RIFLESSIONI DA TEMPO
SOSPESO: Intervista a Maila Ermini, Teatro la Baracca. Il teatro off.
di Leonardo Favilli
In questo lungo periodo di chiusura delle attività anche
teatrali (fino al 15 giugno), Gufetto ha scelto di intervistare Maila Ermini, drammaturga affermata
e attrice toscana, fra le poche rappresentanti del teatro off a livello locale.
Le sue riflessioni sul teatro soprattuto in questo delicato momento sono online
sul sito Primavera di Prato.
Di
lei è noto il legame viscerale con il Teatro La Baracca di cui è anima e
corpo: un teatro autosufficiente, senza finanziamenti realizzato da uno spazio
agricolo a Casale in provincia di Prato, uno spazio OFF
rappresentativo di una categoria di teatro fra le più colpite dalla epidemia di
Coronavirus. Uno spazio che abbiamo conosciuto con Serena Rosati in
un VIAGGIO VERSO L'ISOLA ECOLOGICA.
Le sue riflessioni, a volte taglienti e amare sul teatro, ci hanno colpito. E siamo "volati" da lei.
Le sue riflessioni, a volte taglienti e amare sul teatro, ci hanno colpito. E siamo "volati" da lei.
In un
Post del 26 aprile ha dichiarato di dedicarsi alla pulizia dei locali in vista
della riapertura, intendendo il “pulire” questo spazio come un atto necessario
per poter recitare.Ci puoi spiegare
meglio?
M.E.:
Si tratta innanzitutto di un atto di umiltà nei confronti di quello che
facciamo. Premetto che io non sono nata come attrice ma lo sono diventata
perché me lo hanno chiesto. Ho iniziato a 18 anni ma sono arrivata al teatro
come drammaturgo e infatti è quella la mia principale vocazione. Sono attrice
per necessità, insomma.
Oggi
c’è l’idea dell'attore come una persona famosa che è sempre sul palco, che è
amata. C'è una concezione edonistica e molto egocentrica, che può comunque
andar bene un po’ in tutti noi. Però dedicarsi alla pulizia significa
ricordarsi che solo ripartendo dal basso si può arrivare all'alto e quindi
serve fare pulizia dentro di noi, pulire lo spazio, fare chiarezza in quello
che vogliamo. Gli attori sono uno strumento al servizio degli altri, come dei
servitori, e quindi si capovolge un po’ questa visione edonistica di cui
parlavo. Toni Comello, che ho citato nel mio post, l’ho conosciuto tramite
Gianfelice D’Accolti, il mio compagno, quando venne a vedere “Il dramma intorno
ai concubini di Prato” e casualmente venne a cena e ci trovammo subito molto in
sintonia. Parlando proprio della pulizia lui mi espresse il concetto che ho
citato, il quale è in linea con la mia filosofia e con la filosofia soprattutto
del teatro La Baracca. Una filosofia di umiltà che è anche quella di Garcia
Lorca quando faceva teatro ed è anche per questo che il nome è praticamente
rimasto immutato: La Baracca da La Barraca (compagnia teatrale di carattere
popolare fondata da Garcia Lorca in ambito universitario, NdR).
L.F.:
Un'operazione che auspico in tanti avranno avuto tempo di fare: riflettere
senza la consueta frenesia che ci ostacola. Speriamo insomma che sia stato così.
Guardando oltre la realtà territoriale, che cosa può imparare il mondo del teatro da questa esperienza? Riusciremo paradossalmente a trarne giovamento?
Guardando oltre la realtà territoriale, che cosa può imparare il mondo del teatro da questa esperienza? Riusciremo paradossalmente a trarne giovamento?
M.E.:
C'è un aspetto positivo. Io sono critica verso molte delle regole che ci sono
state imposte anche se le rispetto. Le ho seguite per rispetto degli altri e
perché appartengo ad un contesto ed usufruisco di questo contesto quindi mi
devo anche sottomettere a fare delle cose che non condivido apertamente.
Nello
stesso tempo, dicevo, ci sono degli aspetti positivi. Personalmente è la
possibilità di lavorare sulla pubblicazione delle mie opere per cui ho vinto un
premio qualche tempo fa (Premio Enap, NdR) e non avrei avuto molto tempo se
non, forse, quest’estate per farlo. È un lavoro molto duro che mi dà un po’ di
sofferenza ma è necessario. In più sto scrivendo anche cose nuove.
Dal
punto di vista più generale un vantaggio è senz'altro che ci siamo resi conto
meglio di che cosa è il teatro. Politicamente, infatti, può essere cancellato
in qualsiasi momento ma è un aspetto invece fondamentale proprio perché privo
di quello che, invece, adesso ci unisce, cioè la tecnologia. Il teatro
rappresenta la vita nuda, il bisogno di tornare a dare valore a quello che è il
nudo nell'arte. La carne dell'attore davanti anche a sole cinque persone
diventa un atto possibile. Non abbiamo bisogno di niente per fare teatro. Nello
stesso tempo però è un atto che la politica ci può vietare. Pertanto, l’arte
non è libera come possiamo pensare perché dipende dal contesto. Essere liberi è
un’illusione, siamo comunque condizionati. Allo stesso tempo però il teatro si
rifonda sempre. Finché c’è uomo c’è teatro, anche se non ci fosse più
tecnologia. Schopenhauer diceva che “coloro che non vanno a teatro sono come
uomini che si fanno la barba senza specchio”.
Sono
anche ottimista con questo surplus di tecnologia. Come i ragazzi adesso, quando
si ritrovano, sentono meno il bisogno di applicazioni, il ritorno al teatro può
diventare necessità di tornare all’aspetto primigenio dell’arte.
L.F.:
Come rappresentante del piccolo grande mondo del teatro indipendente a livello
cittadino e non solo, non hai mai nascosto la tua contrarietà nei confronti
delle disattenzioni e del disinteresse da parte della politica. E anche in
occasione del blocco totale e di fronte ai provvedimenti governativi non hai
risparmiato critiche. Quali sono le necessità del “tuo” teatro che non sono
state soddisfatte? Quali sono le priorità cui sarebbe necessario rispondere?
M.E.:
Innanzitutto un campo sgombro dai pregiudizi. Estetici, politici,
antropologici. Rispetto alla politica, serve un superamento delle diversità,
delle opposte visioni. Io, dirigente, devo essere in grado di accettare le
critiche, devo avere le spalle per farlo. Non può essere che se io ti critico,
poi tu mi escludi. Questo no. Se si arriva a parlare male di una persona senza
conoscerne il lavoro, se si annulla la sua opinione, la dialettica va a
ramengo. Ci può essere antipatia ma bisogna essere in grado di superarla per
includere anche realtà indipendenti. Non chiediamo di diventare determinanti ma
vogliamo stare nel piccolo posto che dobbiamo avere e che ci meritiamo di
avere. E non parlo solo di soldi. Ci sono stati progetti nati dal basso per il
basso che hanno portato dei frutti ma poi non sono stati supportati e quindi
sono naturalmente morti, come nel caso del circuito Sipario Aperto della
Regione Toscana.
Di
conseguenza secondo me siamo arrivati ad un punto in cui spesso è rimasto solo
il teatro di vetrina e questo porta comunque alla morte del teatro perché non
ha più suscitato grandi interessi. Non scandalizza più, non smuove più. Noi
siamo un teatrino di periferia dove ci deve essere una motivazione per venire.
Il Metastasio, ad esempio, ha un sistema grazie al quale attrae il pubblico,
anche se sempre meno. C’è bisogno di lasciar libere energie anche se
controproducenti. Non denigrarle solo perché esse esistono e si manifestano. Io
non ho mai chiesto nulla a nessuno. Non ho nessuna ambizione ma voglio che il
mio resti uno spazio libero. Prima c’erano 7 elementi tra i quali ero la
capocomico. Ora ho tolto tutto. Potremmo già fare teatro tra di noi adesso. Ho
già in mente un protocollo semplice per fare teatro in sicurezza. Talvolta ci
sono molte persone ma talvolta no, quindi siamo già abituati a gestire un
piccolo pubblico. Stiamo aspettando che le autorità ci chiamino per implementare
un protocollo in tutta sicurezza perché il pubblico deve essere tranquillizzato
e deve essere tranquillo. Anche coloro che non la pensano come me e temono un
ritorno dell'epidemia, devono essere giustamente garantiti nel rispetto di
tutti.
L.F.:
Condivido molto questa tua responsabilità civile veramente poco presente in
generale. Forse si tratta solo di una minoranza ma molto rumorosa di fronte ad
una maggioranza che talvolta non fa molta notizia ma c’è. E questo è comunque
l’importante.
Oltre che alla pulizia del teatro, dal punto di vista drammaturgico a cosa ti stai dedicando?
Oltre che alla pulizia del teatro, dal punto di vista drammaturgico a cosa ti stai dedicando?
M.E.:
Vorrei riaprire il teatro con la pubblicazione di cui ti parlavo perché sono
molto prolifica e ho scritto pure troppo. Come autrice ho spesso scritto cose
brutte e come giusto che sia serve il tempo per fare pulizia, appunto. Si
tratta di drammi, commedie e opere per ragazzi in tre volumi. Non sono tutte ma
solo una piccolissima parte però questo mi è stato finanziato e questo faccio.
In
più ho in atto un calendario dei delitti che sto portando avanti. Ogni giorno
un delitto. E’ un'opera tra il teatrale e il non teatrale alla quale lavoro nel
tempo libero, quando mi viene di scrivere. Si tratta di delitti che non si
compiono presentati in forma di monologo da parte di assassini in potenza.
Poi,
oltre ad un dramma che mi è stato commissionato e di cui non posso parlare, ci
sono i cosiddetti “Conversari di Babbo Riveggioli”. Il titolo viene
dall’espressione dialettale “ci rivediamo a Babbo Riveggioli”, usata spesso da
mio padre e che significa sostanzialmente che ci rivedremo dopo la morte. Si
può paragonare ad una specie di Spoon River però fatto al contrario cioè sono
dialoghi in un cimitero nati dal fatto che non ci si poteva entrare mentre io
invece sono una che va a parlare con la nonna e da lì è nata questa cosa. Per
quanto si tratti di qualcosa di comico, non vuole essere offensivo. Non si
parla comunque dell'epidemia anche se il divieto di accesso ai cimiteri ne è
stato il pretesto. In ogni caso non è detto che sarà messo in scena come molto
di quello che scrivo che spesso metto da parte e poi riprendo dopo molto tempo.
Infine,
c'è un'altra cosa in programma che rientra nei Dialoghi dell’impossibile, già
presentati con protagonisti come Federico II, Leonardo, il Datini (Francesco di
Marco Datini, mercante pratese del XIV-XV secolo, NdR) e Clara Calamai. Al
momento è senza un titolo definitivo ma si tratta di un dramma comico tra
Fiorenzo Magni e Gino Bartali. In ogni caso adesso è in standby e sarà da
rivedere perché ogni volta che si confrontano i due, l’uno fascista e l’altro
notoriamente no, si rischia l’effetto bomba ad orologeria. Mi succede spesso di
scrivere qualcosa che poi non posso rappresentare.
L.F.:Una
riflessione personale sul tempo sospeso che ci troviamo a vivere.
M.E.:
Penso che noi attori dovremmo ritrovarci, dovremmo essere più solidali, meno
stupidamente ed infruttuosamente invidiosi, dato che tutto è molto transeunte.
Invece è l'unione che fa la forza. Talvolta siamo stati troppo isolati e non
c’è nessuna lobby che possa rappresentarci.
Che
cosa avremmo fatto oggi senza gli artisti? Senza vedere tutti questi film,
ascoltare queste musiche, ammirare questi ballerini? In questo periodo mi sono
beata anche molto con la danza, con alcuni musicisti degli anni ’60, con musica
anche un po’ alternativa, con vecchi film.
Noi
abbiamo più valore di quello che pensiamo nel senso che dobbiamo imparare da
quelli che ci hanno preceduto che erano in antagonismo, come è giusto essere,
ma che sapevano anche essere solidali. Vedi i registi di alcuni sceneggiati
degli anni ’70 che ho rivisto recentemente.
Il
ruolo dell’Assessore alla Cultura dovrebbe essere questo: riunirci non
solamente per fare progetti ma per farci stare insieme. Ovviamente ognuno ha i
suoi progetti e si confronta su questi ma deve servire anche per conoscerci,
per poter dire magari “guarda, quant’è stronza quella” oppure, al contrario,
per farci ricredere sull’opinione che si ha di qualcuno. Non per fare del
buonismo, dato che mi ritengo l’ultima delle buoniste. I politici demandati a
governare dovrebbero fungere da polo di attrazione nel bene e nel male, da
antenna per convogliare su di loro anche tutte le brutture che ci sono. Non è
detto che chi protesta abbia sempre ragione. Può sbagliare anche lui. Se però
c’è un catalizzatore come un assessore si possono creare i presupposti per
maggiore solidarietà nel settore. Anche il Teatro Metastasio, ad esempio,
potrebbe dare un po’ di spazio a questi artisti locali, magari anche solo ogni
5 anni con una piccola rassegna a loro dedicata. Non solamente per i
giovani, perché così si ottengono soldi con i progetti europei, ma anche per
noi “vecchietti” che possiamo avere delle cose da dire. Negli ultimi tempi è un
po’ assente sul territorio.
In
ogni caso si tratta di pensieri in libertà.
L.F.
Certo. La mia ultima domanda serviva proprio a capire cosa è maturato in questo
tempo sospeso. Nel tuo caso comprendo che si tratta di riflessioni maturate in
un tempo più lungo ma che si sono approfondite a causa di questo arresto
forzato che così forse non accadeva da 75 anni a questa parte, dai tempi della
guerra.
M.E.:
Si infatti. Voglio chiudere dicendo che io sono stata avvantaggiata perché la
creatività aiuta moltissimo a sopportare questi momenti. Magari per la tensione
non si dorme, non si mangia, ci si arrabbia, si massacra il compagno e,
viceversa, si è massacrati dal compagno però la creatività qui trova una giusta
dannazione da cui si possono creare cose che poi magari non saranno neanche
utilizzate. Vedi appunto il recupero di un’espressione popolare secondo me
bellissima che è “ci rivediamo a Babbo Riveggioli” e che mi è tornata in mente
diverse notti fa ripensando a mio babbo che la usava. Nel momento in cui si
affonda nell'abisso abbiamo anche l’opportunità di recuperare, se ne siamo
capaci, però costa tantissimo. La creatività è bellissima ma è anche, appunto,
una dannazione.
Per
saperne di più...
TEATRO
LA BARACCA
La
Baracca, un vero teatro ecologico, è stato per breve periodo incluso nel
circuito ‘Sipario Aperto. Piccoli Teatri della Toscana’, ricevendo un minimo,
davvero minimo sostegno economico, ora non è più finanziato e vive
unicamente della nostra attività, spiega Maila Ermini .
Un
tempo era una baracca di contadini, e nel 1992 cadeva a pezzi. L’ho presa e
ristrutturata.
Ho
rispettato e valorizzato quello che c'era, ci siamo inseriti perfettamente nel
contesto, realizzando un piccolo teatro con materiali riciclati e naturali. E
quando di riciclo non se ne parlava affatto, quando non era di moda; anzi,
quando il solo pensare al riciclo dei materiali era considerato risibile! Senza
chiedere una lira o euro a nessuno. Abbiamo fatto tutto con le nostre mani, io
stessa ci ho lavorato come manovale di mio padre, e ci continuo a lavorare
quotidianamente per le ristrutturazioni, le riparazioni eccetera, a parte gli
elementi imprescindibili per la sicurezza dello stabile che noi da soli non
potevamo effettuare, come l'impianto elettrico a norma, il bagno anche per
disabili, eccetera.
Per
scoprirlo:
Pagina
FB: TEATRO LA BARACCA
Di Serena
Rosati | pubblicato il: 20/05/2019 | Categoria: RECENSIONI FI
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