martedì 19 febbraio 2013

Prato: se vince l'ignoranza




Oggi sui giornali si può leggere un s.o.s. lanciato dal Rettore di Pisa, Massimo Augello per salvare da certa morte l'Università. Il Rettore prescrive la sua cura per evitare la fine al malato: chiede la defiscalizzazione di tasse  contributi universitari, la copertura totale delle borse di studio erogate da Regioni e atenei per garantire la formazione e la mobilità studentesca, l'abbattimento dell’Irap sulle borse post-lauream, la defiscalizzazione degli investimenti delle imprese in ricerca per favorire la competizione nei settori ad alta intensità tecnologica, il finanziamento dei posti di ricercatore da destinare ad almeno il 10% dei dottori di ricerca togliendo i vincoli al turnover e, infine, l' incremento dei fondi per l’università all’1% del Pil.
Prescrive insomma la luna.

Sempre oggi, da un altro articolo, si viene a sapere che il censimento relativo a Prato mostra una pessima immagine della città, (così è risultato nel convegno 'Prato allo specchio'), perché esiste una popolazione, circa più di 2600 persone, che non sa né leggere e scrivere, e sembra che non si tratti soltanto di cinesi. 
L'abbandono scolastico è alto, quasi il 19% dei giovani. D'altronde basta leggere cosa scrivono i ragazzi sul loro rapporto con la scuola su facebook (i social network non aiutano certo a scrivere meglio o a farsi una cultura!).

Problema vecchio per una città che ha come unica costante vitale la meta del lavoro,  come si può vedere in un documentario della Rai del 1967, il cui indirizzo riporto sotto,  dove è detto chiaro che il problema fondamentale di Prato è proprio la sua cultura in senso ampio, e la sua mancanza di un ceto medio, di una borghesia insomma. Nel documentario i pratesi di allora sembrano  similissimi ai cinesi di oggi. 
Il tema del lavoro è ancora, oggi perché manca, l'ossessione costante della 'città del silenzio', così  veniva chiamata, paradossalmente quando il rumore dei telai si sentiva ovunque in periferia. 
Tuttavia allora, e lo si vede chiaramente nel video, il tessitore aveva una sua forte dignità, parlava correttamente, e la scuola era più rispettata; insomma la brutalità di oggi, che si palesa nei giovani e meno giovani attraverso i miti del disimpegno e dell'ignoranza cafonesca, nonostante tutto, era lontana.
Io osservo questa brutalità culturale ogni giorno nel mio lavoro, una vera e propria violenza, asfissiata ovunque dalla voga dell'ignoranza, dal servilismo del 'teatro cialtrone', che in Toscana si mostra anche in palchi paludati.  

Alcuni giorni fa avevo scritto un altro articolo su questo argomento,  e prima che uscissero i dati del censimento:


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