mercoledì 31 gennaio 2018

3o racconto su Gonfienti, Cultura Commestibile n. 247


3o racconto su Gonfienti. Ancora un articolo del Prof. Centauro dal titolo: Gonfienti come una nuova Pompei.
Oltre l'articolo pubblicato, quello scritto per esteso, con altri dettagli fotografici. Buona lettura.




GONFIENTI COME UNA NUOVA POMPEI 
L’emozione della scoperta, la dichiarazione di interesse, l’autorizzazione a “seppellire”
di Giuseppe Alberto Centauro

Nel 2001, le prime ammissioni sulla rilevanza del sito archeologico di Gonfienti suonano ancora prudenti, tant’è che il soprintendente Angelo Bottini ebbe a dichiarare: “Lo scavo ha portato alla luce una realtà che non è certo una semplice fattoria! Si tratta di un vero e proprio insediamento, per il quale è stata usata forse a ragione, la parola città”. Ma, nel 2006, dopo 10 anni dal primo ritrovamento, la città degli Etruschi sul Bisenzio è ormai una risorsa primaria dell’archeologia in Toscana, come “certificato” dal convegno Dalle Emergenze alle Eccellenze (Prato, 31 ottobre 2006). Riferendosi agli scavi pratesi, così scrive la nuova soprintendente Fulvia Lo Schiavo: “La vocazione all’eccellenza non ha un limite … questo patrimonio è una risorsa. Non c’è in tutta la Toscana, un sito archeologico che sia inserito nelle liste Unesco. Questo è motivo di scandalo. Qui le ‘buone pratiche’ sono quello che supportano e sostengono, non solo economicamente ma anche socialmente, lo sviluppo del sito antico e della sua storia, insieme a tutti coloro che lo occupano, lo utilizzano e che ci vivono, apprezzandone la straordinaria ed eccezionale bellezza.” In quell’occasione Ambra Giorgi, Presidente della Quinta Commissione “Attività culturali e turismo del Consiglio Regionale della Toscana”) ebbe a dire: “La logica di fare sistema si addice particolarmente all’archeologia … Ad esempio: Gonfienti esisteva quando Prato non c’era. Era una fiorente città commerciale che, attraverso il valico appenninico e la sua gemella Marzabotto, intratteneva rapporti con i grandi porti dell’Adriatico e con Fiesole e poi con Artimino e Comeana. E’ evidente quindi che l’unico modo per valorizzare adeguatamente un’area territoriale antica, per renderla leggibile, comprensibile non solo agli specialisti ma ad un pubblico vasto, è quello di ricostruirne, attraverso un progetto scientifico rigoroso, le reali estensioni e la complessità di relazioni con altri centri e poi mettere in rete tutti i centri contemporanei che insistono su quell’area antica per delineare un moderno distretto culturale.”  A rendere così intrigante ed entusiasmante l’appeal di Gonfienti era stata, nel 2003  la definitiva messa in luce nel Lotto 14 F di un grande edificio  (VI-V secolo a.C.) di oltre 1400 mq, affacciato su strada orientata E-O, da questa separato mediante profondo canale che immette attraverso un vestibolo ad un vasto cortile interno munito di pozzo con portico dal quale si accede ad altri locali. “Su buona parte dell’edificio è stato messo in luce lo strato di crollo del tetto” (Giovanni Millemaci, archeologo SBAT).
(figg. 1 e 2)
Proprio la grande emozione di questo eccezionale ritrovamento, unito alla qualità dei reperti e all’ancor più loro eccezionale valore storico artistico (di ciò diremo in successivi contributi), nonché alla fattura e buona conservazione dei muri perimetrali drenati da canalizzazioni, ha fatto paragonare lo scavo di Gonfienti a Pompei: per la città campana furono i lapilli e la lava a sigillarne per millenni le strutture, qui lasolida persistenza di uno strato limaccioso  ha fatto da collante naturale fin dal principio del IV secolo a.C., al tempo della sua subitanea scomparsa. Sulla scia di questa nuova e strepitosa scoperta, posta a centinaia di metri di distanza dai lotti precedentemente indagati, l’ampiezza dell’insediamento arcaico stava assumendo i connotati di una vera e propria metropoli (12 ha). Chiaro che non si sarebbe potuto solo scavare in funzione dei lotti edificabili dell’Interporto. Nel maggio 2003 fu sottoscritto un protocollo d’intesa fra i Comuni di Prato e Campi Bisenzio per indagare in ogni direzione oltre i confini interportuali al fine di identificare un confine possibile della città. Furono stanziati oltre 300 mila euro e per l’abbondanza dei reperti s’ipotizzò di creare un antiquarium sul posto, utilizzando i fienili restaurati della Villa Niccolini cha insisteva nel bel mezzo della città etrusca, forse sulle stesse fondazioni di un edificio analogo a quello ritrovato più ad est. Chi scrive ebbe anche l’incarico di studiare una possibile convivenza fra interporto e area di scavo ed ipotizzare la formazione di un parco archeologico che si sarebbe esteso per oltre 50 ettari (fig. 3). L’idea franò già nel 2005 con la realizzazione della asse stradale Mezzana-Perfetti Ricasoli che tagliò a sud ogni possibile espansione; inoltre l’interporto reclamava un nuovo “piano di utilizzo” per compensare le sottrazioni dei terreni lottizzabili occupando altre aree. Nonostante questo empasse si scrisse nel novembre del 2006, al termine del citato convegno,  la prima declaratoria d’interesse per le aree di scavo da sottoporre a vincolo di tutela. (fig.4)
La” Gonfienti archeologica”, quale fossero stati i futuri ritrovamenti sarebbe stata confinata entro una superficie di non oltre 27 ha. D’altro canto la Società Interporto che nel corso di 10 anni aveva sostenuto in toto le spese di scavo, nonché la cessione in comodato alla SBAT dei locali restaurati di un antico mulino, posto all’ interno della proprietà, al fine di permettere la costituzione in loco di un laboratorio di restauro per il deposito delle oltre 2500 cassette di reperti raccolti, accollandosi un costo dichiarato di  3,5 milioni di euro, usufruì del nulla osta necessario per dar corso alle nuove edificazioni che andavano ad occupare 12 ha di aree “sensibili” rimaste intercluse fra il piazzale merci e il limite nord dell’area di espansione. Nel segno dell’”archeologia preventiva” si sanciva il sacrificio di una vasta necropoli dell’Età del Bronzo medio 1-3, di una strada glareata e di altre opere idrauliche di grande valore archeologico che sarebbero state interrate e segnate a terra sotto il peso del cemento di  piazzali, binari e magazzini.
Fig.3

Fig.4

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