Ricevo un contributo, anche fotografico, del Prof. Giuseppe Centauro, che pubblico.
A questo aggiungo di seguito anche un commento sullo stesso articolo che mi manda Gianfelice D'Accolti.
"La cultura della legalità e la tutela dei centri storici
I centri e borghi
storici costituiscono il principale patrimonio culturale italiano. Un
patrimonio plasmato dalla storia, equamente distribuito sul territorio nazionale,
che finalmente non ha un Nord o un Sud a distinguerlo in pesi e misure diverse.
Un patrimonio che non può essere disgiunto dal valore economico che le risorse paesaggistiche
e storico-artistiche sono in grado di generare. Queste sono le risorse sulle
quali poter oggi contare per il futuro, purché si investa sulla loro
preservazione, integrità e corretta fruibilità. L’isolamento pandemico ha messo
in evidenza in un sol colpo le bellezze intrinseche di piazze, vie e strade che
realizzano il compendio ambientale dei monumenti, ma anche i lasciti talvolta miserevoli
del degrado, dell’incuria, dell’incongrua trasformazione che stringe in un
morsa questi speciali contesti urbani. Orgoglio e ricchezza delle singole
comunità locali e dell’intera nazione, i centri storici maggiori come i più
piccoli borghi rappresentano l’ossatura stessa di quei valori materiali ed
immateriali che la Costituzione della Repubblica italiana riconosce essere i motori dello sviluppo culturale della Nazione,
stabilendo come un diritto acquisito di ogni cittadino la loro tutela Ma qual è oggi il loro stato di conservazione? Qual è la cura e il
rispetto che riserviamo a questi luoghi, troppo spesso territori di degrado, di
trascuratezza, di abbandono, di illegalità? La pandemia da Covid-19 (prima,
durante e dopo il lockdown) ha avuto
forti impatti sui centri storici, specie sui servizi culturali con la chiusura
di musei e teatri, biblioteche e scuole, sul commercio e sulla mobilità,
fattori che avrebbero dovuto essere il fiore all’occhiello della qualità e del
decoro urbano. Tuttavia, sono i fenomeni sociali, riconducibili sia ad un
passato più o meno recente che ad una più viva attualità che alterano il volto
dei centri antichi stravolgendo il vissuto stesso di questi luoghi. In particolare, quelle che i
sociologi identificano come gentrification e come bad move (malamovida)
sono le opposte facce di una stessa medaglia. Tutela e controlli risultano
evanescenti, tanto è grande e capillare la dimensione dei risvolti prodotti entro
un quadro normativo ancora non del tutto interpretato con coerenza e continuità.
In un tale precario equilibrio, e ancor più caotica situazione, una recentissima
sentenza della Corte Suprema di Cassazione ha ricondotto la questione della tutela
ad una tematica di mera legalità da applicare senza eccezioni nell’ambito dei
Centri Storici. Cosa recita la sentenza nel merito di questa problematica?
“/…/ le pubbliche piazze, vie, strade, e altri spazi urbani, laddove
rientranti nell’ambito dei Centri Storici, ai sensi del comma 1 e del comma 4,
lettera g), dell’articolo 10 del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, sono
qualificabili come beni culturali indipendentemente dall’adozione di una
dichiarazione di interesse storico-artistico ai sensi degli articoli 12 e 13
del Codice. Tali beni appartenenti a soggetti pubblici sono, quindi, da considerare
beni culturali ope legis, rispetto ai quali trovano necessaria applicazione le
norme di tutela di cui alla Parte II del Codice fino a quando non intervenga
una espressa verifica di interesse in senso contrario ex art. 12”. Questo dettato
puntualizzato nella sentenza n. 31521 della Cassazione, depositata in
cancelleria lo scorso 21 novembre, è molto chiaro e sintetico. Senza entrare
nel merito di come i giudici della Corte Suprema siano giunti a chiarire questo
principio, sembra utile fare alcune considerazioni
sugli effetti producibili da questa disposizione per quanto concerne il
rispetto e la salvaguardia dell’ambiente delle nostre città, segnatamente per
le parti antiche, già riconosciute e perimetrate di interesse quali i Centri
Storici. Com’è noto, il Codice dei Beni Culturali affida alle Soprintendenze
l’arduo compito di vigilare affinché questo principio si applichi a tutte le
trasformazioni che interessano tali ambiti attraverso opere più o meno incidenti
sotto il profilo ambientale e del decoro urbano. Tuttavia, ci pare di dover
sottolineare il fatto che, senza un reale coinvolgimento delle comunità
insediate e senza una fattiva collaborazione tra l’ente locale e quello
sovraordinato questo precetto possa risultare irrealistico, proprio in considerazione
della vastità dei fenomeni osservati, ormai dilaganti. Un’ancora di salvezza
potrebbe trovarsi in una coerente applicazione della Convenzione di Faro (2005),
laddove si riconosce che il diritto all’eredità culturale è legato al
diritto a partecipare alla vita culturale. Si sottolinea dunque la
responsabilità individuale e collettiva dell’eredità culturale, al suo
uso sostenibile, per lo sviluppo umano e la qualità della vita, ma soprattutto la
necessità di adottare tutte le misure utili al sostegno verso i processi di
sviluppo sostenibile, adoperandosi per raggiungere una maggiore sinergia fra
tutti gli attori pubblici, istituzionali e privati coinvolti. In una parola
tradurre l’azione di tutela dei Centri Storici in primis in una messa in atto
preventiva di provvedimenti ed azioni da attuare sul campo". (Giuseppe Centauro)
Ringrazio Giuseppe Centauro del
sapiente articolo su Cultura Commestibile, del cui argomento egli è assoluto padrone
e maestro chiarissimo. Senza essere architetto né specialista e nemmeno
studioso dilettante dell’argomento, mi prendo la libertà di rispondergli per un
dibattito sereno e mi auguro costruttivo. Mi chiedo se il suo articolo sortirá
gli effetti che meriterebbe. Gli operatori politici (curioso, li nomino usando
la perifrasi ipocrita con cui si evita di chiamare “spazzini” gli operatori
ecologici) sono i primi responsabili del dissesto urbano essendo loro stessi gli
autori di piani regolatori assassini della viabilità e della vivibilitá;
permettendo ai capannoni un improvviso erigersi, ovunque; trasformando le
piazze delle nostre città in bar a cielo aperto con karaoke a tutto volume: e
solo per menzionare qualche facile esempio. Mi chiedo se basterá una legge
della Corte di Cassazione a invertire tendenze consolidate e addirittura benvenute
perché spacciate come veicolo di propulsione economica per la città, vettori di
turismo e matrici di scambi culturali. Mi chiedo, per esempio, chi comminerà le
multe: forse il corpo dei Vigili Urbani sará in grado di multare gli assessori
da cui dipendono, primi responsabili del dissesto urbano per avere promosso
direttive sbagliate e aver omesso di darne altre? Ci sará forse un giudice che
procederá con l’istruzione di una denuncia contro quegli assessori quando, per
la maggior parte dei casi, quello stesso giudice milita nello stesso partito
degli assessori denunciabili – di giudici non legati ai partiti io non ne so. E
la legge in questione, sará retro-attiva o varrá come tutte le leggi solo dal
giorno della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale in poi, e chi si é visto
si é visto, ciò che é scempio rimarrá scempio? Per cui assisteremo ancora a
distruzione, incuria, disinteresse, randagismo condominiale, raffazzonamento
cromatico, proliferazione di macdonaldi
e kebabbi dentro sotto e sopra le
mura con la ragione dell’economia innanzitutto? Una legge per i centri storici,
già. Perché, degradare al di fuori delle
mura é forse degradare di meno? Prendiamo il Viadotto del Soccorso: ci passavo
oggi pomeriggio in auto: e non è degrado urbano, quello? Ma si aspetta il
morto, si aspetta che qualcuno ci caschi giú e si faccia male sul serio e
faccia male ad altri sul serio per accorgersene, per disputare, ottimo
argomento ad ogni elezione amministrativa; per poi non risolvere nulla. Qualcuno
ricorderà a Pistoia, quando una delle tappe del secondo o terzo spettacolo
della cittá fu il "Degrado di Pistoia" (ma ahimé fuori dal centro
storico) ad ascoltare la Terra Desolata di Eliot: e non vennero i brividi,
tanta era la verità “geografica” di quella lirica che sembrava scritta apposta
per quel luogo? Dunque, grazie di aver affrontato l'argomento, ma ci sono
suggerimenti perché non rimanga solo un articolo di una rivista? Giá sento le
proposte del vario assessorume, (che fa tanto rima con cerume):
1) Affrontare il tema a scuola durante l'ora di educazione civica.
2) Educare il popolo o la gente o gli individui o le persone o i fedeli
(a seconda delle varie temperie partitiche) nei centri sociali o nelle case del
popolo o al Rotary o dai Lions o nelle parrocchie.
3) Forse, ma questo é giá veramente ardito, pericoloso e quasi osceno, auto-punizione!
costringere gli assessori ad effettuare due ore al giorno di pulizia fisica dei
muri, delle strade, e di quant’altro scempiato, eccetera, eccetera, eccetera, diciamo
per tre mesi, alternandosi, ora quello dell’urbanistica, ora quello della
Sanitá, poi queloo della Pubblica Istruzione, e quello al Traffico e alla
Cultura e cosí via, un po’ per uno, dando l'esempio.
Ecco: dando
l'esempio.
(Gianfelice D'Accolti).
1 commento:
Il commento di Gianfelice D'Accolti è molto stimolantee mi suggerisce di rispondere a mia volta nella speranza di aprire un dibattito fra i lettori del blog "Primavera di Prato" e non solo. Di solito rispondo privatamente con mail o sms alle molteplici e puntuali sollecitazioni che Maila lancia attraverso questo pubblico diario, in questo caso dato che il sasso nello stagno l'ho gettato io, credo che spetti ancora al sottoscritto aggiungere alcune altre considerazioni rispetto a quanto espresso molto bene e in maniera condivisibile da Gianfelice che approfitto qui per ringraziare anche per le belle parole spese nei miei confronti.
Come promuovere nel pubblico e nel privato la cultura della legalità, intesa come rispetto delle regole nei confronti dei cosiddetti "beni pubblici, in quanto "beni di tutti", come lo sono gli spazi aperti della città in genere e le piazze, le vie e le strade dei centri storici in particolare? La tenuta di questi beni che essendo nella disponibilità di ciascuno di noi finiscono spesso per essere o divenire "beni di nessuno" dipende esclusivamente da noi, specie sotto il profilo del rispetto per quanto attiene alle più elementari regole compotamentali, ma non solo, perchè aggiungerei (per chi di dovere istituzionale) alla manutenzione e alla cura dei luoghi in quanto entità fisiche secondo i dettami costituzionali, prima ancora che per i doveri di vigilanza e di tutela che pure ad essi competono.
Che fare, dunque? Credo che la prima regola sia quella di non restare mai passivi di fronte al degrado, all'inosservanza delle leggi, dei possibili comportamenti incivili e così via dicendo. In secondo luogo di adoperarsi sempre per il meglio attraverso l'esempio e l'educazione da impartire ai più giovani al fine di instillare atteggiamenti positivi e di attenzione verso tutto ciò che ci circonda e che, in particolare, riguarda il patrimonio ambientale e culturale. La cultura della legalità alla base di una tutela attiva del patrimonio passa per la conoscenza delle risorse che abbiamo ereditato dal passato e che è nostro dovere preservare per noi stessi e per le generazioni future. (Giuseppe Centauro)
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