martedì 12 maggio 2020

Lockdown & tourism restart



di Giuseppe Centauro (testo e foto).

"Il 18 maggio prenderà avvio la Fase 2.0 del Sars-CoV-2 (acronimo del nuovo esperanto: Severe Acute Respiratory Syndrome Corona Virus – due). Da questa data si aprirà un’inedita stagione per chiese, musei, alla quale seguiranno aree archeologiche, castelli e palazzi, ville e giardini storici.  Nei centri storici ci sarà  però da ‘sanificare’, ‘efficientare’ e mettere in sicurezza tutto il costruito esistente, con case e botteghe da tempo obsolete e in degrado. Con quali risorse faremo tutto questo? E quali destini seguiranno le città, periferie comprese con piazze da riqualificare, edifici da riadattare, spazi pubblici da ripensare? Dopo il prolungato lockdown c’è ora molta attesa per questo tourism restart (così chiamano la riapertura al pubblico dei beni culturali) al fine di rianimare un’economia in caduta libera. Tuttavia, non sarà facile misurarsi con l’inevitabile cambiamento e allo stesso tempo sottrarsi ai cattivi esempi del passato. Di certo il sommovimento determinerà uno strappo che, in base alle scelte strategiche che verranno attuate, si saprà  se causeranno una perdita o  un guadagno. Per certo, stando alle disposizioni del distanziamento social, dopo il subitaneo default turistico  si produrranno anche effetti alterni, ad es. non sarà più così imminente la minaccia della gentrificazione. Questo è un bene! E’ pur vero però che i bilanci delle ‘città d’arte’,  che girano intorno ai poli culturali maggiori, si fanno in toto sul movimento turistico, buono o cattivo che sia. Pecunia non olet! Ed allora che succederà? Nei quartieri storici torneranno i residenti naturali, quelli meno abbienti e si perderà reddito. Il distanziamento produrrà nella vita rionale altre grandi trasformazioni. E come nel dopoguerra si assisterà nei centri antichi come nelle metropoli alla fuga dei ceti benestanti e degli occupanti occasionali a vantaggio di aggregazioni urbane di neoformazione. Si sposteranno entro tali enclave élite neoborghesi in comunità selezionate, ricche e totalmente autosufficienti. Si creeranno nuovi scenari e vecchie spaccature. Tuttavia, il futuro potrà essere anche diverso. Occorrerà però che tutta la collettività (il pubblico come il privato) creda e investa in toto sulla riqualificazione urbana, sostenendo il rientro dei residenti naturali, incentivando giovani coppie mantenendo salda la presenza degli anziani. Intorno ai beni culturali si arginerà  la brutta emorragia economica e si ricreeranno le ragioni per un nuovo decisivo radicamento. Si dovrà investire sulla conservazione e valorizzazione dei luoghi. Al pari dei beni ecclesiali che si accosteranno di nuovo alle celebrazioni religiose, la ripartenza delle attività turistiche sarà durevole solo se connessa con una ritrovata e positiva accessibilità ai luoghi d’arte con i musei che avranno un ruolo determinante da svolgere. L’atmosfera surreale vissuta in questi mesi ci sta profondamente cambiando e non saremo più tolleranti nel vedere i parchi storici soffocare nelle erbacce e i monumenti, quali essi siano, sgretolarsi nell’incuria.  Si lavori dunque intorno a queste risorse, non solo per un diritto dovere costituzionale ma al fine di produrre ricchezza e benessere in modo libero e solidale. Sarà questa la vera rivoluzione del dopo coronavirus.

Quale fruizione per i beni culturali dopo il 18 maggio? Qualcos’altro mi è rimasto nella penna ora che abbiamo finalmente capito che la nostra vera ricchezza, quella da salvaguardare sopra ogni altra cosa per rifondare un futuro all’altezza della nostra millenaria cultura, sta proprio nel produrre benefici attraverso l’eredità culturale del passato fin qui trattata con tanta, troppa superficialità. Ci stiamo chiedendo che sarà dei monumenti, dei borghi storici, dei paesaggi a noi vicini, dei segni delle nostre più antiche origini impressi ovunque l’occhio si pone? Quale sarà il ristoro che potremo dare e ricevere da questi se non riusciremo a fare tesoro di queste meraviglie? Le abbiamo da poco riviste in rapide carrellate televisive, in una dimensione talvolta surreale che, forse, per taluni poteva sembrare la forma migliore e più suggestiva per ammirarle comodamente seduti sul divano di casa. Ma al di là della corretta divulgazione, la grande bellezza del patrimonio culturale va ben oltre lo spettacolo di un ambiente da set cinematografico, dalle variegate e suadenti forme. L’astrazione di una realtà da vedere ma non più toccare non ci serve, come non potremo vivere per sempre a distanza, senza alcuna attiva partecipazione.  E tutto ciò che si fruisce non potrà essere costruito solo in una modalità virtuale. Non lasciamo che il mondo digitale, pur utile ed ammirevole, ci sopraffaccia. Non lasciamo, soprattutto, che quella illusoria immagine si sostituisca alla nostra naturale capacità percettiva fino ad inibire ogni  capacità di critica. Alla riapertura dei musei non si vada più solo con lo smartphone e il tablet e si guardi le opere con gli occhi della mente e del cuore per vedere, capire e ‘provare emozioni e estasi’. Allo stesso modo non si deleghi ad altri il diritto di appartenenza, entriamo da protagonisti  nella storia attraverso i luoghi del culto, le dimore storiche, le aree archeologiche. Si diffidi piuttosto dell’artata selezione eugenetica fatta a nome nostro da altri affinché tutti i beni, nessuno escluso, sia correttamente manutenuto e reso fruibile come si deve. Si rispetti  per prime le testimonianze della cultura materiale, quella popolare e meno aulica, da cui tutto nasce. L’Italia ha visto decrescere il suo principale appeal turistico e noi con lei.  Così, smarriti, stiamo dimenticando che la qualità diffusa del patrimonio che ci circonda come un museo diffuso rappresenta la nostra stessa identità. Non c’è persona oggi, dopo mesi di isolamento, che non capisca quanto sia vitale per tutti noi custodire come si deve questi preziosissimi compagni di viaggio. E proprio intorno a questo patrimonio,  orgoglio ed ambizione possono trasformarsi in fede e coraggio per rimettere in moto il genio italico ed essere in grado di contribuire in modo armonico alla crescita sociale e economica.  Affinché tutto questo abbia un effetto durevole e trasmissibile  occorre che l’Italia, rigenerata dopo la paura, impari una volta per tutte la lezione e sappia scegliere la strada da seguire puntando  sulla conoscenza e condivisione del patrimonio culturale. Si sviluppi dunque, senza remore, tutte quelle speciali abilità creative e attitudini artistiche che ci appartengono e ci hanno reso un popolo libero".


Piazza Tasso, Firenze
Al museo con il tablet


Le Cascine di Tavola, Prato



Bastione de' Giudei, Prato.

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