struttura per il traffico veicolare, ci sono alcuni, pochi ancora per la verità, che a Prato si muovono in bici con grande sofferenza. Io fra questi. In certe ore, nonostante siano stati completati o meglio dire allungati, alcuni tratti di ciclabile, tuttavia l'andare sulle due ruote, come a piedi, è sconsigliabile.

Fra le sei e le otto della sera, per esempio, per l'automobilista, innervosito e stressato da ore di lavoro e dal traffico impazzito e scomposto, il codice della strada non è più nemmeno un ricordo, e si muove come un vandalo motorizzato di cui, se capita di incrociarne gli occhi, vi si legge tutta la rabbia e volontà di schiacciare il povero passante. Ed è rischioso anche attraversare le strisce pedonali portando la bicicletta a piedi, ché l'automedonte non vuole fermarsi. 

L'avveramento del romanzo distopico di Bradbury "Il pedone" è sempre più vicino.

mercoledì 10 maggio 2017

Gonfienti, come avrebbe potuto essere

Guardate questo bel documentario sull'Etruria Padana, e pensate che lo stesso avrebbe potuto essere da noi a Gonfienti, la città etrusca, negata e lasciata imputridire, di Prato. Tra l'altro qui si parla anche dell'archeologia sperimentale, che è un modo, a quanto sembra,  creativo e rispettoso dell'ambiente per conoscere il passato. Nel documentario vedrete anche il Parco Archeologico del Forcello, vicino Mantova. Un approccio culturale che noi non vedremo mai; qui non abbiamo un parco archeologico, ma solo l'interporto-capannone.

http://www.raistoria.rai.it/articoli/italia-viaggio-nella-bellezza-la-riscoperta-delletruria-padana/30369/default.aspx

Pistoia, capitale della cultura-mercato


Prato inquinata (2)

Un altro appesantimento ecologico è in arrivo nella zona sud di Prato dove, presso il depuratore di Baciacavallo, la santa alleanza di Alia e Gida intende costruire il famoso digestore anaerobico, quello che intendevano piazzare al Calice, e con cui, in quanto 'digestore',  si penserebbe di produrre energia.
Una parte dei rifiuti però dovrebbe essere comunque bruciata altrove, in inceneritore, perché si tratta di rifiuti che non possono essere smaltiti in sede. Perché poi si tratta di rifiuti non organici.

E anche per il Calice, che si trova a sud-ovest, sono previste 'migliorie' e nuove strade future.

Naturalmente nel pacchetto 'cacca e veleni', a confezionare il pastone avvelenato, vengono promesse sante assunzioni! Potevano mancare?

La situazione ambientale della Piana è allarmante e l'abusivismo generalizzato degli scarichi non fa altro che produrre altri impossibili disastri. 

Provate a camminare lungo il depuratore del Calice: le acque che ne fuoriescono sono vomitevoli, l'aria è pestifera, tossica (lì vicino si trova il canile e sarebbe interessante fare uno studio sui cani che vi muoiono); anche peggio capita a Baciacavallo, che da anni spande per chilometri attorno un odore acido irrespirabile (ricordo, come ho già scritto, nel '95-96 a Paperino, come arrivano d'estate le esalazioni mefitiche nelle stanze con le finestre aperte), e che versa anch'esso, come quello del Calice, le sue acque nel povero Ombrone.

Si pensa di risolvere (risolvere?)  il problema solo alla fine, e nemmeno sfiora per la testa l'idea che si possa un po' anche lavorare a monte, attraverso controlli per tutelare salute dei cittadini, legalità economica e ambiente: un piano ecologico che non passi solo per digestori e inceneritori e compagnia bruciando.

Le acque, se possibile ancor più dell'aria, a Prato sono in gran parte perdute; la settimana prevista per l'acqua che Gida organizza prossimamente è solo quella dell'acqua non potabile. Che come a suo tempo ebbi modo di scrivere circa gli 'orti maledetti', viene utilizzata per irrigare.

Ecco le 'eccellenze', ecco la 'mia Prato'.

Basta bambole

Non mi piace quel Muro delle Bambole morte che hanno installato a Roma, dopo quello di Milano, per sensibilizzare sul femminicidio.
Ancora e sempre 'bambole', le donne, anche da morte?

Contro il femminicidio servono azioni concrete e urgenti.

Basta bambole.


martedì 9 maggio 2017

Gramsci e l'industria teatrale

Leònida Rèpaci ricorda che il 'grande amore di Gramsci era il teatro": a venticinque anni comincia a recensire, corrosivo, sull' «Avanti!».
Prendo due articoli del 1917, cento anni fa esatti, in cui lamenta i danni del monopolio teatrale. A Torino, dove abitava, molti teatri appartenevano ai fratelli Chiarella, che esercitavano appunto il loro strapotere sulla città, facendo girare "compagnie a contenuto leggero", abbassando in sostanza il 'livello estetico'. Erano anche gli anni in cui il cinema prendeva il proprio avvio, era muto, ma costituiva un avversario agguerritissimo del teatro.
Il 'trust', come Gramsci polemicamente lo chiama, oggi ha solo cambiato padrone,  oggi si tratta di monopolio pubblico, ma il risultato asfissiante è lo stesso. Infatti i direttori dei teatri alla fine devono badare al risultato economico esattamente come un tempo i Chiarella; abbonamenti,  biglietti venduti, gradimento, ma oggi in funzione della gestione-oppressione diretta dei partiti che gestiscono e manovrano a proprio piacimento e utilità, come e più di privati sebbene indossino il vestito pubblico. Ma questo il 'popolino' non lo sa (o non se ne cura); non sa (o non se ne cura) che il direttore artistico è solo espressione politica e d'interesse, e corre smanioso a vedere acriticamente quello che viene propinato e imbandito, con conseguente appiattimento e normalizzazione culturale.
La differenza sostanziale è che il teatro oggi ha perso il significato e l'importanza di un tempo, ed è stato reso inoffensivo come ormai tutte le espressioni artistiche 'fruite', (così l'arte figurativa, commercio, e la musica, tornato intrattenimento, 'bel sottofondo', come lamentava ai suoi tempi Kant, ma ora certa musica è soprattutto roba d'affaristi); mentre il cinema si è involuto in un'industria culturale con schemi fissi, e di contenuto e formali, attraverso cui, possibilmente, applicare il dominio. 
Buona e tenace lettura; il 'post' è lungo.


Cronache teatrali dall’«Avanti!»,  1916-1920

L’industria teatrale

"Politeama Chiarella: spettacoli di varietà, Cuttica, Spadaro e compagni.
Teatro Carignano: il miracolo vivente ovverossia il prof. Gabrielli che mette in sacco tutti i luminari della scienza.
Teatro Alfieri: 60a rappresentazione della compagnia d’operette di Luigi Maresca. Operette, varietà, vaudevilles di Carosio e di Cuneo, fenomeni viventi Fregoli, Petrolini, Cuttica, Spadaro e Titina.
Torino è diventata una fiera, Barnum è diventato il dio tutelare dell’attività estetica e del gusto dei torinesi.
Barnum o il consorzio teatrale: Barnum o il 
trust dei fratelli Chiarella. Lo spirito animatore è lo stesso: è lo spirito dell’accumulatore di quattrini, cieco, sordo, insensibile a tutto ciò che non sia cespite di guadagno. Se domani sarà provato che è piú conveniente adibire i teatri alla rivendita delle noccioline americane e dei rinfreschi ghiacciati, l’industria teatrale non esiterà un istante a farsi rivenditrice di noccioline e di ghiacciate, pur mantenendo nella ditta l’aggettivo «teatrale».
Fa maraviglia una cosa soltanto: che l’autorità militare, cosí fiscale quando si tratta di requisire le scuole o il Teatro del popolo di Corso Siccardi, o il teatro Regio, dove non vanno e non possono andare che compagnie che veramente vogliono offrire al pubblico spettacoli di teatro, utili per l’educazione estetica e che rappresentano il soddisfacimento di una necessità buona, risparmino invece i teatri gestiti dalla ditta Chiarella, che ormai hanno perduto la loro genuina caratteristica d’arte e servono allo sfruttamento delle velleità di divertimento volgare.
Il trust teatrale a Torino è andato un po’ troppo oltre nella sua abilità industriale, Torino è completamente tagliata fuori dalla vita teatrale italiana. A lontani intervalli vi capitano due o tre delle maggiori compagnie drammatiche per una stagione straordinaria. Torino dà molto pubblico agli spettacoli di varietà, non è mai satura di ritrovi equivoci. L’industria teatrale è entrata in concorrenza con il varietà, cerca di accaparrarsi la categoria piú redditizia di questo pubblico. Persegue cosí il suo fine monopolistico. Le compagnie maggiori sono riservate alla provincia, ai piccoli centri, dove è naturale gli attori siano pagati meno, perché i teatri sono piú piccoli e gli incassi sono minori. Il monopolio trionfa. I teatri delle grandi città, anche se adibiti a spettacoli di ordine inferiore, rimangono redditizi, perché c’è tra i 500 mila cittadini quel certo numero di individui che li frequenta lo stesso. Gli artisti di varietà sono pagati meno, e il capitale si impingua. Nei piccoli centri, è necessario il grande nome per attirare la folla; gli artisti sono pagati meno perché la piazza è secondaria, e il capitale si impingua allo stesso modo. Le grandi compagnie si dissolvono, gli attori sono costretti per vivere a dedicarsi al cinematografo; l’industria teatrale, monopolizzata, non se ne preoccupa; i suoi affari prosperano ugualmente per l’impossibilità della concorrenza, per l’abbassamento del livello estetico che fa ricercare lo spettacolo di Petrolini o di Cuttica, e non fa rimpiangere le interpretazioni artistiche di Ermete Zacconi e di Emma Gramatica.
A Torino però il trust ha esagerato nella sua abilità industriale. Non sarebbe male che alla autocrazia del capitale monopolizzato si contrapponesse un’altra autocrazia. Quale ragione superiore può ormai piú oltre far considerare intangibili i teatri della ditta Chiarella, mentre i locali scolastici sono ritenuti tangibilissimi, e tangibilissimo è stato il Teatro Regio?
Petrolini, Cuttica, Spadaro e soci avevano i loro ambienti naturali. Quale superiore ragione artistica deve piú oltre permettere che la città di Torino diventi un feudo del varietà? È doloroso dover ammettere che in una grande città debba essere ristabilito il buon costume da un provvedimento autoritario. Ma è purtroppo cosí. Le esagerazioni del monopolio non possono che essere frenate dai calmieri di Stato.
(28 aprile 1917)


L’industria teatrale

A Milano si sono radunati a convegno, nei giorni scorsi, i rappresentanti delle tre categorie interessate all’industria dei teatri: i proprietari, i capocomici di prosa e d’operetta, e gli scritturati. Il convegno era patrocinato dal presidente della Società degli autori, per cercare di appianare pacificamente le questioni sorte fra il trust dei proprietari di teatro e quelli che per il teatro lavorano. Tempo sprecato. Le questioni non furono appianate, i proprietari non cedettero di una linea: ma il signor Giovanni Chiarella continuerà tuttavia ad appellarsi alla testimonianza dei capocomici italiani perché documentino il suo illuminato mecenatismo.
I capocomici domandavano il ritorno puro e semplice alle condizioni contrattuali anteriori alla costituzione del trust: 1) abolizione della propina tre per cento sull’introito di ogni spettacolo, imposta dal trust a favore dell’agenzia Paradossi; 2) abolizione delle prelevazioni, nel senso che tutti i posti vendibili nei teatri abbiano a figurare nei bordereaux a comune profitto dei capocomici e dei proprietari di teatro, eliminandosi l’inconveniente che una parte dell’introito rimanga a profitto dei soli proprietari; 3) ripartizione proporzionale su ogni spettacolo dell’ammontare degli affitti annui per palchi e barcacce, affitti che ora vanno a totale ed esclusivo beneficio dei proprietari; 4) riscaldamento a carico dei proprietari di teatro; 5) tassa serale a carico dei proprietari di teatro; 6) per le compagnie d’operetta le spese di orchestra a carico dei proprietari di teatro.
I proprietari non accettarono nessuna di queste proposte, sebbene fossero accompagnate da questi due compensi: 1) estensione a tutti i teatri dell’aumento del 10 per cento sul prezzo dei biglietti dei palchi e posti distinti già praticato in molti teatri e devoluzione dell’aumento a esclusivo vantaggio dei proprietari per compensarli dell’aumentato prezzo del carbone e dell’aumentata tassa teatrale; 2) riduzione del 5 per cento della percentuale sugli introiti serali devoluta finora ai capocomici. I proprietari invece fecero delle controproposte che miravano a far sorgere degli attriti fra capocomici e scritturati. Non vi riuscirono. Se il convegno è servito a qualcosa, è perché ha determinato un avvicinamento tra le tre categorie che sono direttamente danneggiate dal trust: gli autori, i capocomici e gli scritturati. I capocomici hanno concesso agli scritturati un nuovo contratto di locazione d’opera, contratto unico, paga annuale senza stagioni morte.
Certo non basterà questo principio d’accordo per scompaginare il trust e ovviare alla sua azione, deleteria per l’arte, e strozzinesca in confronto di quelli che lavorano. Il trust ha possibilità di rivalsa, contro le quali solo lo Stato potrebbe intervenire. Esso può boicottare subdolamente gli artisti drammatici, e aprire i suoi locali solo al cinematografo, a Petrolini, a Cuttica, a Gabrielli. Il signor Giovanni Chiarella si è fieramente adirato quando noi abbiamo constatato i primi effetti dell’industrialismo monopolistico a Torino. Le stesse cose scrivono ora, dopo l’esperienza del convegno di Milano, anche altri giornali. E usano precisamente quel linguaggio, per il quale il Chiarella ha creduto che lo si tacciasse di volgare affarismo. Riportiamo un brano di uno di questi articoli, scritto in un giornale, che, caso bellissimo, mentre è protezionista per l’industria propriamente detta, è liberista e avversario dei monopoli per l’industria teatrale, l’unica che studi e svisceri con criteri non amministrativi:
I proprietari di teatro sono riuniti in consorzio su basi commerciali e industriali: essi tutelano i propri interessi esclusivamente: dell’arte se ne infischiano. Pensar che a un tratto questa gente si trasformi in un’accolta di mecenati o di persone che si accorgano di non speculare su delle scarpe, sarebbe ingenuità.
Il consorzio oltre aver determinato anche nei teatri di provincia non consorziati aumento di prelevazioni, e aver fatto salire il prezzo dei teatri, finisce col tutelare male anche i propri interessi spinto da necessità insite nella sua natura.
Esso infatti, smanioso di accaparrarsi quanti piú teatri gli è possibile, è diventato e diventa proprietario di teatri di secondo e terz’ordine, che non rendono niente, e che rimangono chiusi gran parte dell’anno. E allora escogita quei mezzi balordi del cinematografo, dei visionisti, degli spettacoli sportivi, dei vari Petrolini, in modo da diminuirne anche la secondaria importanza, di sviarne il pubblico, di ridurli a dei locali buoni a tutto, come le sale superiori dei caffè: per nozze, banchetti, feste da ballo e altro. Anzi, è precisamente un criterio da caffettiere che ispira il consorzio, il quale è sempre in caccia del genere o dell’individuo che piace al pubblico e domani – logicamente – farebbe qualsiasi qualità di spettacolo se non ci fossero i vincoli delle leggi sulla moralità, sul giuoco e su altre miserie. È facile intuire in quali condizioni si trova l’arte drammatica alla mercé di costoro.
Tolte due o tre compagnie favorite, perché attirano gente, le altre che pure l’attirerebbero se potessero recitare durante le stagioni migliori, sono forzatamente escluse da ogni possibilità di far bene; e siccome raramente il valore commerciale coincide col valore artistico, il consorzio favorisce il primo a tutto danno del secondo? Senza contare poi che esso grava sui capocomici in modo da rendere loro difficile la gestione della compagnia e da determinarli a rappresentazioni solleticanti i piú volgari gusti del pubblico, anche nei teatri frequentati da persone colte, intellettuali e pronte a qualsiasi visione di bellezza.
(17 luglio 1917)
Antonio Gramsci


Un invito per i 20 anni dei Celestini

 Per stasera, 21 dicembre, ore 20,45 alla Baracca.