Cito da "Verità e politica" di Anna Arendt (1), un testo la cui lettura, pur non facile per chi non sia pratico di opere filosofiche, è comunque consigliabile al fine di capire meglio questi giorni di marasma politico. Cito qui due passi che mi sembrano significativi:
"Nessuno ha mai dubitato del fatto che verità e politica siano in rapporti piuttosto cattivi l'uno con l'altra e nessuno, che io sappia, ha mai annoverato la sincerità tra le virtù politiche. Le menzogne sono sempre state considerate dei necessari e legittimi strumenti non solo del mestiere del politico o del demagogo, ma anche di quello dello statista. Perché è così?...E' forse proprio dell'essenza stessa della verità essere impotente e dell'essenza stessa del potere essere ingannevole? E che genere di realtà possiede la verità se essa è priva di potere nell'ambito pubblico, il quale, più di ogni altra sfera della vita umana, garantisce la realtà dell'esistenza agli uomini che nascono e muoiono...Infine, la verità impotente non è forse disprezzabile quanto il potere che non presta ascolto alla verità? (p. 30) Considerare la politica dalla prospettiva della verità...significa collocarsi al di fuori dell'ambito politico. Questa è la posizione di colui che dice la verità, il quale perde però la sua posizione - e, con essa, la validità di ciò che egli ha da dire - se prova a interferire direttamente negli affari umani e a ricorrere al linguaggio della persuasione o della violenza" (p.72)
(1) True and Politics, Torino, 2004 (traduzione di Vincenzo Sorrentino)
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