In questo periodo di festa, con le luminarie, è ancora più evidente cosa è diventata Firenze: una scenografia per i negozi. Tutta la città ormai vive in funzione di questo servizio.
Il passo è ostacolato dalla folla, e lo sguardo è catturato dalla pubblicità, che sovrasta immensa, fin nei luoghi più significativi dell'arte.
Non si vede più la città, non si vedono più i suoi monumenti, che si sono trasformati in un bel fondale.
Via Tornabuoni, la via che frequentavo tutti i giorni a piedi durante il periodo universitario, quando correvo dal Professor Macrì che incontrava i suoi illustri amici da Doney, e quando ancora si vedevano negozi di artigianato, che è del tutto scomparso almeno dal centro, è diventata un non luogo, come una zona franca dell'aeroporto, dove ci sono i negozi più lussuosi che vendono prodotti "italiani" realizzati altrove, posticci come parrucche del Settecento, e altrettanto costosi.
La città è infatti ormai del tutto improduttiva e quasi nulla vi si fabbrica.
La quasi totalità della gente è munita di smartphone che usa per selfizzarsi, per documentare il sé, la propria presenza in quel luogo prestigioso, e nessuno si preoccupa di documentarsi invece dell'altro, ossia della città, e non dico con la vecchia e utile guida del Touring, che fino a pochi anni fa si vedeva in mano a diversi turisti italiani che volevano erudirsi un po', ma nemmeno tramite Internet.
Firenze diventa così scenografia del sé.
Sono entrata nella farmacia vicino a Piazza della Signoria. La farmacia era assediata da gente di ogni tipo e nazionalità. Una folla scomposta che 'ciacciava' ovunque, ignorando i vari cartelli sparsi invitanti a "non toccare e a rivolgersi agli addetti".
Una farmacista che serviva ha colto il mio sguardo che la compativa, e mi ha detto, in un fiato, come se mi conoscesse: "Non ce la faccio più".
Nessun commento:
Posta un commento