Quest’estate assistiamo alla ‘sagrizzione’ della cultura.
A prescindere dai colori politici, anche da noi nella Piana, come in altre parti d’Italia.
Complice la mancanza di danaro pubblico, per cui le amministrazioni di Destra o Sinistra non hanno trovato di meglio che includere nell’ambito delle programmazioni culturali serate di ‘shopping’ e mercatini; serate culinarie, dedicate ai sapori d’Italia, dove si mischiano poesia, poeti pesti e pici , oltre a sfagiolate e sbirrate ovunque, a Prato ne abbiamo avuta una versione memorabile, con l’apoteosi del volgarissimo ormai diventato Pistoia Blues e via discorrendo, con la lunga teoria di nomi di personaggi televisivi o importanti – i divi -che vanno sui palchi a omaggiare potenti, a promuovere libri, e a soddisfare il pubblico delirante per la gioia loro e degli organizzatori.
Una fiesta continua, costante e sconfinata, col solo fine di recuperare soldi, di offuscare le menti, di produrre divertimento in un gorgo stupido e insignificante.
Dopo serate così pienamente vuote, si torna a casa smarriti e privi di senso. Di gusto.
Che senso ha offrire serate come queste? Ci si diverte sul serio?
Ieri ero al Pistoia Blues, e ho trovato una città orribilmente sfruttata.
Molti pistoiesi fuggiti via. Cosa direbbe il mio caro amico e collega Pierluigi Zollo, attore dimenticato, della sua città così sconvolta dalla moda neo-celtica dei raduni musicali così anticonvenzionalmente confezionati, perfetti nel conciliare il finto anticonformismo con il consumismo più becero? Anche lui scappava dalla città in quei giorni.
Di questo imbarbarimento della società ne parlavo spesso con lui nelle lunghe passeggiate che facevamo la sera. Ora il Pistoia Blues è ancor più volgare e chiassoso di quando era vivo lui.
Sembra ormai che non si possa tornare indietro, e che ci si debba sorbire questa cultura ‘sagra’ chissà ancora per quanto.
Pierluigi, memore di quelle serate, quando ricambiavi le mie visite pistoiesi con incursioni a Prato, ti dedico una poesia e ti ricordo, in questo Tempo- Supermercato, tempo puttano che della memoria ne ha fatto un affare di Stato.
Cannibali
Cannibali,
siete tutti immancabilmente maschi
le femmine stanno dietro come ritrose
che il lavoro sporco lo facciano quelli
che nacquero per fare cose sporche!
Loro son use comprare
Galline già sgozzate sbuzzate
Che i lavori sporchi li facciano gli altri.
Intanto se ne vanno al supermercato
-la fila è lunga alle sei c’è chi suona il clacson-.
Cannibali
Siete così tenacemente maschi
Che è una sorpresa essere mangiati da voi
Così estetico il vostro egoismo
Eppure così naturale
Morire fra le vostre fauci
Fra un sorriso e uno stuzzicadenti.
Chi lo avrebbe creduto
Ai tempi del dolce latte
Che avreste addentato il capezzolo
Come la parte più ghiotta!
Bisogna mangiare in fretta
Cannibali
Che nulla rimanga sul tavolo!
Alle otto tornano le signore con la spesa già fatta!
Maila Ermini
(Articolo apparso su Metropoli venerdì 23 luglio 2011)