"Vogliamo i colonnelli" è un film di Monicelli con Ugo Tognazzi. Un classico che si rifa agli anni del Golpe Borghese del 1970. Una volta erano più rozzi, ora molto più raffinati nel compiere le dittature, anche se i colonnelli ci sono sempre alla bisogna (la nomina del generale Figliuolo a gestire la pandemia lo dimostra), nella democrazia che ha buttato nel cesso tutti i diritti democratici.
Purtroppo oggi un film del genere non si potrebbe nemmeno pensare di riproporre, attualizzandolo ai nostri giorni, perché, come dico da tempo, il cinema, come altre arti, è totalmente conformista - per me noioso e spesso dialoghi la cui fine anche un non specialista potrebbe già delineare alle prime battute della pellicola (ah, la pellicola!), con fotografia omologata e attori che spesso recitano lasciamo stare ecc. - o falsamente alternativo, visto che è finanziato o dalla presente locale dittatura politica - le "film commission" - o da società che tutto vogliono fuorché un cinema che parli altri linguaggi, che abitui lo spettatore ad altre visioni del mondo. Tant'è che sono loro a far morire le sale cinematografiche.
Si propone un cinema violento, piagnucoloso, o falsamente sentimentale, che deve essere rispettoso dei diritti, che non esistono più, e sono proprio i meccanismi che sottendono a questa produzione a contribuire a distruggerli.
Ma guai a dirlo.
Ora gli spettatori sono abituati a quel linguaggio, a quelle riprese, a quelle "serie" e ti guardano come un marziano se dici loro queste cose.
L'attuale industria cinematografica è sostegno della presente dittatura economica digitale ed ha un programma ben preciso da svolgere, e nessuno può distoglierla da tale compito.
I premi che vengono dati in questo contesto hanno un sapore d'inganno assoluto, e mancano gli artisti del gran rifiuto, o le famose assenze alla Brando o Allen.
Come mancano i vecchi produttori capitalisti d'antan, che i bravi registi-sceneggiatori raggiravano quasi sempre nella loro ricerca di autonomia e indipendenza artistica.
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