Relativamente al Convegno "Trame cromatiche", avrà luogo venerdì 22 febbraio prossimo al Museo del Tessuto (di cui potete leggere sotto), e che ripercorre i 20 anni del Piano del Colore a Prato, ricevo e pubblico questo contributo del Prof Centauro.
Il Piano del Colore intende riqualificare "centro e periferie attraverso il "colore" delle facciate, non solo (come) buone pratiche per il decoro urbano, ma (attraverso) anche interventi di recupero ambientale per la salvaguardia dell'identità dei luoghi".
Di un recupero e salvaguardia serio la città di Prato ha in effetti molto bisogno.; e non tanto di piazzette estemporanee con panchine pronte per essere vandalizzate, o interventi urbanistici invasivi e senza alcun senso se non quello della speculazione edilizia.
Il colore in città, un fattore culturale
Giuseppe Alberto
Centauro
La
città contemporanea, nel divenire continuo di mutazioni, si mostra con un coacervo
incoerente di segnali visivi che, volenti o nolenti, restituiscono un’immagine
oggettiva, non falsa, dei luoghi osservati. Sotto tale aspetto, attraverso i
meccanismi della percezione, il colore può considerarsi come uno dei principali
indicatori delle variazioni che interessano la “scena urbana” e non solo per
gli aspetti del decoro o dell’incipienza del degrado che affligge centri
storici e periferie. Infatti, le trame cromatiche che l’architettura definisce
in forme e materie attraverso le superfici dei manufatti, sono allo stesso
tempo espressione dei caratteri distintivi della città: storici, morfologici e
paesaggistici. Le cortine degli edifici, al pari delle strade del commercio o
della movida cittadina e delle piazze della vecchia e nuova aggregazione
sociale, risultano uniformate dalle cromie. I colori storici o della tradizione
costruttiva locale si mescolano con quelli moderni senza apparente soluzione di
continuità, divenendo markers segnaletici dello stato di salute dell’ambiente
urbano. Il trattamento cromatico delle superfici è quindi un tema centrale nel
restauro architettonico e del paesaggio per la conservazione e valorizzazione
del costruito storico e non solo, pur tuttavia è anche un’occasione di rinnovamento
in spazi urbani deoggettivati e “senza storia”, i nonluoghi privi d’identità, offrendo
ai progettisti una ragione in più di creatività che per questo sembra sfuggire
alle consuetudini e alle norme. Il
colore in tal modo entra prepotentemente anche nella sfera dell’elaborazione concettuale
come strumento di progetto dell’arte visiva plastica. Nondimeno, più
banalmente, se disancorato dal contesto, può risultare il frutto di arbitrarie
soluzioni estemporanee che non tengono nel dovuto conto l’ambiente entro il
quale si vanno ad inserire. Sotto questo angolo visuale le relazioni instaurate
dalla selezione e dalla distribuzione delle cromie nel tessuto urbano dovrebbero
rispettare il frutto di radicamenti storicizzati e non già assecondare acriticamente
le mutazioni distopiche che, sempre più frequentemente, contraddistinguono le
trasformazioni indotte da una globalizzazione omologante. Nel trattamento delle
superfici delle facciate, in ordine alle problematiche del restauro e del
rinnovamento, questi principi devono dunque fornire giusti orientamenti tecnologici
per una corretta applicazione della tavolozza di tinte e pitturazioni, ora conseguenti
alle stratigrafie storiche rilevate sul monumento, ora rispettosi della
grammatica architettonica e del lessico dell’apparato decorativo, senza per
questo rinunciare necessariamente alle nuove espressioni culturali di una
società in continua evoluzione. Occorrerà in ogni caso agire con grande consapevolezza
e attenzione nell’adozione delle soluzioni progettuali più opportune. Ogni
singola facciata traccia infatti un segno indelebile nel contesto urbano, che
non appartiene più solo al singolo manufatto, ma all’intorno. Le città
metropolitane italiane come Firenze e Roma ad esempio, rappresentano casi
emblematici per lo studio del colore. In queste realtà si deve affrontare la riqualificazione
delle aree periferiche che ruotano intorno a centri storici maggiori universalmente
riconosciuti come patrimonio dell’umanità per gli eccezionali valori culturali,
architettonici e storico artistici che sono in grado di esprimere, attraverso
le testimonianze fisiche che li caratterizzano. Se l’autenticità e l’integrità
di questi valori costituiscono i principali obiettivi della
salvaguardia attraverso il rispetto dei materiali e delle cromie, il rifacimento
si rileva spesso necessario ed opportuno per il recupero qualitativo delle aree
periurbane; restauro e rinnovamento sono le due facce di una stessa medaglia.
La presenza diffusa di aggregati storici decontestualizzati, inglobati in anonime realtà urbane, senza
volto, mette in luce l’altro annoso aspetto del problema che nelle aree
metropolitane è fortemente avvertito ma che passa anch’esso attraverso la
corretta revisione dei colori urbani al fine di ricostituire un’unitarietà del
paesaggio cromatico contemporaneo.
Giuseppe Alberto Centauro
Disordine cromatico.
Riomaggiore, la marina (foto G.A. Centauro),
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