lunedì 30 novembre 2020

Maradona

Io conosco ben poco della vita e delle gesta del calciatore argentino Diego Armando Maradona, morto alcuni giorni fa. So che era un mito del calcio. 

Oltre al clamore per la sua morte, ho osservato che sulla stampa e altrove si sono formati come due partiti: uno contro, che condannava l'uomo e il suo comportamento 'amorale'  fuori del campo di calcio; uno a favore, che lo definiva, a dispetto di tutto, un genio. E a testimoniarlo, oltre alla sua bravura come calciatore, sarebbe stata, come per i geni della cultura, proprio la sua vita "ribelle", sregolata.

Genio e sregolatezza, uno dei miti inossidabili, avrebbe detto Barthes, che resiste ancora, diritto diritto dal Romanticismo. Come a dire: se non sei sgregolato, non sei genio.

Questi che lo hanno difeso, che mi apparivano in un primo momento più interessanti e convincenti, poi però mi hanno ricordato gli epigoni degli "arrabbiati" di diversi anni fa, che si scagliavano contro il moralismo, la società borghese e i suoi modi, le convenzioni sociali e quanto altro; quella che insomma a livello intellettuale e artistico veniva chiamata la Avanguardia negli anni '60 del Novecento.

Se fosse potuto servire a qualcosa, almeno per il mio modo di vedere, questi epigoni sarebbero stati i benvenuti. Non vado molto d'accordo con i moralisti.

E invece, sotto il mantellino, sotto frasi, fatte, lapidarie e ad effetto, che mitizzano o elogiano il calciatore, vi ho intravisto anche lì maniera, conformismo, astuzia d'impronta mediatica (una frase a difesa del genio scapigliato raccoglie subito il "mi piace"), ad uso proprio e consumo di chi in fondo sta dalla parte dei forti.

Subito l'atteggiamento e la difesa a favore del presunto genio occulta, lo si voglia o no in questo caso, il marcio del sistema calcio; insomma, nasconde il non detto che non si può dire, che serve al movimento di danaro e ai molti interessi, cheinvece sarebbe non conforme evidenziare. E quindi, paradossalmente, questi scapigliati, questi presunti arrabbiati d'antan - che accusano di moralismo coloro che trovano la vita del calciatore piena di vizi e contraddittoria - rimettono il mito in funzione per quello che serve ossia, diciamolo alla vecchia maniera, al capitale, e per cui è spacciato in pompa magna sui giornali.

Essere ricchi e potenti, oltreché mediatici: vale e si difende sempre e ancora quello, a dispetto degli atteggiamenti mostrati.

La cultura della legalità e la tutela dei centri storici

Ricevo un contributo, anche fotografico, del Prof. Giuseppe Centauro, che pubblico.

A questo aggiungo di seguito anche un commento sullo stesso articolo che mi manda Gianfelice D'Accolti.


"La cultura della legalità e la tutela dei centri storici

I centri e borghi storici costituiscono il principale patrimonio culturale italiano. Un patrimonio plasmato dalla storia, equamente distribuito sul territorio nazionale, che finalmente non ha un Nord o un Sud a distinguerlo in pesi e misure diverse. Un patrimonio che non può essere disgiunto dal valore economico che le risorse paesaggistiche e storico-artistiche sono in grado di generare. Queste sono le risorse sulle quali poter oggi contare per il futuro, purché si investa sulla loro preservazione, integrità e corretta fruibilità. L’isolamento pandemico ha messo in evidenza in un sol colpo le bellezze intrinseche di piazze, vie e strade che realizzano il compendio ambientale dei monumenti, ma anche i lasciti talvolta miserevoli del degrado, dell’incuria, dell’incongrua trasformazione che stringe in un morsa questi speciali contesti urbani. Orgoglio e ricchezza delle singole comunità locali e dell’intera nazione, i centri storici maggiori come i più piccoli borghi rappresentano l’ossatura stessa di quei valori materiali ed immateriali che la Costituzione della Repubblica italiana riconosce essere i  motori dello sviluppo culturale della Nazione, stabilendo come un diritto acquisito di ogni cittadino la loro tutela  Ma qual è oggi il loro  stato di conservazione? Qual è la cura e il rispetto che riserviamo a questi luoghi, troppo spesso territori di degrado, di trascuratezza, di abbandono, di illegalità? La pandemia da Covid-19 (prima, durante e dopo il lockdown)  ha avuto forti impatti sui centri storici, specie sui servizi culturali con la chiusura di musei e teatri, biblioteche e scuole, sul commercio e sulla mobilità, fattori che avrebbero dovuto essere il fiore all’occhiello della qualità e del decoro urbano. Tuttavia, sono i fenomeni sociali, riconducibili sia ad un passato più o meno recente che ad una più viva attualità che alterano il volto dei centri antichi stravolgendo il vissuto stesso  di questi luoghi. In particolare, quelle che i sociologi identificano come gentrification e come bad move (malamovida) sono le opposte facce di una stessa medaglia. Tutela e controlli risultano evanescenti, tanto è grande e capillare la dimensione dei risvolti prodotti entro un quadro normativo ancora non del tutto interpretato con coerenza e continuità. In un tale precario equilibrio, e ancor più caotica situazione, una recentissima sentenza della Corte Suprema di Cassazione ha ricondotto la questione della tutela ad una tematica di mera legalità da applicare senza eccezioni nell’ambito dei Centri Storici. Cosa recita la sentenza nel merito di questa problematica?  “/…/ le pubbliche piazze, vie, strade, e altri spazi urbani, laddove rientranti nell’ambito dei Centri Storici, ai sensi del comma 1 e del comma 4, lettera g), dell’articolo 10 del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, sono qualificabili come beni culturali indipendentemente dall’adozione di una dichiarazione di interesse storico-artistico ai sensi degli articoli 12 e 13 del Codice. Tali beni appartenenti a soggetti pubblici sono, quindi, da considerare beni culturali ope legis, rispetto ai quali trovano necessaria applicazione le norme di tutela di cui alla Parte II del Codice fino a quando non intervenga una espressa verifica di interesse in senso contrario ex art. 12”. Questo dettato puntualizzato nella sentenza n. 31521 della Cassazione, depositata in cancelleria lo scorso 21 novembre, è molto chiaro e sintetico. Senza entrare nel merito di come i giudici della Corte Suprema siano giunti a chiarire questo principio,  sembra utile fare alcune considerazioni sugli effetti producibili da questa disposizione per quanto concerne il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente delle nostre città, segnatamente per le parti antiche, già riconosciute e perimetrate di interesse quali i Centri Storici. Com’è noto, il Codice dei Beni Culturali affida alle Soprintendenze l’arduo compito di vigilare affinché questo principio si applichi a tutte le trasformazioni che interessano tali ambiti attraverso opere più o meno incidenti sotto il profilo ambientale e del decoro urbano. Tuttavia, ci pare di dover sottolineare il fatto che, senza un reale coinvolgimento delle comunità insediate e senza una fattiva collaborazione tra l’ente locale e quello sovraordinato questo precetto possa risultare irrealistico, proprio in considerazione della vastità dei fenomeni osservati, ormai dilaganti. Un’ancora di salvezza potrebbe trovarsi in una coerente applicazione della Convenzione di Faro (2005), laddove si riconosce che il diritto all’eredità culturale è legato al diritto a partecipare alla vita culturale. Si sottolinea dunque la responsabilità individuale e collettiva dell’eredità culturale, al suo uso sostenibile, per lo sviluppo umano e la qualità della vita, ma soprattutto la necessità di adottare tutte le misure utili al sostegno verso i processi di sviluppo sostenibile, adoperandosi per raggiungere una maggiore sinergia fra tutti gli attori pubblici, istituzionali e privati coinvolti. In una parola tradurre l’azione di tutela dei Centri Storici in primis in una messa in atto preventiva di provvedimenti ed azioni da attuare sul campo". (Giuseppe Centauro)



Ringrazio Giuseppe Centauro del sapiente articolo su Cultura Commestibile, del cui argomento egli è assoluto padrone e maestro chiarissimo. Senza essere architetto né specialista e nemmeno studioso dilettante dell’argomento, mi prendo la libertà di rispondergli per un dibattito sereno e mi auguro costruttivo. Mi chiedo se il suo articolo sortirá gli effetti che meriterebbe. Gli operatori politici (curioso, li nomino usando la perifrasi ipocrita con cui si evita di chiamare “spazzini” gli operatori ecologici) sono i primi responsabili del dissesto urbano essendo loro stessi gli autori di piani regolatori assassini della viabilità e della vivibilitá; permettendo ai capannoni un improvviso erigersi, ovunque; trasformando le piazze delle nostre città in bar a cielo aperto con karaoke a tutto volume: e solo per menzionare qualche facile esempio. Mi chiedo se basterá una legge della Corte di Cassazione a invertire tendenze consolidate e addirittura benvenute perché spacciate come veicolo di propulsione economica per la città, vettori di turismo e matrici di scambi culturali. Mi chiedo, per esempio, chi comminerà le multe: forse il corpo dei Vigili Urbani sará in grado di multare gli assessori da cui dipendono, primi responsabili del dissesto urbano per avere promosso direttive sbagliate e aver omesso di darne altre? Ci sará forse un giudice che procederá con l’istruzione di una denuncia contro quegli assessori quando, per la maggior parte dei casi, quello stesso giudice milita nello stesso partito degli assessori denunciabili – di giudici non legati ai partiti io non ne so. E la legge in questione, sará retro-attiva o varrá come tutte le leggi solo dal giorno della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale in poi, e chi si é visto si é visto, ciò che é scempio rimarrá scempio? Per cui assisteremo ancora a distruzione, incuria, disinteresse, randagismo condominiale, raffazzonamento cromatico, proliferazione di macdonaldi e kebabbi dentro sotto e sopra le mura con la ragione dell’economia innanzitutto? Una legge per i centri storici, già. Perché,  degradare al di fuori delle mura é forse degradare di meno? Prendiamo il Viadotto del Soccorso: ci passavo oggi pomeriggio in auto: e non è degrado urbano, quello? Ma si aspetta il morto, si aspetta che qualcuno ci caschi giú e si faccia male sul serio e faccia male ad altri sul serio per accorgersene, per disputare, ottimo argomento ad ogni elezione amministrativa; per poi non risolvere nulla. Qualcuno ricorderà a Pistoia, quando una delle tappe del secondo o terzo spettacolo della cittá fu il "Degrado di Pistoia" (ma ahimé fuori dal centro storico) ad ascoltare la Terra Desolata di Eliot: e non vennero i brividi, tanta era la verità “geografica” di quella lirica che sembrava scritta apposta per quel luogo? Dunque, grazie di aver affrontato l'argomento, ma ci sono suggerimenti perché non rimanga solo un articolo di una rivista? Giá sento le proposte del vario assessorume, (che fa tanto rima con cerume):

1)     Affrontare il tema a scuola durante l'ora di educazione civica.

2)     Educare il popolo o la gente o gli individui o le persone o i fedeli (a seconda delle varie temperie partitiche) nei centri sociali o nelle case del popolo o al Rotary o dai Lions o nelle parrocchie.

3)     Forse, ma questo é giá veramente ardito, pericoloso e quasi osceno, auto-punizione! costringere gli assessori ad effettuare due ore al giorno di pulizia fisica dei muri, delle strade, e di quant’altro scempiato, eccetera, eccetera, eccetera, diciamo per tre mesi, alternandosi, ora quello dell’urbanistica, ora quello della Sanitá, poi queloo della Pubblica Istruzione, e quello al Traffico e alla Cultura e cosí via, un po’ per uno, dando l'esempio.

Ecco: dando l'esempio.

(Gianfelice D'Accolti).


sabato 28 novembre 2020

Una petizione contro il massacro della cultura

Se condividete, firmate questa petizione contro il massacro della cultura. E' diretta alle più alte cariche dello Stato. Dovrebbero presentarla i direttori dei vari enti culturali, assessori e cariche varie, ma questo è l'andazzo in Italia e la promuove il singolo cittadino! Serve a poco, ne siamo consapevoli, perché essi si dimostrano sempre più ciechi e sordi. E però crediamo sia giusto non lasciare nulla di intentato.

Per firmare, qui:

http://chng.it/KtVDhfhG


Testo della petizione:

La cultura in Italia sta morendo a causa delle vostre misure assolutistiche che intenderebbero difenderci dalla pandemia da Covid19. Voi pensate che si possa risolvere la mancanza di realtà culturale con lo "streaming" sulle piattaforme digitali. Ma la cultura non si può esaurire sul computer o sullo smarphone! La cultura è socialità, è umanità, è presenza! 

I luoghi della cultura - teatri cinema biblioteche musei - sono  sicuri, si può continuare a farli vivere con le norme che già erano state date, che voi avevate dato, e che, è dimostrato, funzionavano. Molti teatri e cinema hanno speso anche soldi pubblici, i nostri soldi!, per mettersi a norma. Basta con il massacro della civiltà del nostro Paese, l'Italia - e non solo, certo!-  è brutalizzata dall'esclusivo uso del computer come mezzo didattico, informativo, sapienziale e di coltivazione dell'animo!

Chiediamo la riapertura dei luoghi della cultura, con le norme di sicurezza stabilite, al fine anche di poter continuare a tutelare la nostra salute e la salute di tutti.  Mentale e fisica.

Anche la cultura è salute!


venerdì 27 novembre 2020

Giallo Natale (e Befana Rossa)



Giani pensa alla toelettature degli animali, che riapriranno presto. Bene.
Se andiamo avanti così prima Natale riapriranno, fra le altre "cose", anche cinema e teatri.
Come d'altronde è ferma intenzione del Ministro Dario Franceschini, che smania per riaprire tutta la cultura.
Grazie ai nostri politici, avanti così, che meraviglia.
Sarà GIALLO NATALE. Bisognerà però rifare la canzoncina di "Bianco Natale" prima della "BEFANA ROSSA", quando sarà di nuovo tutto chiuso.


giovedì 26 novembre 2020

Nel caso aprissero

 Prove de "I comizi delle streghe". Nel caso aprissero le piste da sci.




Geografa clandestina

Mi affaccio

raccolgo macerie.

E altro dove andare non trovo

altro da fare non ho.

Ogni posto è posto uguale

non serve cambiare.

Non serve l'aereo

la nave

quella che mi lasciarono

gli antenati per viaggiare

non solca più nulla

nello spazio che brucia.

E allora geografa

di meridiani clandestini

mi ritraggo

per andare su

scala infinita

d'una carta ch'è mia

sola.

lunedì 23 novembre 2020

Dario Franceschini, il ministro alla cultura "streaminzita"

Questo impone l'Olanda contro la diffusione dell'epidemia. Teatri e cinema aperti con restrizioni, come erano da noi prima della chiusura assassina da parte di un gruppo di governanti incapaci e, in particolare, di un "MINISTRO ALLA CULTURA STREAMINZITA".



giovedì 19 novembre 2020

IL TEATRO CHE TACE

I teatri, e i cinema, sono ancora chiusi.  E allora Ministro, funzionari, direttori, assessori e altra compagnia, che fanno? Tacciono. Così. Proprio così. Guardate. Ascoltate. Vedete. Tacciono.

Tacciono tacciono  tacciono tacciono tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono  tacciono. 

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(inSEGUE).

L'Affaire Bolano



"L'affaire Bolano": così è chiamata a Prato ormai l'incredibile e vergognosa vicenda che riguarda il monumento di Italo Bolano dedicato a Federico II sulla Tangenziale a Prato, di cui ho già trattato, opera misteriosamente scomparsa a luglio scorso e che il Comune ha fatto riapparire sorprendentemente  il 17 novembre, con il corredo dei media a cui hanno fatto strombazzare la solita verità confezionata,  con foto che ritraggono personaggi ormai estranei alla gestione della cosa pubblica, ma apparsi d'improvviso, mascherati ma pur riconoscibili per chi abbia usanza con la recente storia locale, alla inaugurazione, e in pieno tempo di Zona Rossa. "L'affaire Bolano" ha tutte le caratteristiche della novelletta gialla.

Mi ero ripromessa di non tornare sull'Affaire Bolano, ma alcuni lettori mi hanno chiesto di scrivere un breve riassunto della vicenda, che è questo:

Probabilmente a fine luglio: scompare il monumento.

Il 27 luglio 2020, su questo blog do notizia della sua misteriosa scomparsa. Del monumento resta solo il sostegno, sgangherato.

Il 29 luglio contatto, su suggerimento di un conoscente, un ex-amministratore al tempo della prima posa del monumento nel maggio 2012, il quale mi consiglia di "non sollevare polveroni".  Qualche giorno dopo lo stesso, non più ormai in carica, ma semplice cittadino come me, informa che il monumento è al sicuro, che non ci si deve preoccupare, è in un deposito. Lui lo sa.

Il 10 agosto l'ex-amministratore mi fa sapere che andrà lui stesso a vedere in che condizioni sta l'opera.

Il 17 settembre muore Italo Bolano.

Nel frattempo l'amministrazione comunale a Prato, come al solito in modalità arrogante, non fiata sulla scomparsa del monumento. Nessun comunicato. Tutto sotto traccia. Tutto passato sotto silenzio.

Il 17 novembre l'amministrazione comunale rimette il monumento nel suo posto sulla Tangenziale in corrispondenza di Via Ofelia Giugni, come estraendolo dal suo cappellone magico. Le spese del restauro sono sostenute dalla compagna di Italo Bolano, nonostante il monumento appartenga a tutti i cittadini.

Chi ha sottratto il monumento? La versione ufficiale attribuisce l'atto a un collega invidioso o rancoroso, il quale, dopo aver segato i sostegni, lo avrebbe lasciato il  per terra, dove l'avrebbero trovato gli operai di ALIA deputati al taglio dell'erba, portandolo poi al deposito, se non ricordo male, di Sesto Fiorentino. 

Personalmente nutro alcuni dubbi su questa versione: intanto il sostegno non era stato segato di netto, ma sgangerato e piegato, inclinato, così come io ho potuto osservare; e poi:  non è facile togliere un' opera in vetro e metallo (quanto pesa?) da una strada trafficata come una tangenziale e in corrispondenza di una rotonda e di un sovrappasso pedonale, in piena estate, quando la gente gira anche di notte! Insomma, un'operazione che non si compie in cinque minuti, anche presupponendo che il collega invidioso si sia recato sul posto ben munito di attrezzi! E poi dubito anche perché, com'è risaputo anche da coloro che non frequentano le stanze della psicologia, chi vuole offendere un artista, sfregia la sua opera d'arte, e non la lascia per terra,  la colpisce, eccetera. Anche se  a prova di sassaiola, come ha dichiarato Bolano, l'opera non avrebbe potuto resistere ai colpi di un mazzolo: si tratta pur sempre di vetro!  Senza contare che il maleintenzionato avrebbe agito, dando di mazza, forse più celermente! Possiamo  supporre che l'autore dell'atto si sia impietosito, e abbia solo voluto solo dare una lezione a Italo, che era già gravemente malato in quei giorni?

La versione, già confezionata, è stata consegnata alla stampa e accreditata due giorni fa. Nel frattempo il Comune ha continuato a tacere, o solo aprendo bocca davanti ai media locali e nella consueta modalità arrogante e minacciosa per intimidire gli eventuali distruttuori di opere d'arte, che notoriamente girano a Prato e soprattutto di notte!

Se non è stato il collega invidioso; se non è un furto sui generis e/o su commissione (troppo letterario, vero?, ma quante opere sono svanite nel nulla perché nessuno c'ha fatto caso, e come succede a certi libri nelle biblioteche, che non si trovano più), una versione probabile dei fatti potrebbe essere questa, dando credito agli amici di partito: diciamo che qualcuno, chissà per quale motivo e in che modo, c'era andato a sbattere impunemente, visto che a nessuno sbatteva più nulla del monumento. Chissà. Nessuno nelle stanze di Piazza del Comune si era accorto di nulla. Cosa vuoi, in piena estate...Gli operai di AMA lo hanno trovato per terra, portato al deposito di Sesto (chissà se hanno chiamato il Comune o cosa, non lo sapremo mai), e tutto era destinato a stare ancora un po' nell'edificio del dimenticatoio, se non ci fosse stato il mio articolo che...sollevava il polverone!

So che la signora Alessandra, compagna di Bolano, ha presentato denuncia contro ignoti. A questo punto non so se la faccenda finirà qui o no. Se non altro è probabile che i soliti addetti alla calunnia e allo spregio/sfregio digitalee si mettano all'opera per infangare, deridere o altro, come sono soliti fare ogni volta che si sollevino polveroni o altro di fastidioso.




Blu e la Street Art

Ricevo e pubblico questo articolo sul "writer" Blu, che a Prato ha realizzato il murale "Drawing", ormai consunto nei pressi della Stazione al Serraglio, e sul destino della "Street Art". 

Blu drawing  (ai tempi del coronavirus).

Nel 2006, verso la fine del mese di settembre, un giovane writer di talento che nel giro di qualche anno sarebbe divenuto un capo carismatico della Street Art, realizzò a Prato “Drawing”, un murales assai emblematico sulla genesi e, al tempo stesso, sulla fine dell’Umanità nell’ambito della rassegna “Freeshout. Expressive fair festival”. Il nome di questo artista che ha mosso i primi passi a Bologna, oggi  conosciuto con lo pseudonimo di Blu, è a tutti noto nel mondo dell’arte urbana contemporanea.  A Prato si ha dunque un’importante testimonianza del suo percorso artistico. Si deve considerare quella particolare tematica dipinta in città come una suo  peculiare e profetico marchio di fabbrica, quanto mai di attualità in questo tempo di pandemia mondiale. La tipologia del racconto di Blu è cruda e razionalmente sequenziale nella doppia scansione evolutiva del genere umano che s’incontra seguendo due distinti percorsi: una parte realistica, diremmo darwiniana; l’altra immaginifica, assai personale nella dimostrazione della parte oscura dello sviluppo della società.  Un esito terribile attende l’uomo tanto da sembrare il disegno di Blu una personificazione del coronavirus in quanto entità biologica replicante che si nutre delle cellule del corpo umano fino a consumarsi in esse. La cellula che genera la vita nei modi della rappresentazione di Blu segna l’incipit del mondo animale come dell’uomo che, a differenza degli altri generi animali, si evolve in modo anomalo fino all’autodistruzione quasi che il veleno virale faccia parte del suo stesso DNA, forse già presente in quel primo organismo monocellulare.  Se fosse come racconta  l’artista non ci sarebbe vaccino in grado di debellare una volta per tutte questo endemico parassita, forse curarlo nel breve periodo ma non eliminarlo del tutto perché sempre tornerà in forme e sembianze mutanti per portare a termine la sua missione. La salvezza sembra non trovare spazio in quella visione apocalittica. Ma questo è il segno distintivo di Blu che presto diverrà il cavallo di battaglia di un messaggio ovunque impresso in giro per l’Italia e l’Europa. Un’ineluttabile verità ma anche un monito che tutti possono fissare in modo subliminale nelle menti e nel cuore solo passandoci accanto, anche distrattamente, accanto ad una fermata di autobus, oppure attraversando la strada. Io ho avuto modo di osservarlo in azione in quel suo fare svelto e sicuro, senza tentennamenti, proprio nell’occasione della fiera pratese. Impressionante la sua determinazione e progressione scenica fino ad occupare ogni angolo della superficie muraria disponibile. Oggi, come una meteora quella sua presenza in città è quasi del tutto evaporata, massicciamente scolorita insieme ai suoi disegni a tempera bianca profilati in nero sul muro in cemento del sottopasso ferroviario vicino alla Stazione di Porta al Serraglio. Pur consapevole che il destino della Street Art è quello di trovarsi in luoghi problematici, marginali e reietti nel circuito delle bellezze da visitare nei centri storici e di consumarsi  nel tempo in balia dell’inquinamento atmosferico o delle intemperie, per vivere la sua breve e intensa stagione fra la gente, in mezzo al caos del traffico,  ritengo che si debba fare di tutto per prolungare il tempo vita di quell’opera, proprio per quel suo valore testimoniale che va ben oltre la caducità della vernice.  “L’urlo libero” sottinteso dal titolo di quella rassegna, segnato dalla narrazione visionaria, angosciosa e angosciante, che Blu ha tracciato sul muro,  non poteva in questo momento essere più azzeccato nell’incombenza del distanziamento sociale, della consunzione della libertà individuale, quale antidoto per contrastare il contagio e trovare il coraggio e le giuste energie per  liberarsi dalle scorie del passato e ribellarsi ad un destino diverso da quello provocatoriamente evocato da Blu. (Testo e foto di Giuseppe Centauro).




Rispettivamente, dall'alto in basso: com'era il murale, Blu al lavoro, e com'è oggi.

lunedì 16 novembre 2020

Il monumento a Federico II di Bolano torna sulla Tangenziale a Prato, ovvero come funziona

Sembra che oggi, sotto una pioggia battente e in pieno regime di "Zona Rossa", in modo che alcun cittadino possa essere presente alla nuova posa, e in linea con il comportamento omertoso tenuto sulla faccenda, il Sindaco Biffoni, insieme all'Assessore di Prato Città Curata ricollocheranno ufficialmente il monumento a Federico II di Bolano, situato sulla Tangenziale a Prato (1), che era misteriosamente scomparso, almeno dal 27 luglio, data in cui feci la prima segnalazione su questo blog (2).

Fino ad allora nessuno si era accorto di nulla. 

Il Comune - che subito seppe, dato che si tiene costantemente al corrente anche su quello che qui si scrive -  non ha mai informato i cittadini su che fine avesse fatto quel monumento, o non ha mai rilasciato, per bocca dei suoi rappresentanti, alcuna dichiarazione, che magari ne manifestasse la volontà di recuperarlo in qualche modo.

L'arroganza di cui il potere locale fa triste mostra, anche se ormai si riduce a ben poca cosa, qui si tratta soprattutto di esecutori di una volontà politica ed economica che li mette e li toglie a sua necessità, gli permette di tacere senza incomodi anche delle faccende che riguardano la comunità, e senza vergogna e più facilmente quando si tratta di beni culturali.

Secondo la versione ufficiale autore del misfatto sarebbe un astioso rivale di Bolano che, nottetempo immagino io, per invidia avrebbe manomesso il monumento, lasciandolo poi a terra dopo aver segato i sostegni.

In realtà, e io li ho visti di persona (anche se non ho potuto fare la foticina magica perché non possiedo Smartphone), questi erano stati come strappati e piegati piuttosto maldestramente; ma questi sono dettagli di una testimone, che ormai valgono poco. Anzi nulla. Conta sempre la versione ufficiale, che tramanda la Storia.

E comunque chicchessia abbia compiuto l'atto vandalico, il fatto rimane: il Comune non intende le proprietà comunali come tali; non informa delle cose comuni, e addirittura non paga i restauri dei monumenti che gli appartengono (ci appartengono!) con le casse della comunità: pare infatti che il restauro sia stato pagato dai  familiari dell'artista!

Nonostante nessuno mi abbia citato,  visto che sono una appestata del virus della non conformità,  è resa un po' di giustizia a Bolano grazie ai polveroni che mi si accusa di sollevare, e almeno la decenza è salva.

Ma da questa faccenda, oltre che il solito comportamento sprezzante del potere, viene fuori un monito: che chi comanda e tiene le redini del racconto dominante, trasforma la protesta a suo vantaggio (e spesso non aspetta altro!), e cancella chi non sta al gioco. Anche così è tramandata la tanto celebrata Memoria.

Chi vuole stare orgoglioso dall'altra parte, sulla barricata, lo deve ben sapere.


Post scriptum di non poco conto: l'attuale sindaco di Prato, Matteo Biffoni, che oggi (o rimanderanno per non cambiarsi gli abiti?) si bagnerà il capo nonostante l'ombrello con cui qualcuno lo vorrà proteggere perché diluvia, nel 2012, il giorno 5 maggio ei fu, che sorpresa era allora deputato a Roma!, presente; era insomma corso all'inaugurazione del monumento al mitico Federico II, (figura carica di simbologie e tanto amato da certi illuminati),  perché probabilmente era già stato nominato da chi di dovere, sindaco in pectore.


NOTE

(1)   Città curataLunedì 16 novembre sarà anche riposizionato nella rotatoria di via Giugni il monumento restaurato a lui dedicato

Doppio omaggio di Prato a Federico II, intitolato a lui il giardino di via Pomeria

Prato riserva un doppio omaggio a Federico II di Svevia che al capoluogo tessile ha lasciato il suo monumento più famoso nel mondo, il Castello dell'Imperatore. A lui sarà intitolato il giardino di via Pomeria, in corrispondenza del Cassero: a deciderlo è stata nei giorni scorsi la Commissione Toponomastica per rendere omaggio all'imperatore tedesco, "Stupor mundi", che nel 1248 commissionò l'omonimo Castello, unico esempio di fortezza sveva del centro-nord Italia. Nell'area verde verrà posta una targa commemorativa. 

E lunedì 16 novembre alle 12,30 sarà riposizionato nella rotatoria di via Ofelia Giugni il monumento restaurato dedicato all'imperatore Federico II. L'installazione artistica in ferro e vetro intarsiato colorato è opera dello scultore Italo Bolano, recentemente scomparso. Parteciperà alla cerimonia di inaugurazione il sindaco Matteo Biffoni, l'assessore alla Città Curata Cristina Sanzò e una rappresentanza comunale nel rispetto dell'obbligo di distanziamento e del divieto di assembramento. np     http://comunicati.comune.prato.it/generali/?action=dettaglio&comunicato=14202000000964


(2) (http://primaveradiprato.blogspot.com/2020/07/che-fine-ha-fatto-il-monumento-federico.html).

martedì 10 novembre 2020

La disobbedienza -2

Pur nel rispetto di alcune norme sanitarie,  per tranquillizzare gli altri e non creare dissidi o inutili diverbi con altre persone che la pensano diversamente da me e accettano passivamente questo continuo normativizzare l'esistenza personale da parte di uno Stato (anzi di Stati, ché siamo in Europa), che non rispetta affatto la salute dei cittadini, nonostante mostri di fare il contrario attraverso chiusure e coprifuochi, in sostanza mettendo in campo un costante terrorismo fattuale e mediatico, da oggi mi dichiaro cittadina disobbediente.

In realtà ciò che è ricercato è la nostra costante malattia per strappare totale sudditanza, politica ed economica; anzi di più, si vuole entrare nella nostra vita privata - con il telelavoro e vari comodi apparecchi! - e in particolare con la malattia, addirittura nel corpo, "monitorando e registrando".

Se possibile praticando l'eutanasia sui vecchi; e al riguardo giungono sinistre voci dal Mare del Nord.

Non è sempre possibile, certamente, ma bisogna operare nel migliore dei modi per non cadere nelle mani dei carnefici, e soprattutto non farci cadere i più deboli!

Ridurrò al minimo la mia presenza qui, evitando di affaticare troppo chi da altrove segue i miei scritti, molti dei quale vengono catalogati e addirittura studiati. Ma questo, di cui avevo già detto, non perché io conti qualcosa per loro come persona, o perché vogliano studiare il mio pensiero, posto che abbia valore in sé!

In breve, il titolo spiegherà il motivo dell'assenza.

Ho appena finito di scrivere, un lampo!, un atto unico, che si intitola La disobbedienza, e che conto di rappresentare in modo classico appena possibile. E' opera teatrale, finzione come tale, ma che vuole anche essere documento reale di questi tempi di guerra batteriologica e mediatica, di neo terrorismo di stato; anzi di stati. In questo senso è atto unico in stricto sensu.

Riguardo alla disobbedienza, cito Hannah Arendt: "La disobbedienza civile insorge quando un numero significativo di cittadini si convince che i canali consueti del cambiamento non funzionano più, che non viene più dato ascolto né seguito alle loro rimostranze o che, al contrario, il governo sta cambiando ed è indirizzato o ormai avviato verso una condotta dubbia in termini di costituzionalità e legalità. Gli esempi sono numerosi: si pensi ai sette anni di guerra mai dichiarata al Vietnam, alla crescente influenza dei servizi segreti sugli affari pubblici, alle esplicite o sottilmente velate minacce alle libertà garantite dal Primo emendamento, ai tentativi di privare il Senato dei suoi poteri costituzionali...” (Hannah Arendt).

Salute.

lunedì 9 novembre 2020

IL GOVERNO DEGLI INCAPACI

Avete chiuso teatri e cinema, musei e biblioteche, con il sostegno di un ministro alla cultura tenuto in vita dalle flebo degli accordicchi della politica, e poi una domenica di sole vi siete ritrovati il mondo affollato.
Molto più intelligente e sano sarebbe stato continuare a permettere l'ingresso nei luoghi della cultura con le limitazioni imposte, dove le persone sarebbero state controllate nel loro movimento e preservate, sicuramente più che dalle vostre formule colorate, dal contagio. Come hanno dimostrato i numeri recentemente, quelli che recitate come un perfido mantra ogni giorno "a las cinco de la tarde"!
Ciò avrebbe permesso anche di diversificare, oltreché limitare un po', il movimento della gente.
Un governo inetto a gestire l'epidemia e a impedirne la cura, l'aspetto più grave!
Vedi a Prato, dove si sta demolendo il vecchio ospedale proprio nel momento del disastro epidemico, e bisogna riaprirne un altro di fortuna!
E così l'unica cosa che resta di fare al governo degli incapaci è CHIUDERE TUTTO, rovinando definitivamente l'esistente e l'economia, cancellando il nostro futuro, facendo a pezzi la cultura e  togliendo la speranza a chi ancora può permettersi il lusso di vivere.
IL GOVERNO DEGLI INCAPACI è responsabile di tutto questo. 

mercoledì 4 novembre 2020

LA DISOBBEDIENZA

Il nostro prossimo spettacolo è LA DISOBBEDIENZA, venerdì 4 dicembre ore 21, 15.

Ingresso con biglietto simbolico e prenotazione obbligatoria.




Il senso di questa dittatura

"Il lockdown generale è già stato deciso da tempo. Tutte le oscillazioni di queste settimane sono soltanto gioco del poliziotto buono e cattivo, tattica per imporre la decisione gradualmente, testando volta a volta le reazioni.
Il progetto è chiaro. Non ha niente a che vedere con la situazione sanitaria, che è sotto controllo (salvo le solite inefficienze di certe regioni) e che vede una pressione sugli ospedali inferiore a quella che si verifica abitualmente ogni anno per le epidemie stagionali di influenza. Morti e terapie intensive sono evidentemente in gran parte anziani ammalati di altro, spesso già ricoverati - i dati emergono su scala locale anche se il governo si guarda bene dal chiarirlo a livello nazionale. Se si volesse affrontare seriamente la protezione delle fasce di cittadini a rischio (chiarissimamente individuabili per via statistica) basterebbe monitorare gli anziani con patologie specifiche attraverso medicina di base e Usca, somministrare loro terapie ormai note ai primi sospetti di virus, fornire servizi per evitare loro il più possibile di uscire di casa, e raccomandare ai loro familiari di adottare con loro il più rigoroso distanziamento.
Ma chiaramente di questo a chi governa non importa nulla. Il progetto già pianificato dalla primavera è un altro, e tutto politico: un esperimento di ri-disciplinamento autoritario delle società funzionale ad un modello economico ben preciso.
È un progetto non solo italiano ma europeo, che parte dall'asse franco-tedesco e da Bruxelles, e di cui il governo italiano è solo uno tra gli esecutori. Non bisogna essere complottisti per individuarlo: esso è già palese nella torsione paternalista, eticizzante delle istituzioni Ue di cui Ursula von der Leyen è la garante.
L'obiettivo di queste classi politiche è enfatizzare a dismisura il virus per distruggere quel che resta della piccola e media impresa, del terziario autonomo, degli spazi di formazione, socialità e cultura "fisici", e sostituirli con consumi, intrattenimento, didattica, socialità integralmente digitalizzati, completamente inglobati dalle grandi corporations hi tech globali.
La narrazione terroristica del Covid e i lockdown sono lo strumento per rimpiazzare del tutto la socializzazione con i social, le comunità di scuola e università con la didattica su piattaforma, l'amore e il sesso con il dating virtuale, i ristoranti e i bar con il food delivery, i cinema e i teatri con Netflix, lo shopping con Amazon, i concerti con le dirette a distanza, lo sport con il "workout" casalingo gestito da app, il lavoro con sussidi statali di semi-indigenza, il culto religioso comunitario con una spiritualità solitaria senza nessun rilievo sociale. E, soprattutto, per eliminare ogni forma di associazione culturale, circolo, movimento civico e politico libero, non controllabile, trasformando la società civile in una pluralità di individui isolati che si limitano ad essere followers dei leader politici, in un quotidiano reality show, "profilati" e sottoposti al continuo martellamento delle news unanimi di regime selezionate per loro dai social media depurandole di quelle che loro chiamano fake news, cioè di ogni fonte che non sia approvata dal complesso politico-mediatico mainstream.
L'accelerazione di questa trasformazione permetterebbe, per le élites europee, la saldatura tra il mega-tecno-capitalismo d'oltreoceano, lo statalismo burocratico Ue a economia sussidiata e il modello di mercato autoritario cinese.
L'unico ostacolo che può ancora frapporsi tra il progetto e la sua attuazione è la reazione, la resistenza, la mobilitazione delle società civili europee, dei ceti e delle fasce sociali che si è deciso di sacrificare. Dalla loro capacità di ribellione, dalla loro capacità di coordinarsi, dando vita a un blocco sociale e politico coerente in sostituzione di una rappresentanza politica ormai inesistente, dipende se l'esperimento tecno-autoritario riuscirà o sarà dichiarato fallito, o quanto meno dilazionato."
- Eugenio Capozzi -
Professore Ordinario di Storia Contemporanea presso la facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Napoli

martedì 3 novembre 2020

Perché non dichiarate che il tempo della nuova dittatura è iniziato?

Voi, che ci governate, siete i responsabili della nostra fine.  Perché siamo già morti. Distrutta la nostra vita civile, sociale, politica. Ma chi vi giudicherà? Quale tribunale, quale? 

Non so se sopravviveremo. Intanto i vecchi se ne sono andati. Muti. Ma non a causa del covid. A causa vostra!

Una generazione spazzata via dalla vostra imperizia, dalla corruzione, dal danaro: dalla guerra?

Perché non la dichiarate, se è una guerra? Chi è il nemico? Voi. Quanto ancora dovrete guadagnare e sistemare per porre fine alla vita mostruosa che ci imponete? 

Perché non dichiarate che il tempo della nuova dittatura è iniziato?

"Alcuni dati

Secondo i comunicati ufficiali, i casi positivi di covid-19 in Italia al 28 ottobre sono in tutto 617.000, di cui guariti 279.000. I decessi sono 38.127 (la cifra si riferisce al numero dei positivi, indipendentemente dalla causa effettiva del decesso). I positivi sono nella grande maggioranza quelli che un tempo si definivano portatori sani (ora si chiamano curiosamente “malati non sintomatici”).
La popolazione italiana è 60.391.000. Nel 2017 sono morte in Italia 650.614 persone (nel 2019, 647.000). I decessi per malattie respiratorie nel 2017 sono stati 53.372. Quelli per malattie cardiovascolari 230.283 (dati ISTAT).
Secondo gli studi scientifici, l’IFR (Infection fatality rate, o tasso di mortalità) per il covid-19 è intorno allo 0,6 % (cfr. «Organisms, Journal of biological Sciences», vol. 4, n. 1, 2020, p. 6).
È sulla base di questi dati che le libertà costituzionali sono state sospese, la popolazione è stata terrorizzata, la vita sociale cancellata, la salute mentale e fisica degli uomini gravemente minacciata." (Giorgio Agamben).

https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-alcuni-dati

lunedì 2 novembre 2020

Si provvede a tutto e a tutti: una battuta ai tempi di Hitler

Leggendo in queste notti- perché non si dorme poi così tanto - ho incontrato questa battuta che girava in Germania ai tempi di Hitler:

"Nessuno soffrirà il freddo o la fame; e se qualcuno non terrà conto di questo divieto, finirà in campo di concentramento".

domenica 1 novembre 2020

BANNATA DA SGARBI

Avevo scritto un commento sulla pagina da Sgarbi, e in particolare su un suo post che recitava: "La cultura non si ferma". Più o meno avevo scritto: "La tua no, ma quella del popolo sì" e coloro che gestiscono la sua pagina mi hanno "bannato" subito e sulla sua pagina non posso più commentare. Perché, il mio commento, un commentino nel mare dei commenti che riceve, non corrisponde al vero?

Ho scritto sulla pagina di Sgarbi perché, anche sei non è nel pantheon dei miei preferiti, ultimamente ho seguito alcune sue azioni di protesta in Parlamento contro il Governo.

Tuttavia il critico-politico-sindaco non mi ha mai convinto, perché spesso ha usato e usa la parola nella forma abbreviata del non-dialogo, ossia l'offesa, e addirittura scrivendone libri, umiliando chi lo attacca e liquidando così ogni forma di opposizione e dialettica, con il plauso del popolino, che applaude al massacro dell'oppositore di turno.

Coloro che gestiscono la sua pagina non mi hanno certo offeso, ma eliminato perché una domanda così semplice è stata evidentemente percepita come pericolosa.

Non mi importa nulla, i discorsi sui social o altro se li porta via il vento, ma resta il fatto che la cultura del popolo, (quella dal basso di cui si parlava ancora venti anni o trenta anni fa intendo, perché il popolo non esiste più, quella non finanziata e foraggiata, o slegata dai contesti del potere politico), quella là, quando più o meno appare, per sbaglio, ogni tanto qualche illuso crede di potercela fare, la cancellano subito e la calpestano. Non porta soldi, non porta consenso. Via.

Le conseguenze che vediamo sono sotto gli occhi di chi ha la forza di guardare. Non esiste cultura, non esiste parola che non sia inscritta nel cerchio magico del potere e del consenso.

E' importante non farci ingannare, come siamo soliti, la gente ha questa grande capacità di farsi abbagliare dal salvatore di turno; è evidente, e proprio da queste piccole cose che possono sembrare irrilevanti, che coloro, fra i politici o altro, che possono aiutarci dal disastro umano ed economico e culturale, dall'oppressione e dal dominio di questi tempi, non sono ancora fra noi. Quelli che ora sostengono di poterlo fare, appartengono ancora una volta alla casta, e almeno a me, non servono.

Le parti in commedia: un articolo di Gramellini

Un articolo di Massimo Gramellini non deve illuderci: il giornalista polemizza contro la chiusura dei teatri, ma non ci lasciamo trarre in inganno: come l'opposizione del Governatori di qualche giorno fa al nuovo Dpcm, anche questa è una delle tanti parti in commedia del giornaloni (questo il Corriere), tutti in difesa delle "chiusure massime".



Un invito per i 20 anni dei Celestini

 Per stasera, 21 dicembre, ore 20,45 alla Baracca.