domenica 5 novembre 2017

DOPO LA PAURA. Una serata speciale nella lettura scenica delle poesie di Cassiano Centauro.




DOPO LA PAURA. Una serata speciale nella lettura scenica delle poesie di Cassiano Centauro.

Nessuna cosa avviene per caso ma tutto secondo lógos e necessità”  (Leucippo, fr. 2)

"Per provare a raccontare una serata speciale come quella vissuta ieri sera a La Baracca, prendendo in mano carta e penna, mi sono detto: come posso separare con razionalità il ricordo dell’amato fratello morto dalla tangibilità del racconto dei suoi pensieri poetici?
Questi brani poetici restituiti alla vita e riscoperti nell’autentica dimensione letteraria dall’evocativa lettura scenica, magistralmente condotta da Maila e da Gianfelice, mi hanno illuminato. In una narrazione unisona di genere, maschile e femminile,  che ha reso vibrante e rotonda l’interpretazione di scampoli di vita vissuta, senza sbavature o retoriche cadenze, ho ritrovato un fratello che per troppo tempo avevo dimenticato, forse a causa della lunga e penosa malattia, forse per quel senso di progressivo distacco, non più scanzonato, che vive con tutti noi. Attraverso la lettura scenica delle sue poesie ho riscoperto  significati reconditi  e verità nascoste che vanno ben aldilà della metrica del diario personale, delle ermetiche esperienze tracciate nei versetti scritti oltre 30 anni or sono che, pur leggendo, con attenzione non avevo potuto cogliere fino in fondo.
Si è così compiuta insieme all’irripetibile partecipazione emotiva, un’indimenticabile lezione di poesia che è riuscita nel miracolo di trasferire la narrazione dei tanti  “fermo immagine” poetici  descritti da Cassiano, nell’impalpabile sfera dell’inconscio di quella natura umana che a tutti appartiene, nessuno escluso.
L’espressione poetica di spicciolati versi, interpretata secondo le regole dell'arte scenica, si è materializzata in un unicum temporale, in un poemetto epico ed unitario, di grande forza espressiva, che ha proiettato tutti i presenti in un’altra dimensione, da fisica a spirituale, facendosi oltrepassare insieme all’autore i confini del tempo, prima nel ricordo poi della sua paura esistenziale che è la nostra per provare il profumo della libertà, la vivezza dei colori dell’arcobaleno portatori di luce, oscurando infine  le ombre e i tentennamenti del vivere quotidiano, fissando  in una parola e indelebilmente le pagine di Cassiano, la sua esperienza del “dopo la paura” nel pantheon poetico dell’universalità. Abbiamo riscoperto un Cassiano fanciullo, pieno di ardore, curiosità, ironia, sagacia, amante della vita e della natura.
Nella discussione in sala, dopo la lettura del poema, Cassiano si è manifestato come puro spirito, in un’aura non più corruttibile quasi che i sentimenti e le immagini da lui delineate acquistassero una dimensione propria ed autonoma, oltre la sua stessa persona. Emozioni grandissime e suggestioni non facilmente ripetibili come solo il logòs può tracciare e solo il tòpos riesce fissare in quadri scenici, divenuti a nostri occhi splendidi affreschi da osservare, come lui ha fatto, laddove la natura, qui intesa in tutte le sue componenti, è parte integrante di ciascuno di noi, in grado cioè di spingere via, come lui ha testimoniato, qualsiasi paura. Non per caso dopo queste poesie, Cassiano ha ricercato il senso della bellezza del creato nella fotografia, osservando la realtà percepita dal particolare al generale, senza distinzioni né confini. Tuttavia, la chiave di lettura ce l’ha lasciata attraverso una straordinaria  poesia fiorita, come una rosa a primavera, dalla necessità di rispondere alle pulsioni del cuore e alle sollecitazioni, non più contenibili, di un pensiero fino allora troppo raziocinante, in un ideale dialogo “aperto”, senza remore e incertezze esistenziali, sospeso tra eros e ragione.
Queste poesie testimoniano, pur nella timidezza di chi sa di avere ancor molta strada da fare nel percorso della conoscenza, quale energia promani dal desiderio mai pago (innata necessità) di esplorare l’esplorabile, di vivere nuove esperienze e di viaggiare in lungo e largo nella storia dell’uomo, delle arti, della pittura, della musica, della letteratura per vincere definitivamente la paura.
Maila Ermini e Gianfelice D’Accolti lo hanno fatto capire in modo limpido, con quella naturalezza e spontaneità che contraddistingue la vera arte, troppo spesso dimenticata sui palcoscenici, che non deve ostentare i saperi e il duro lavoro che sta dietro alla messa in scena, bensì venire incontro allo spettatore e condurlo per mano educandolo alla poesia e al pensiero libero del poeta." (Prof.Giuseppe Centauro).

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