Sempre più frequentemente si attua attraverso l'arte contemporanea. O meglio, attraverso una pseudo-arte contemporanea. O anche un'arte pseudo-contemporanea.
Per questo si allargano e proliferano forme di vita contemporanee. Studi contemporanei.
Città contemporanee, dove si vive come in un luna park. O in un supermercato.
Anzi, nel contemporaneo vero la città è nel centro commerciale. Che ha sempre nomi di fiori o di parchi.
Chi non è contemporaneo è tagliato fuori, è uno scarto, è rifiutato.
Di più: è deriso. Come un vecchio.
La derisione, si sa, fa parte di ogni dittatura.
Dobbiamo tutti partecipare alla 'festa del contemporaneo'. Altrimenti si diventa vecchi e derisi.
Oggi è non vecchio chi ha cent'anni, ma chi non è contemporaneo.
Teatro, arte figurativa, politica, azione.
Tutto deve alitare di contemporaneo.
La città di Prato, per esempio, deve essere contemporanea. E ci sarà un nuovo museo d'arte contemporanea, che era già contemporaneo, ma doveva essere reso più contemporaneo.
Perché si stava adagiando nei fasti del passato.
Nel contemporaneo il massimo dell'archeologia prevista è quella industriale.
Anzi è ritenuta l'unica archeologia vera. Interessante. Ché parla di 'lavoro'. E dei padroni del contemporaneo.
L'arte contemporanea, come vediamo anche a Firenze, è una mise-en-space, una installazione. Veloce, rapida, consumante, dove il 'messaggio' ne è travolto. Non 'arriva'.
Non importa. Deve essere così. E' il contemporaneo.
Il contemporaneo è veloce, emotivo; tutto il resto, il razionale, lento, non è contemporaneo, e va abolito. E' vecchio.
Nessun spazio è tollerato per la riflessione. Tutto consumato lì e subito. Aria acqua terra, tutto. Soprattutto terra e acqua.
Il 'vestito contemporaneo' viene indossato dalla politica e dall'economia per esercitare l'azione dominante e repressiva. Arraffatrice. Contemporanea.
La dittatura, negli ultimi tempi, veste contemporaneo.
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