domenica 12 giugno 2016

Il calcio come una piccola guerra europea

In questi giorni si giocano i campionati europei di calcio, ma si assiste a tutt'altro che a giochi e partite, solo a violenza fra tifosi di squadre opposte.

Questo calcio io l'ho eliminato da tempo dalla mia vita.
Non mi piace perché è troppo legato ai soldi.
Non mi piace perché spesso è corrotto.
Non mi piace perché genera violenza.
Non mi piace perché non dà spettacolo sportivo.
Non mi piace perché lo spettacolo è ormai fuori dello stadio.
Non mi piace perché esprime il peggio del genere maschile e, ultimamente in televisione anche femminile tramite le donne commentatrici bambolotte (e questo viene visto come conquista femminile!).
Non mi piace perché le squadre di calcio non esprimono più un concetto di gioiosa appartenenza al territorio.
Non mi piace perché è uno sport dove solo gli uomini maschi sono valorizzati.
Non mi piace perché alla fine non si valorizzano nemmeno gli uomini maschi se non in senso economico bruto, come pedine di un gioco che non è quello sportivo.
Non mi piace perché, nonostante i calciatori non siano legati al territorio della loro squadra, scioccamente i tifosi li considerano tali.
Non mi piace perché questo  calcio genera tifoserie malate.
Non mi piace perché questo calcio apre scenari che mi fanno paura, che assomigliano alla guerra.


Non mi piace perché grazie a un libro di Carlo Petrini, Nel fango del dio pallone, ho capito cosa c'è dietro il gioco del calcio e dietro le prestazioni dei calciatori (e di molti sportivi in genere).

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