Durante la presentazione del libro sui celestini, dopo che era stata evidenziata una caratteristica del mio teatro, una signora mi ha chiesto:
"Perché il suo teatro è così tanto impregnato di storia e geografia?".
Dopo aver riflettuto bene ora posso rispondere.
In fondo scrivo e faccio teatro solo nel e per il passato. Anche quando delineo scenari distopici che sembrano situarsi nel futuro; o si vestono di leggera comicità e appaiono slegati da queste implicazioni.
Ora lo studio del passato si basa sull'archeologia. L'archeologia si basa sullo scavo, è uno scavare nel terreno. E' una ricerca nel tempo (storia) e nello spazio (geografia).
Solo attraverso tempo e spazio mi riesce capire e quindi rappresentare il presente.
L'archeologia è quindi un modo simbolico e concreto di accesso all'uomo presente. E anche all'uomo futuro (ma ci sarà?).
Con il mio teatro io faccio archeologia del e per il futuro, anche se può sembrare un paradosso, e un rischio.
Il mio dunque è propriamente un teatro archeologico.
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