Ieri sera, giovedì 29 giugno, ho replicato, nell'ambito della Pratestate, Io Malaparto, Lettere a Curzio a Palazzo Datini a Prato.
Il pubblico ha commentato lo spettacolo con un lungo applauso, e poi le persone sono venute anche ad esprimermi singolarmente la loro soddisfazione.
Grazie. E' stata una serata molto significativa.
Ho scritto più lettere di quelle che ho letto, ma mi sono limitata nella scelta, aggiungendo, rispetto alle repliche precedenti, una canzone finale e altri dettagli importanti che ora non elenco.
E forse, dopo aver approfondito il personaggio Malaparte e alcuni suoi testi, ho recitato con maggiore consapevolezza e forza.
Trascrivo due commenti:
"Bello sentire parlare senza peli sulla lingua. Peccato che questa lingua si senta solo a teatro e nella letteratura, non recitata. ormai considerato pezzo da museo. Che bello se questa lingua parlasse anche fuori, nella vita di tutti i giorni. Brava Ermini, continua a scrivere e a parlarci" (Irene Calamai).
"Cara Maila, mi sono divertito tantissimo a sentire una pratese come me parlare di Prato e i suoi pratesi in modo ironico, tragico ed irriverente come io ti ho insegnato. A presto, Curzio" (Camilla).
Rammento la replica di IO MALAPARTO, le mieLettere a Curzio a Palazzo Datini a Prato giovedì 29 giugno.
L'ingresso è libero, senza prenotazione. Questo vuol dire che chi prima arriva...
Si fa un gran parlare di Malaparte, ma pochi continuano a leggerlo e a conoscerlo veramente. Malaparte continua soprattutto a essere un "personaggio".
Ricordo, tanto per uscire dal bozzetto provinciale, che la Biblioteca Malapartiana non si trova a Prato, ma a Milano (Fondazione Biblioteca di Via Senato), con tutti i manoscritti.
Il Comune di Prato se li lasciò sfuggire senza troppi dolori di corpo. Furono comprati da Dell'Utri, amico di Berlusconi e tra i fondatori di Forza Italia eccetera eccetera.
Per un caso singolare il nome di Dell'Utri è legato anche alla scomparsa del famoso capitolo perduto di Petrolio di Pasolini, il famosissimo "Lampi sull'Eni". Capitolo che avrebbe dovuto essere presentato a Milano, in occasione dell'apertura del XXI mostra del Libro Antico nel 2010. Ma la presentazione non avvenne mai. Stando alle dichiarazioni di Dell'Utri, la persona che gli aveva mostrato il capitolo (78 pagine), di cui si è sempre rifiutato di fornire l'identità, non glielo consegnò mai.
Come introvabile è anche il corpus epistolario di Malaparte, lui che di lettere ne scrisse tantissime. Ma di questo e di altro parlerò nel mio spettacolo.
Invece martedì 4 luglio alle ore 21,0, al Pereto della Baracca, torna SON CAVOLI MIEI, Confessioni di un'ortolana
La storia della maestra Violina è una piccola celebrazione della sapienza antica, della manualità, della vita che può essere ricca anche con le cose semplici, ma, allo stesso tempo, si presenta anche come una storia comica contro la maldicenza e l'invidia per la felicità altrui.
Fa da cornice un piccolo paese dove si muovono gli sviluppi delle piccole scoperte di Violina, con un approccio alla vita completamente diverso. La cura dell'orto del suocero Ugo è il punto chiave della trama comica che si aggroviglia in intricate ed inaspettate situazioni.
Lo spettacolo debuttò l'anno passato proprio al Pereto in anteprima, ma quest'anno ha assunto una forma più propriamente teatrale.
Alla Baracca la prenotazione è gradita. Si entra con offerta libera, minimo 5 euro, che serve per il teatro.
Le attività della Baracca non ricevono finanziamenti.
anche tu fosti attratto dalla politica, ti lusingò e ti candidasti per le elezioni amministrative. Era il 1956, un anno prima della tua morte.
Non fosti eletto perché chissà avevi scelto il partito sbagliato, quello repubblicano?
Un passato troppo fascista, compromesso, e sempre a contatto con i potenti.
Tenesti un comizio in piazza San Francesco e poi uno al Metastasio, dove fra l'altro non ti permisero di rappresentare il tuo varietà satirico, Sexophone! (Quelli là non son cambiati, ti assicuro...).
Sai, nel tempo tuo la politica aveva un certo sapore e spessore, come anche la satira - che ora si vede solo in televisione dove possono andarci solo i figli di Dino, e ti puoi immaginare che tipo di satira sfornano,!-, e cambiava se non proprio le cose, la prospettiva. Nutriva la speranza. Ora la politica serve solo ad assegnare incarichi e poltrone.
E' come un premio. Serate di gala, mattinate di qua e di là, tagli di nastri, soprattutto per raccogliere i prossimi voti, e applausi e foto sorridenti da mettere sui social...
I politici sono diventati i guardiani del sistema, non propulsori del cambiamento.
Se segui l'operato di una giunta comunale, e basta che tu prenda una qualsiasi città, ti rendi conto che, alla fine del mandato, nulla si è modificato o molto poco dal suo inizio.
E' come sei il meccanismo dell'alternanza, del cambiamento, dell'azione, del fare, oltreché delle idee che muovevano il tutto, si fosse bloccato.
Le giunte si insediano, e drammaticamente, l'una quasi vale l'altra. Anche se cambiano i fattori, il risultato non cambia. Proprietà commutativa della politica!
(...)
Poi tu non fosti eletto, e ti arrabbiasti parecchio: sbattesti la porta e a Prato ci sei tornato solo da morto. In pompa magna.
Non so, è divertente e anche un po' strano, molto spesso, quando presentano i miei spettacoli, c'è un errore.
Franco Riccomini, giornalista de La Nazione, mi diceva, ridendo, che il più delle volte lo facevano apposta. Nel migliore dei casi per incuria, che vanno di fretta e non gliene importa niente.
Lui per anni scrisse che il mio teatro si trovava a Galciana, e non a Casale. E un giorno, chiedendogli se lui lo facesse apposta, mi rispose..."Forse".
L'ultima è questa, hanno sbagliato il luogo della rappresentazione di Io malaparto di giovedì prossimo.
Comunque, dopo mia segnalazione, hanno subito corretto, inviando un messaggio specifico: recito a Palazzo Datini.
Forse è lo scotto che pago per "malapartare", cioè stare dalla parte sbagliata, o meglio da nessuna parte?
In questi giorni tutti levano osanna per la costruzione della ciclovia fra Prato e Firenze, ma non c'è altro da fare, la Piana è diventata un ammasso di calcestruzzo, strade, elettrodotti.
Qui come altrove. Coloro che si muovono in bici o a piedi ormai sono confinati nelle ciclo-riserve, come gli indiani. Pena la vita.
Il mondo prolifera di macchine potenti e aggressive, sempre più veloci e intelligenti, e nessuno vuole o può pensare di fermarle, essendo costretti a vivere quella strana situazione d'essere insieme colpevoli e vittime.
Le ciclovie si fanno per le automobili. Ma non lo dite, nessuno vi crederebbe.
Alcuni mi hanno chiesto quando replicherò Francesco Carletti, negriero fiorentino. Sarà in autunno, appena possibile.
Si tratta di quegli spettacoli, chiamamolo così, che faccio senza pensare a cosa sarà dopo, se avrà e come quale vita, per la voglia e la gioia di farlo.
Al pubblico è piaciuto. Ivano ha scritto:
"Dello spettacolo sul Carletti...dico che è davvero incredibile che un piccolo teatro privato, per me periferico -io da Firenze -, si occupi di questi argomenti, che faccia rivivere un singolare e sconosciuto mercante, mentre i Comuni siano spesso impegnati solo a organizzare aperitivi, arene e karaoke! Una serata interessante, e una lezione... spettacolare. Bello e coraggioso. Lunga vita alla Baracca."
tra qualche giorno, giovedì 29 giugno, leggerò di nuovo le lettere che ti ho scritto e scrivo a Palazzo Datini, con qualche novità rispetto al debutto di qualche mese fa alla Baracca.
Come allora farò ascoltare alcune interviste a te e su di te.
Tu non eri certo un esempio di virtù, ma udendo la tua voce, oltre alla tua gigioneria, al narcisismo, insomma alla pura vanità che caratterizzava il tuo personaggio, riluce la ricchezza della tua cultura, la sapienza nell'uso della lingua, anche popolare.
Contrasta il tuo modo fluido di parlare, dal lessico ricco e vivace, con lo smorto e misero nostro! Come è striminzita e senza grazia, e singhiozzante la lingua che parliamo!
E pure tu usi parole semplici, non ti gonfi e adorni con artifici retorici.
Ricordo i miei vecchi, come sapevano parlare e discorrere, che incanto le loro storie, erano per me puro nutrimento di sentimenti e idee.
Bisogna continuare a novellare come loro ci insegnarono, e arricchire il nostro linguaggio con il dialetto e la lingua antica, ché il rischio della dittatura del mondo si intravede anche in questo costringerci comodamente all'uso di poche e solitarie, brutali e mute parole. Preferiamo muovere le mani sulla tastiera piuttosto che articolare la voce e ascoltare la viva dell'altro: i messaggini ormai sono fra i peggiori nemici del nostro linguaggio (e quindi della nostra arte e della politica?).
E forse è questo il senso di quando, rispondendo alle critiche che muovevano al giornalista Malaparte, tu sostenevi che la realtà va inventata e abbellita: non tanto per perpetuare la menzogna, ma per rendere quellamigliore, affinché la brutalità e la violenza, la barbarie non abbiano sempre la meglio, come pare che sia.
Ringrazio, che bel titolo (credo che sia di Anna Beltrame), ci piace e vogliamo essere il "teatro delle idee". Almeno quelle, visto che non si prende un centesimo pubblico! L'ingresso è a offerta libera minimo 5, e serve proprio per il teatro.
Stasera iniziamo con i "libri pericolosi", quello del mercante fiorentino Francesco Carletti, che davvero portato a teatro è una assoluta novità.
P.S. Come sarebbe stato felice Fulvio Silvestrini, mi avrebbe chiamato, e avrebbe esultato come un bambino: "Che bello, che bello! Viva le idee", avrebbe detto.
Non so a me se mi garbano tutti questi lutti gridati a destra e a manca che servono alle autorità e ai gotha mediatici per mettersi in mostra e lustrarsi, ma sia.
A Francesco intitoleranno gli spazi di Manifatture Digitali Cinema, in quel di Santa Caterina a Prato, là dove io ho lasciato i miei ricordi peggiori, quando c'erano le suore cattive che torturavano, letteralmente! le bambine mancine, o quelle che erano birbanti e disobbedienti...
Come hanno fatto presto con Francesco.
Con Fulvio Silvestrini tardano a intitolargli la sala dell'emeroteca della Biblioteca Lazzerini di Prato, e addirittura hanno bisogno delle firme, e non si tratta di una via...(qualcuno s'è appropriato della mia idea dell'emeroteca, senza citarmi ovviamente, ma gliela intitolino e chissenefrega).
Ma sia, per Francesco va bene tutto, anche se lui mancava da tanto dalla sua città, abitava ai Parioli a Roma, s'era romanizzato come Benigni. I comici, e lo disse proprio Cecco, fanno tanti soldi e quindi, lo dico io, devono stare in certi posti.
Il film di Nuti che più mi piace è Madonna che silenzio c'è stasera, che è quasi un documentario della Prato degli anni '80, ma non è diretto da Francesco, anche se l'idea è tutta sua e lui ne è lo stralunato protagonista. Il film è di Maurizio Ponzi, che fu assistente di Pasolini, fu lui a rendere famoso Francesco Nuti.
La fama è questa: il giorno del tuo funerale c'è il lutto nella città dove sei nato e ti intitolano una stanza da qualche parte.
Francesco era un valido attore, oltre che una persona dolcissima e simpatica, aveva estro nelle storie, ma l'incaponirsi nel voler fare il regista forse non gli ha portato fortuna.
Ieri la Nazione ha pubblicato il ricordo che gli ho dedicato, quello che ho messo qui mercoledì e in cui lo raffronto a Benigni (l'hanno un po' tagliuzzato per la verità ma grazie lo stesso), e oggi pubblica l'intervista su Francesco a Maurizio Ponzi, di cui qualcuno, prima che muoia, spero si ricordi: è un validissimo e onesto (e non è poco in quell'ambiente) regista.
Apro il cassetto dei ricordi e stamani trovo Francesco Nuti, morto ieri dopo anni di malattia, e che conobbi alla fine degli anni '70, una sera, quando venne a bere a casa nostra dopo un recital in una piazzetta della Chiesanuova, a Prato, per la Pratestate.
Simpatico. Dal sorriso irresistibile. Una bellissima voce, chiara, pulita, dalla vocalità estesa, larga, alla toscana.
Mio padre conosceva il suo, gli aveva costruito la casa a Narnali in quel di Prato. Ma a Prato lo conoscevano in tanti, perché il suo babbo vi faceva il barbiere...Mio fratello prese qualche lezione di matematica dal suo di fratello, Giovanni, e mi ricordo anche di essere stata a casa Nuti proprio con mio padre.
Ma Francesco già era diventato un personaggio, volato in quel di Roma.
Malinconico, sì. Era questa la sua forza comica. E seduttore all'apparenza imbranato.
Molto diverso dall'altro comico "pratese", Roberto Benigni.
Benigni malinconico non lo era mai sulla scena, lui era di un solo colore, marionetta impertinente. Mai chiaroscuro, tutta luce. E per creare lo scuro o polo negativo, essenziale per far ridere o sviluppar la storia, Roberto prendeva a suo fianco Carlo Monni, per esempio.
Carlo mi raccontava di come Benigni fosse preciso, studioso, attento, come nulla lasciasse al caso. E quindi non stupisce affatto che si sia occupato di Dante, o della Costituzione, che la sua parabola, ben pensata e costruita dopo aver smesso i panni del buffone, ormai troppo compromesso e vecchio (e non parlo di età!), abbia finito per toccare, seguendo la tradizione toscana, la chiosa popolare e celebrativa.
Al contrario Francesco lo scuro ce l'aveva dentro: mai ligio, e troppo confidente in sé stesso, forse intemperante, disordinato, seduttore di tante sue attrici, (contrariamente a Benigni che ne ha scelta una e come!), non protetto politicamente come è stato ed è Roberto, che fece da subito atto di fede politica, e direttamente sul palco.
Il comico (e tutti gli artisti, del resto) se non entra nella chiesa politica ed economica, non decolla. Lì lui viene vezzeggiato e innalzato ai massimi livelli, gli lasciano a volte anche certa libertà, ma nello stesso tempo, se fa uno scivolone non previsto o manca al guadagno, si vede subito liquidato, perché è proprio del sistema politico ed economico creare usare e distruggere gli artisti, da sempre.
In una intervista credo a Donna Moderna dopo l'uscita del suo film "Io amo Andrea", Francesco parla della sua crisi artistica:
-Perché motivo entrò in crisi?
-Colpa del successo. Dovevo incassare palate di miliardi a ogni film, era un incubo.
Benigni capì subito come funziona il sistema; Francesco no, pensava di essere superiore, il più forte. Fino alla caduta.
Francesco incarna la tragicità dell'artista, le sue contraddizioni insolubili, e ancor prima della "caduta". Roberto, pur facendo satira al potere, e quanta contro Berlusconi morto proprio il giorno in cui se n'è andato Francesco oscurandone la morte, mai.
Per chi ha tempo, questo è un bel ricordo di Francesco, dove lui stesso parla di sé e della sua carriera:
tu fosti più volte censurato, e quindi ti posso dire.
Dal Fascismo, prima di tutto, tu che fosti fascista della prima ora. A cominciare dal tuo libro, Viva Caporetto, e poi con Tecnica del colpo di stato.
Allora la censura era una cosa brutale, ti metteva fuori uso. Ti mandavano al confino. Come fu per te, ti mandarono a Lipari, sull'isola.
Ora ti isolano senza mandarti sull'isola.
Ti mandano in un confino impalpabile, non geografico. E non lasciano traccia di tagli o proibizioni, come una volta accadeva.
Mi hanno impedito di fare la pubblicità del mio spettacolo su Francesco Carletti perché lo ho definito "negriero", ma senza dirlo esplicitamente. Tuttavia il motivo del rifiuto è stato chiaro, perché provando a sostituire la parola "negriero" con quella di "mercante", subito hanno accettato.
Il Carletti parte da Firenze e prende la via del mare per fare il negriero. La Storia è questa.
Non so se l'hai conosciuto, ma di sicuro l'avresti amato.
Anche tu avresti gongolato nel raccontare la storia di un negriero fiorentino, di questo mercante di schiavi che ha avuto la grazia - e lo fece solo per interesse, sia chiaro, lo fece da mercante! - di regalarci senza volerlo una meravigliosa e cruda testimonianza dal passato!
Naturalmente non ho cambiato niente del titolo, e capisci bene, resto la solita isolata senz'isola.
C'era una volta il dottore. Il nostro si chiamava Roberto Meoni.
L'abbiamo spremuto fino alla fine, da tempo era in pensione, ma non riuscivamo a trovare un dottore che fosse degno ormai di questo nome.
Non per colpa dei "nuovi" dottori, ma perché siamo stati privati, evidentemente con la complicità delle Regioni che prendono soldi ma non restituiscono ai cittadini, siamo stati privati del sistema sanitario pubblico.
E quanto più si sono occupati di noi rinchiudendoci in casa, in barba a ogni carta costituzionale, obbligandoci a vaccini per il nostro e l'altrui "bene", tanto più ora ci troviamo nella terra sanitaria di nessuno.
Venerdì 16 giugno alle ore 21,30 al Pereto della Baracca organizziamo un incontro spettacolo sui Ragionamenti del mio viaggio intorno al mondo di Francesco Carletti, che pochi conoscono, e sarà il primo di una serie dedicata ai libri...pericolosi.
Ho stilato una lista di quelli che io considero tali e, fra i diversi segnati, ho messo questo di Carletti, mercante fiorentino che alla fine del 1500 se ne andò in Africa insieme al padre per comprare schiavi da portare nelle Indie Occidentali.
Il suo è un libro pericoloso perché, da mercante e primo circumnavigatore privato!, Carletti scrive da una prospettiva imparziale: non viaggia per conto di nessun re o impero ma solo dei propri interessi, e non scrive nemmeno per pubblicare, e per questo offre dettagli obbiettivi e spregiudicati della tratta degli schiavi e della distruzione degli indigeni americani, e getta, primo tra i moderni, uno sguardo lucido sulla sessualità del suo tempo, e sullo sfruttamento di donne.
Insomma il libro del Carletti è molto di più che un resoconto di un viaggio o un libro etnografico, e per questo ritengo opportuno sottrarlo all'oblio portandolo a teatro. (M.E.)
P.S. Oggi sulla pagina FB del Teatro La Baracca mi comunicano che la parola "negriero" non la posso usare. Molto più avanti rispetto a questi erano un secolo fa alla Bompiani, intitolando il libro del Carletti "Giro del mondo del buon negriero".