venerdì 29 maggio 2020

Non serviamo più a niente?


Giovedì 18 giugno, alle ore 21, riapriamo il Teatro La Baracca con lo spettacolo: "Non serviamo più a niente? Racconti dal tempo impotente".

Presto darò altri dettagli. Intanto consiglio di leggere attentamente quanto segue:

È obbligatoria la prenotazione.  I posti disponibili sono molto limitati. 
Seguiremo scrupolosamente le misure anticovid19 e quindi:
-a tutti gli spettatori al momento dell’ingresso sarà misurata la temperatura con un termometro a fronte.  L’ingresso sarà regolato.      
-Gli spettatori dovranno indossare le mascherine durante lo spettacolo.
-E’ vietato fare assembramenti, prima e dopo lo spettacolo, davanti al teatro.        
La distanza consigliata fra le persone è di almeno 1 metro. Date le caratteristiche de La Baracca si ricorda che nessuno è autorizzato ad avvicinarsi agli attori né a salire sul palco.

lunedì 25 maggio 2020

Riapertura del Teatro La Baracca



Giovedì 18 giugno, alle ore 21, riapriamo il Teatro La Baracca con uno speciale spettacolo-incontro con il pubblico.
Presto vi daremo i dettagli della serata, in cui seguiremo tutte le norme previste per gli spettacoli. L'ingresso sarà a prenotazione obbligatoria.

domenica 24 maggio 2020

L'altra faccia della medaglia, ovvero Prato in "Fase 2".

Ricevo e volentieri pubblico il commento e le foto, belle ed eloquenti, del Prof. Centauro, che ritraggono Prato nella "Fase 2". 

"L'altra faccia della medaglia.
Troppe cose non vanno per il verso giusto nella gestione di questa Fase 2, gli strascichi della "malamovida" si fanno sentire e sono molto evidenti anche il giorno dopo. Senza contare l'alto rischio dovuto agli assembramenti che, di certo, non produrranno alcun beneficio economico per chi è stato ridotto sul lastrico dal prolungato lockdown ma solo disagi ai residenti.
Stamani le contraddizioni appaiono ancor più evidenti e ben visibile girando intorno al Castello dell'Imperatore: da un parte un dispiego esagerato di forze dell'ordine per vigilare sulla Santa Messa tenuta dal Vescovo  che, all'esterno della basilica delle Carceri,  aprirà  la ripresa delle celebrazioni religiose in una piazza alquanto assolata, dall'altra dietro i bastioni del Castello, ma a pochi metri dalla prima, solo pattume in totale abbandono e degrado ... è proprio vero che le medaglie hanno due facce!" (commento e foto di Giuseppe Centauro).





sabato 23 maggio 2020

Regole da seguire per gli spettacoli dal 15 giugno

Queste sono le regole da seguire per gli spettacoli.
Niente di fantascientifico e, se ha la volontà, un comune o un teatro può benissimo organizzare qualche spettacolo senza eccessive difficoltà dopo il 15 giugno. 
Ci vuole la volontà e la collaborazione da parte di tutti, e si può fare!
Per l'apertura de La Baracca tra qualche giorno vi informerò. 


Dal 
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 17 maggio 2020 

m) gli spettacoli aperti al pubblico in sale  teatrali,  sale  da concerto, sale cinematografiche e in  altri  spazi  anche  all'aperto restano sospesi fino al 14 giugno 2020. Dal  15  giugno  2020,  detti
spettacoli sono svolti con posti a sedere preassegnati e  distanziati e a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia  per  gli spettatori, con il numero massimo di 1000 spettatori  per  spettacoli all'aperto e di 200 persone per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala. Le regioni e le province autonome possono stabilire una diversa   data,   in   relazione   all'andamento   della   situazione epidemiologica nei propri territori. L'attivita' degli spettacoli  e' organizzata secondo le linee guida di  cui  all'allegato  9.  Restano sospesi gli eventi che implichino assembramenti  in  spazi  chiusi  o all'aperto quando non  e'  possibile  assicurare  il  rispetto  delle condizioni di cui alla presente lettera; restano comunque sospese  le attivita' che abbiano luogo in sale da ballo e  discoteche  e  localiassimilati, all'aperto o al chiuso, le fiere e i congressi.

    Allegato 9 Spettacoli dal vivo e cinema 
 
  1. Mantenimento del distanziamento interpersonale,  
anche  tra  gli artisti. 
  2. Misurazione della temperatura  corporea  agli  spettatori,  
agli artisti, alle maestranze e a ogni altro lavoratore nel luogo 
dove  si tiene lo spettacolo, impedendo l'accesso in  caso  di  
temperatura  37,5 °C. 
  3. Utilizzo obbligatorio di mascherine anche di comunita'  per  
gli spettatori. 
  4. Utilizzo di idonei  dispositivi  di  protezione  individuale  
da parte dei lavoratori che operano in spazi condivisi  e/o  
a  contatto con il pubblico. 
  5. Garanzia di adeguata periodica pulizia  e  igienizzazione  
degli ambienti chiusi e dei servizi igienici di tutti i luoghi  
interessati dall'evento, anche tra i diversi  spettacoli  svolti 
 nella  medesima  giornata. 
  6. Adeguata aereazione naturale e ricambio d'aria e rispetto  
delle raccomandazioni   concernenti   sistemi   di   ventilazione   
e    di condizionamento. 
  7.  Ampia  disponibilita'  e  accessibilita'  a  sistemi   
per   la disinfezione delle mani. In particolare, detti sistemi 
devono  essere disponibili accanto a tastiere, schermi touch e 
sistemi di pagamento. 

giovedì 21 maggio 2020

Intervista col Gufetto


RIFLESSIONI DA TEMPO SOSPESO: Intervista a Maila Ermini, Teatro la Baracca. Il teatro off.
di Leonardo Favilli

In questo lungo periodo di chiusura delle attività anche teatrali (fino al 15 giugno), Gufetto ha scelto di intervistare Maila Ermini, drammaturga affermata e attrice toscana, fra le poche rappresentanti del teatro off a livello locale. Le sue riflessioni sul teatro soprattuto in questo delicato momento sono online sul sito Primavera di Prato.
Di lei è noto il legame viscerale con il Teatro La Baracca di cui è anima e corpo: un teatro autosufficiente, senza finanziamenti realizzato da uno spazio agricolo a Casale in provincia di Prato, uno spazio OFF rappresentativo di una categoria di teatro fra le più colpite dalla epidemia di Coronavirus. Uno spazio che abbiamo conosciuto con Serena Rosati in un VIAGGIO VERSO L'ISOLA ECOLOGICA.
Le sue riflessioni, a volte taglienti e amare sul teatro, ci hanno colpito. E siamo "volati" da lei.

In un Post del 26 aprile ha dichiarato di dedicarsi alla pulizia dei locali in vista della riapertura, intendendo il “pulire” questo spazio come un atto necessario per poter recitare.Ci puoi spiegare meglio?
M.E.: Si tratta innanzitutto di un atto di umiltà nei confronti di quello che facciamo. Premetto che io non sono nata come attrice ma lo sono diventata perché me lo hanno chiesto. Ho iniziato a 18 anni ma sono arrivata al teatro come drammaturgo e infatti è quella la mia principale vocazione. Sono attrice per necessità, insomma.
Oggi c’è l’idea dell'attore come una persona famosa che è sempre sul palco, che è amata. C'è una concezione edonistica e molto egocentrica, che può comunque andar bene un po’ in tutti noi. Però dedicarsi alla pulizia significa ricordarsi che solo ripartendo dal basso si può arrivare all'alto e quindi serve fare pulizia dentro di noi, pulire lo spazio, fare chiarezza in quello che vogliamo. Gli attori sono uno strumento al servizio degli altri, come dei servitori, e quindi si capovolge un po’ questa visione edonistica di cui parlavo. Toni Comello, che ho citato nel mio post, l’ho conosciuto tramite Gianfelice D’Accolti, il mio compagno, quando venne a vedere “Il dramma intorno ai concubini di Prato” e casualmente venne a cena e ci trovammo subito molto in sintonia. Parlando proprio della pulizia lui mi espresse il concetto che ho citato, il quale è in linea con la mia filosofia e con la filosofia soprattutto del teatro La Baracca. Una filosofia di umiltà che è anche quella di Garcia Lorca quando faceva teatro ed è anche per questo che il nome è praticamente rimasto immutato: La Baracca da La Barraca (compagnia teatrale di carattere popolare fondata da Garcia Lorca in ambito universitario, NdR).

L.F.: Un'operazione che auspico in tanti avranno avuto tempo di fare: riflettere senza la consueta frenesia che ci ostacola. Speriamo insomma che sia stato così.
Guardando oltre la realtà territoriale, che cosa può imparare il mondo del teatro da questa esperienza? Riusciremo paradossalmente a trarne giovamento?
M.E.: C'è un aspetto positivo. Io sono critica verso molte delle regole che ci sono state imposte anche se le rispetto. Le ho seguite per rispetto degli altri e perché appartengo ad un contesto ed usufruisco di questo contesto quindi mi devo anche sottomettere a fare delle cose che non condivido apertamente.
Nello stesso tempo, dicevo, ci sono degli aspetti positivi. Personalmente è la possibilità di lavorare sulla pubblicazione delle mie opere per cui ho vinto un premio qualche tempo fa (Premio Enap, NdR) e non avrei avuto molto tempo se non, forse, quest’estate per farlo. È un lavoro molto duro che mi dà un po’ di sofferenza ma è necessario. In più sto scrivendo anche cose nuove.
Dal punto di vista più generale un vantaggio è senz'altro che ci siamo resi conto meglio di che cosa è il teatro. Politicamente, infatti, può essere cancellato in qualsiasi momento ma è un aspetto invece fondamentale proprio perché privo di quello che, invece, adesso ci unisce, cioè la tecnologia. Il teatro rappresenta la vita nuda, il bisogno di tornare a dare valore a quello che è il nudo nell'arte. La carne dell'attore davanti anche a sole cinque persone diventa un atto possibile. Non abbiamo bisogno di niente per fare teatro. Nello stesso tempo però è un atto che la politica ci può vietare. Pertanto, l’arte non è libera come possiamo pensare perché dipende dal contesto. Essere liberi è un’illusione, siamo comunque condizionati. Allo stesso tempo però il teatro si rifonda sempre. Finché c’è uomo c’è teatro, anche se non ci fosse più tecnologia. Schopenhauer diceva che “coloro che non vanno a teatro sono come uomini che si fanno la barba senza specchio”.
Sono anche ottimista con questo surplus di tecnologia. Come i ragazzi adesso, quando si ritrovano, sentono meno il bisogno di applicazioni, il ritorno al teatro può diventare necessità di tornare all’aspetto primigenio dell’arte.


L.F.: Come rappresentante del piccolo grande mondo del teatro indipendente a livello cittadino e non solo, non hai mai nascosto la tua contrarietà nei confronti delle disattenzioni e del disinteresse da parte della politica. E anche in occasione del blocco totale e di fronte ai provvedimenti governativi non hai risparmiato critiche. Quali sono le necessità del “tuo” teatro che non sono state soddisfatte? Quali sono le priorità cui sarebbe necessario rispondere?
M.E.: Innanzitutto un campo sgombro dai pregiudizi. Estetici, politici, antropologici. Rispetto alla politica, serve un superamento delle diversità, delle opposte visioni. Io, dirigente, devo essere in grado di accettare le critiche, devo avere le spalle per farlo. Non può essere che se io ti critico, poi tu mi escludi. Questo no. Se si arriva a parlare male di una persona senza conoscerne il lavoro, se si annulla la sua opinione, la dialettica va a ramengo. Ci può essere antipatia ma bisogna essere in grado di superarla per includere anche realtà indipendenti. Non chiediamo di diventare determinanti ma vogliamo stare nel piccolo posto che dobbiamo avere e che ci meritiamo di avere. E non parlo solo di soldi. Ci sono stati progetti nati dal basso per il basso che hanno portato dei frutti ma poi non sono stati supportati e quindi sono naturalmente morti, come nel caso del circuito Sipario Aperto della Regione Toscana.
Di conseguenza secondo me siamo arrivati ad un punto in cui spesso è rimasto solo il teatro di vetrina e questo porta comunque alla morte del teatro perché non ha più suscitato grandi interessi. Non scandalizza più, non smuove più. Noi siamo un teatrino di periferia dove ci deve essere una motivazione per venire. Il Metastasio, ad esempio, ha un sistema grazie al quale attrae il pubblico, anche se sempre meno. C’è bisogno di lasciar libere energie anche se controproducenti. Non denigrarle solo perché esse esistono e si manifestano. Io non ho mai chiesto nulla a nessuno. Non ho nessuna ambizione ma voglio che il mio resti uno spazio libero. Prima c’erano 7 elementi tra i quali ero la capocomico. Ora ho tolto tutto. Potremmo già fare teatro tra di noi adesso. Ho già in mente un protocollo semplice per fare teatro in sicurezza. Talvolta ci sono molte persone ma talvolta no, quindi siamo già abituati a gestire un piccolo pubblico. Stiamo aspettando che le autorità ci chiamino per implementare un protocollo in tutta sicurezza perché il pubblico deve essere tranquillizzato e deve essere tranquillo. Anche coloro che non la pensano come me e temono un ritorno dell'epidemia, devono essere giustamente garantiti nel rispetto di tutti.

L.F.: Condivido molto questa tua responsabilità civile veramente poco presente in generale. Forse si tratta solo di una minoranza ma molto rumorosa di fronte ad una maggioranza che talvolta non fa molta notizia ma c’è. E questo è comunque l’importante.
Oltre che alla pulizia del teatro, dal punto di vista drammaturgico a cosa ti stai dedicando?
M.E.: Vorrei riaprire il teatro con la pubblicazione di cui ti parlavo perché sono molto prolifica e ho scritto pure troppo. Come autrice ho spesso scritto cose brutte e come giusto che sia serve il tempo per fare pulizia, appunto. Si tratta di drammi, commedie e opere per ragazzi in tre volumi. Non sono tutte ma solo una piccolissima parte però questo mi è stato finanziato e questo faccio.
In più ho in atto un calendario dei delitti che sto portando avanti. Ogni giorno un delitto. E’ un'opera tra il teatrale e il non teatrale alla quale lavoro nel tempo libero, quando mi viene di scrivere. Si tratta di delitti che non si compiono presentati in forma di monologo da parte di assassini in potenza.
Poi, oltre ad un dramma che mi è stato commissionato e di cui non posso parlare, ci sono i cosiddetti “Conversari di Babbo Riveggioli”. Il titolo viene dall’espressione dialettale “ci rivediamo a Babbo Riveggioli”, usata spesso da mio padre e che significa sostanzialmente che ci rivedremo dopo la morte. Si può paragonare ad una specie di Spoon River però fatto al contrario cioè sono dialoghi in un cimitero nati dal fatto che non ci si poteva entrare mentre io invece sono una che va a parlare con la nonna e da lì è nata questa cosa. Per quanto si tratti di qualcosa di comico, non vuole essere offensivo. Non si parla comunque dell'epidemia anche se il divieto di accesso ai cimiteri ne è stato il pretesto. In ogni caso non è detto che sarà messo in scena come molto di quello che scrivo che spesso metto da parte e poi riprendo dopo molto tempo.
Infine, c'è un'altra cosa in programma che rientra nei Dialoghi dell’impossibile, già presentati con protagonisti come Federico II, Leonardo, il Datini (Francesco di Marco Datini, mercante pratese del XIV-XV secolo, NdR) e Clara Calamai. Al momento è senza un titolo definitivo ma si tratta di un dramma comico tra Fiorenzo Magni e Gino Bartali. In ogni caso adesso è in standby e sarà da rivedere perché ogni volta che si confrontano i due, l’uno fascista e l’altro notoriamente no, si rischia l’effetto bomba ad orologeria. Mi succede spesso di scrivere qualcosa che poi non posso rappresentare.

L.F.:Una riflessione personale sul tempo sospeso che ci troviamo a vivere.
M.E.: Penso che noi attori dovremmo ritrovarci, dovremmo essere più solidali, meno stupidamente ed infruttuosamente invidiosi, dato che tutto è molto transeunte. Invece è l'unione che fa la forza. Talvolta siamo stati troppo isolati e non c’è nessuna lobby che possa rappresentarci.
Che cosa avremmo fatto oggi senza gli artisti? Senza vedere tutti questi film, ascoltare queste musiche, ammirare questi ballerini? In questo periodo mi sono beata anche molto con la danza, con alcuni musicisti degli anni ’60, con musica anche un po’ alternativa, con vecchi film.
Noi abbiamo più valore di quello che pensiamo nel senso che dobbiamo imparare da quelli che ci hanno preceduto che erano in antagonismo, come è giusto essere, ma che sapevano anche essere solidali. Vedi i registi di alcuni sceneggiati degli anni ’70 che ho rivisto recentemente.
Il ruolo dell’Assessore alla Cultura dovrebbe essere questo: riunirci non solamente per fare progetti ma per farci stare insieme. Ovviamente ognuno ha i suoi progetti e si confronta su questi ma deve servire anche per conoscerci, per poter dire magari “guarda, quant’è stronza quella” oppure, al contrario, per farci ricredere sull’opinione che si ha di qualcuno. Non per fare del buonismo, dato che mi ritengo l’ultima delle buoniste. I politici demandati a governare dovrebbero fungere da polo di attrazione nel bene e nel male, da antenna per convogliare su di loro anche tutte le brutture che ci sono. Non è detto che chi protesta abbia sempre ragione. Può sbagliare anche lui. Se però c’è un catalizzatore come un assessore si possono creare i presupposti per maggiore solidarietà nel settore. Anche il Teatro Metastasio, ad esempio, potrebbe dare un po’ di spazio a questi artisti locali, magari anche solo ogni 5 anni con una piccola rassegna a loro dedicata. Non solamente per i giovani, perché così si ottengono soldi con i progetti europei, ma anche per noi “vecchietti” che possiamo avere delle cose da dire. Negli ultimi tempi è un po’ assente sul territorio.
In ogni caso si tratta di pensieri in libertà.

L.F. Certo. La mia ultima domanda serviva proprio a capire cosa è maturato in questo tempo sospeso. Nel tuo caso comprendo che si tratta di riflessioni maturate in un tempo più lungo ma che si sono approfondite a causa di questo arresto forzato che così forse non accadeva da 75 anni a questa parte, dai tempi della guerra.
M.E.: Si infatti. Voglio chiudere dicendo che io sono stata avvantaggiata perché la creatività aiuta moltissimo a sopportare questi momenti. Magari per la tensione non si dorme, non si mangia, ci si arrabbia, si massacra il compagno e, viceversa, si è massacrati dal compagno però la creatività qui trova una giusta dannazione da cui si possono creare cose che poi magari non saranno neanche utilizzate. Vedi appunto il recupero di un’espressione popolare secondo me bellissima che è “ci rivediamo a Babbo Riveggioli” e che mi è tornata in mente diverse notti fa ripensando a mio babbo che la usava. Nel momento in cui si affonda nell'abisso abbiamo anche l’opportunità di recuperare, se ne siamo capaci, però costa tantissimo. La creatività è bellissima ma è anche, appunto, una dannazione.
Per saperne di più...
TEATRO LA BARACCA
La Baracca,  un vero teatro ecologico, è stato per breve periodo incluso nel circuito ‘Sipario Aperto. Piccoli Teatri della Toscana’, ricevendo un minimo, davvero minimo sostegno economico, ora non è più finanziato e vive unicamente della nostra attività, spiega Maila Ermini .
Un tempo era una baracca di contadini, e nel 1992 cadeva a pezzi. L’ho presa e ristrutturata.
Ho rispettato e valorizzato quello che c'era, ci siamo inseriti perfettamente nel contesto, realizzando un piccolo teatro con materiali riciclati e naturali. E quando di riciclo non se ne parlava affatto, quando non era di moda; anzi, quando il solo pensare al riciclo dei materiali era considerato risibile! Senza chiedere una lira o euro a nessuno. Abbiamo fatto tutto con le nostre mani, io stessa ci ho lavorato come manovale di mio padre, e ci continuo a lavorare quotidianamente per le ristrutturazioni, le riparazioni eccetera, a parte gli elementi imprescindibili per la sicurezza dello stabile che noi da soli non potevamo effettuare, come l'impianto elettrico a norma, il bagno anche per disabili, eccetera.

Per scoprirlo:
Pagina FB: TEATRO LA BARACCA
Di Serena Rosati | pubblicato il: 20/05/2019 | Categoria: RECENSIONI FI




mercoledì 20 maggio 2020

Ministra Dadone: lavorare da casa indebolisce donne e lavoratori

L'idea di proseguire, anche dopo l'emergenza della pandemia, il lavoro da casa per una parte dei lavoratori, idea della Ministra per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadona, è un altro passo in avanti verso la distruzione del lavoro e della socialità. 
Ed è assolutamente una manovra contro le donne, così oberate in questo periodo,  costrette a sorbirsi i propri figli e compagni a casa senza, nella stragrande maggioranza dei casi, la dovuta assistenza e  il giusto appoggio.

Insomma le donne in particolare si troveranno a stare a casa in doppio turno di mamma e lavoratrice al tempo stesso, e vedranno anche una svalutazione del lavoro che svolgono per l'amministrazione o l'ufficio. Si va verso il massacro e l'umiliazione. Oltre che verso la crisi di coppia.
Per andare a lavorare bisogna uscire, restare a casa è negativo anche dal punto di vista psicologico, non fa incontrare gli altri, non crea solidarietà fra i lavoratori, li indebolisce nelle loro rivendicazioni. 
La Ministra Dadone non ha idea di cosa parli o vive nelle luna dei privilegi. 

martedì 19 maggio 2020

La bozza del primo volume


Questa è la copertina della bozza del primo volume del mio teatro.
Presto spero di presentare tutta l'opera in tre volumi alla Baracca. Se devo misurare la soddisfazione che avrò dalla fatica che mi costa la sua pubblicazione in questo tempo difficile e malato, prevedo che sarà enorme.

lunedì 18 maggio 2020

Riapro la Baracca

Vista la novità, e se sarà mantenuta, ossia la riapertura dei teatri e dei cinema per il prossimo 15 giugno, intendo riprendere l'attività al teatro La Baracca prima dell'autunno, naturalmente seguendo tutti i protocolli.
Anche se ci sarà posto per pochissime persone, io preferisco così. Càpita che nel nostro teatro di campagna ci siano poche persone.
Sono in attesa di vedere meglio definite le regole,  poi vi dirò cosa faremo.


sabato 16 maggio 2020

Sostenere i teatri di periferia? Mi vien che ridere!

A Bologna, il gruppo politico delle Sardine hanno riempito Piazza Maggiore di piantine di erbe aromatiche per sostenere la cultura e, in particolare, i teatri di periferia.

Ovviamente è una di quelle azioni di pura propaganda, atte a intorbidare le acque e a mostrare un interesse che non c'è. Anche perché i teatri di periferia (ma anche i cinema d'essai) sono stati quasi tutti sterminati, volutamente il potere li ha distrutti perché non controllabili e di alcun interesse economico, e poi li ha resi inutili, perché il pubblico è stato indotto negli ultimi anni ad avere altri interessi: solo i riferimenti culturali gestiti dal potere stesso fanno testo e status ormai.





giovedì 14 maggio 2020

Artisti, giullari

Giullaressa, di Silvio Sangiorgi

Durante la roboante, carica di promesse, conferenza stampa di ieri, 13 maggio 2020, dopo il Consiglio dei Ministri n. 45 relativo al "Decreto Rilancio", il Presidente del Consiglio Conte annuncia da Palazzo Chigi, con il suo solito tono paternalistico e patetico:

"La cultura: non dimentichiamo neppure questo settore...non...abbiamo un occhio di attenzione per i nostri artisti che ci intrattengono, che ci fanno tanto divertire, che ci fanno tanto appassionare...".

Alle sue parole capisco di essere annoverata nel settore degli intrattenitori; sono, come si diceva un tempo, una giullaressa. 

La riduzione dell'artista a giullare, colui che sta al servizio del potente, che lo intrattiene, che lo fa sorridere e lo appassiona è in effetti quanto è avvenuto negli ultimi anni, dopo le illusioni degli anni '60-'90, quando gli artisti di tutte le arti potevano ancora ambire a uno status di intellettualità e di certa autonomia creatrice.

Pensate, e dico solo dello spettacolo,  a quanta strada separa gli attori e registi di oggi da intellettuali come Pietro Germi, Gian Maria Volonté, Truffaut.

Ma la stessa maschera di un Tognazzi o di un Tati, quanto è lontana dal pur simpatico e acuto Checco Zalone, che è "pari", dice tutto, si mostra levigata, pur nella satira di costume, sempre bonaria e riconosciuta, non nasconde più alcuna amarezza o dubbio. Piace, e basta.

Abbiamo perso anche il surrealismo popolare e spiazzante di Benigni o Troisi, che pur gradito, irritava o scandalizzava o risultava incomprensibile; o le note di compositori di pochi anni fa, e penso fra gli altri a Umiliani, che trovavano molecole tonali alla ricerca di un DNA,  leggero e imprendibile, di un mondo metafisico. 

Insomma l'artista non è più, non deve essere nemmeno "troubadour", il troviere o trovatore, ossia poeta, cantautore, musico, pittore,  intellettuale, che cerca disperante anche per suo conto. Non si oppone, come facevano nel medioevo i primi trovieri, che erano anche, oltre a veri e propri intellettuali, oppositori politici. Egli è solo e soltanto al servizio di, è burocratizzato, conteggiato, inserito. Deve muoversi in terreni riconosciuti, dove può solo essere giullare, intrattenitore.

Artista ridotto a buffone,  ma di quale corte? Sempre più al servizio della non conoscibile impalpabile corte aziendale Netflix, e quello che crea (spesso nascosto e derubato) non deve piacere nemmeno più a un produttore, a una persona o a un gruppo di persone in carne e ossa che scelgono, rischiano, tentano, vedi un tempo il produttore livornese Alfredo Bini, ma anche lo stesso vituperato Carlo Ponti e simili, no: l'opera dell'artista, il suo fare è soggetto ormai ad algoritmi che calcolano sicuri gli ingredienti (contenuto trama sentimenti rovesciamento finale),  al fine di sfornare con le giuste dosi il prodotto per un pubblico, che deve essere misuratamente divertito e appassionato,  come ama evidentemente essere il nostro Presidente, il quale non sbaglia usando il verbo "intrattenere".
E gli intrattenitori quali noi siamo diventati, egli e il suo governo cortigiano bonariamente induce al silenzio con un biglietto di 600, e ce lo mette in bocca, promette nei prossimi mesi, e fa come come il padrone col cane molesto: gli si butta l'osso, in modo che non possa più abbaiare e stia buono nel recinto.

Gianfelice D'Accolti e Maila Ermini in "Io e Federico".

mercoledì 13 maggio 2020

IL GOVERNO CHE CI AFFAMA -2


Un ministro deputato guadagna IN UN MESE quanto molti di noi, lavoratori dello spettacolo, percepiamo in un anno: 13 mila euri. Senza contare tutti i "benefits" di cui gode, a parte il prestigio, pensione, viaggi, telefonate e quello che non so. Non possiamo pensare che la crisi gravissima che viviamo a causa della pandemia sia risolta dalla cosiddetta CASTA (una parola che ormai non si usa più), da coloro che vivono nell'assoluto privilegio. Nel migliore dei casi, essi non si rendono conto, né sanno bene quello che viviamo, le ristrettezze, le umiliazioni, e il duro lavoro.
Per questo ancora non ci sono vere risposte, né soluzioni immaginate per superare in sicurezza il grave momento di blocco. E pure si potrebbe, come avviene anche in altri paesi europei, dove la ripartenza è un dato di fatto studiato e concreto.

Ma cosa ci potevamo aspettare dalle forze politiche governative in campo?
Il Movimento 5 Stelle ha totalmente fallito nella sua missione illudendo milioni di italiani, ché da critico della casta, e questa era la sua forza, è diventato casta lui stesso (altro che aprire il parlamento con l'apriscatole!). Tra l'altro è sempre stato deboluccio sul tema cultura, sempre rimandato a settembre in una materia di cui ha mostrato di interessarsi poco o niente, a cominciare dalla sua quasi assenza nel programma.
Il PD invece, che governa insieme, in realtà non si è mai posto come forza alternativa, ma come pura continuità di un sistema che, a parte qualche raro caso diverso, ci ha leso nel lavoro artistico, impedendoci proprio di esercitare il nostro lavoro nella Regione Toscana, che esso governa e dove vivo. E pure il PD porta nel suo DNA cellule di un passato ricco di interessi culturali, dove insomma la cultura era un punto fondamentale anche come argomento di contrasto politico.
Il suo sistema politico è ormai solo paternalistico, e sotto la mostra di un fare parailluministico avanzato, 'concessivo', opprime di fatto chi non è del partito e non risponde ai suoi interessi.

Dunque non nutro speranze da parte di coloro che percepiscono stipendi così alti o che comunque vivono irretiti in quel sistema partitico o di movimento e ne godono i privilegi, e che di conseguenza non mostrano alcun coraggio, alcun interesse vero per la cosa pubblica se non quello di restarci a cavalcioni sopra (e questo si osserva anche a livello regionale, incluso nei consiglieri), che non sanno, né vogliono sapere come vivono e di che vivono i cittadini che amministrano; non nutro speranze nei confronti di un governo che dopo tre mesi di pandemia, ancora cincischia sul problema delle mascherine!

IL GOVERNO ITALIANO CI AFFAMA E CI AMMALA OGNI GIORNO DI PIU'.



martedì 12 maggio 2020

IL GOVERNO CHE CI AFFAMA

Scrivo due cosette che riguardano il mio lavoro e brevi considerazioni in questi giorni soffocanti, prigionieri...
Per fare un po' il punto della situazione economica.
Dovevano arrivare i soldi di aprile; ancora non hanno firmato il decreto. Addirittura parlavano di 1000 euro!, ma ancora siamo in alto mare.
Dovevano aiutare gli artisti, ma nessun aiuto se non briciole nel mese di marzo. I teatri sono chiusi, e anche le attività all'aperto, impedite; non si può programmare niente.
Io sono autrice; la SIAE, con Mogol, intanto ha pensato bene di non versare un centesimo per gli autori, e non lo farà.

Gli assessori alla cultura tergiversano, nel migliore dei casi procrastinano a tempo indefinito. Promettono e non promettono. Ma soprattutto non rischiano, politicamente intendo.

Del Ministro Franceschini, meglio non parlare. Speriamo di vederlo scomparire dalla scena governativa prima possibile. La sua presenza è  dannosissima perché non decide su alcuna riapertura. Non dà speranza, non ci dà la possibilità di riorganizzare il lavoro, e quindi ci ammazza.

In me la disperazione aumenta ogni giorno e non so come uscirne. Anche scrivere, dedicarsi alle attività creative (sto curando la pubblicazione delle mie opere teatrali), quelle ancora possibili insomma, è diventato un inferno. Vivo con un mal di stomaco costante, dormo pochissimo e mangio...boh.

Non sono sola, so bene; e molti di coloro che vivono nella mia stessa condizione, coloro che devono lavorare per vivere insomma, pur svolgendo altro genere di mestiere, non vedono l'ora di andare a votare (se non peggio!),  non perché pensino di cambiare nulla , ma per vendicarsi, così dicono, letteralmente VENDICARSI, di tutta questa gente al potere, CHE CI AFFAMA.

Lockdown & tourism restart



di Giuseppe Centauro (testo e foto).

"Il 18 maggio prenderà avvio la Fase 2.0 del Sars-CoV-2 (acronimo del nuovo esperanto: Severe Acute Respiratory Syndrome Corona Virus – due). Da questa data si aprirà un’inedita stagione per chiese, musei, alla quale seguiranno aree archeologiche, castelli e palazzi, ville e giardini storici.  Nei centri storici ci sarà  però da ‘sanificare’, ‘efficientare’ e mettere in sicurezza tutto il costruito esistente, con case e botteghe da tempo obsolete e in degrado. Con quali risorse faremo tutto questo? E quali destini seguiranno le città, periferie comprese con piazze da riqualificare, edifici da riadattare, spazi pubblici da ripensare? Dopo il prolungato lockdown c’è ora molta attesa per questo tourism restart (così chiamano la riapertura al pubblico dei beni culturali) al fine di rianimare un’economia in caduta libera. Tuttavia, non sarà facile misurarsi con l’inevitabile cambiamento e allo stesso tempo sottrarsi ai cattivi esempi del passato. Di certo il sommovimento determinerà uno strappo che, in base alle scelte strategiche che verranno attuate, si saprà  se causeranno una perdita o  un guadagno. Per certo, stando alle disposizioni del distanziamento social, dopo il subitaneo default turistico  si produrranno anche effetti alterni, ad es. non sarà più così imminente la minaccia della gentrificazione. Questo è un bene! E’ pur vero però che i bilanci delle ‘città d’arte’,  che girano intorno ai poli culturali maggiori, si fanno in toto sul movimento turistico, buono o cattivo che sia. Pecunia non olet! Ed allora che succederà? Nei quartieri storici torneranno i residenti naturali, quelli meno abbienti e si perderà reddito. Il distanziamento produrrà nella vita rionale altre grandi trasformazioni. E come nel dopoguerra si assisterà nei centri antichi come nelle metropoli alla fuga dei ceti benestanti e degli occupanti occasionali a vantaggio di aggregazioni urbane di neoformazione. Si sposteranno entro tali enclave élite neoborghesi in comunità selezionate, ricche e totalmente autosufficienti. Si creeranno nuovi scenari e vecchie spaccature. Tuttavia, il futuro potrà essere anche diverso. Occorrerà però che tutta la collettività (il pubblico come il privato) creda e investa in toto sulla riqualificazione urbana, sostenendo il rientro dei residenti naturali, incentivando giovani coppie mantenendo salda la presenza degli anziani. Intorno ai beni culturali si arginerà  la brutta emorragia economica e si ricreeranno le ragioni per un nuovo decisivo radicamento. Si dovrà investire sulla conservazione e valorizzazione dei luoghi. Al pari dei beni ecclesiali che si accosteranno di nuovo alle celebrazioni religiose, la ripartenza delle attività turistiche sarà durevole solo se connessa con una ritrovata e positiva accessibilità ai luoghi d’arte con i musei che avranno un ruolo determinante da svolgere. L’atmosfera surreale vissuta in questi mesi ci sta profondamente cambiando e non saremo più tolleranti nel vedere i parchi storici soffocare nelle erbacce e i monumenti, quali essi siano, sgretolarsi nell’incuria.  Si lavori dunque intorno a queste risorse, non solo per un diritto dovere costituzionale ma al fine di produrre ricchezza e benessere in modo libero e solidale. Sarà questa la vera rivoluzione del dopo coronavirus.

Quale fruizione per i beni culturali dopo il 18 maggio? Qualcos’altro mi è rimasto nella penna ora che abbiamo finalmente capito che la nostra vera ricchezza, quella da salvaguardare sopra ogni altra cosa per rifondare un futuro all’altezza della nostra millenaria cultura, sta proprio nel produrre benefici attraverso l’eredità culturale del passato fin qui trattata con tanta, troppa superficialità. Ci stiamo chiedendo che sarà dei monumenti, dei borghi storici, dei paesaggi a noi vicini, dei segni delle nostre più antiche origini impressi ovunque l’occhio si pone? Quale sarà il ristoro che potremo dare e ricevere da questi se non riusciremo a fare tesoro di queste meraviglie? Le abbiamo da poco riviste in rapide carrellate televisive, in una dimensione talvolta surreale che, forse, per taluni poteva sembrare la forma migliore e più suggestiva per ammirarle comodamente seduti sul divano di casa. Ma al di là della corretta divulgazione, la grande bellezza del patrimonio culturale va ben oltre lo spettacolo di un ambiente da set cinematografico, dalle variegate e suadenti forme. L’astrazione di una realtà da vedere ma non più toccare non ci serve, come non potremo vivere per sempre a distanza, senza alcuna attiva partecipazione.  E tutto ciò che si fruisce non potrà essere costruito solo in una modalità virtuale. Non lasciamo che il mondo digitale, pur utile ed ammirevole, ci sopraffaccia. Non lasciamo, soprattutto, che quella illusoria immagine si sostituisca alla nostra naturale capacità percettiva fino ad inibire ogni  capacità di critica. Alla riapertura dei musei non si vada più solo con lo smartphone e il tablet e si guardi le opere con gli occhi della mente e del cuore per vedere, capire e ‘provare emozioni e estasi’. Allo stesso modo non si deleghi ad altri il diritto di appartenenza, entriamo da protagonisti  nella storia attraverso i luoghi del culto, le dimore storiche, le aree archeologiche. Si diffidi piuttosto dell’artata selezione eugenetica fatta a nome nostro da altri affinché tutti i beni, nessuno escluso, sia correttamente manutenuto e reso fruibile come si deve. Si rispetti  per prime le testimonianze della cultura materiale, quella popolare e meno aulica, da cui tutto nasce. L’Italia ha visto decrescere il suo principale appeal turistico e noi con lei.  Così, smarriti, stiamo dimenticando che la qualità diffusa del patrimonio che ci circonda come un museo diffuso rappresenta la nostra stessa identità. Non c’è persona oggi, dopo mesi di isolamento, che non capisca quanto sia vitale per tutti noi custodire come si deve questi preziosissimi compagni di viaggio. E proprio intorno a questo patrimonio,  orgoglio ed ambizione possono trasformarsi in fede e coraggio per rimettere in moto il genio italico ed essere in grado di contribuire in modo armonico alla crescita sociale e economica.  Affinché tutto questo abbia un effetto durevole e trasmissibile  occorre che l’Italia, rigenerata dopo la paura, impari una volta per tutte la lezione e sappia scegliere la strada da seguire puntando  sulla conoscenza e condivisione del patrimonio culturale. Si sviluppi dunque, senza remore, tutte quelle speciali abilità creative e attitudini artistiche che ci appartengono e ci hanno reso un popolo libero".


Piazza Tasso, Firenze
Al museo con il tablet


Le Cascine di Tavola, Prato



Bastione de' Giudei, Prato.

domenica 10 maggio 2020

Nel grande lager collettivo

Nulla sarà come prima di questa pandemia da Corona-virus.
Non solo perchè, come tutti lamentiamo, è stato distrutto il lavoro e ci vorrà del tempo prima di riprenderlo con certa continuità, ma soprattutto niente sarà come prima rispetto alla consapevolezza di questa stessa vita, che pure ci siamo inventati e per cui abbiamo tanto combattutto, ridotta a nulla, giocata a colpi di decreto, spazzata via.

Certo lo si sapeva anche prima che questo sarebbe potuto accadere. Le guerre non mostrano questo, non annientano l'umano?  Non ho ascoltato i discorsi dei vecchi di casa mia? Non vedo negli occhi di mia madre ancora l'orrore per aver assistito, bambina, all'assassinio di un inerme da parte delle SS? E non racconta ancora le sue fughe disperate nei campi al tempo dei bombardamenti degli aerei? 
E ancora, non ho letto le parole dei filosofi e dei letterati, non avevano già disegnato anche altri scenari, questi,  di morte civile? 
Ma viverli così, privati di ogni creatività vitale, e quindi per me artistica, è stato come vivere e assistere insieme al grande delitto dell'umanità.

Il poeta greco Panagulis fu privato di tutto quando lo incarcerarono durante la dittatura dei colonnelli. Ma soprattutto, i macellai, lo privarono della carta e della penna.
Allora lui, annientato, ricominciò l'umanità daccapo, lui da solo nella cella buia, e imbastì a mente e imparò a memoria i suoi poemi. Poi sul cartoncino dei cerini, ché fumare dopo molto glielo concessero, col suo sangue fatto inchiostro, lì sopra li trascrisse e s'inventò il modo per farli arrivare fuori.

Un grande lager collettivo e tecnologico si è aperto per tutti noi, e ci siamo entrati e lì siamo stati annientati.
A breve, piano piano ci permetteranno di uscire, e pensiamo che ce la faremo senz'altro, che dimenticheremo la prigionia con le solite vacanze e con la smart-life.
Può darsi voi, e ve lo auguro.
Ma io, come quelli che vissero nei campi di concentramento mai tornarono uguali dopo quella esperienza di disumanità, dove ciò che è umanità sentimento cultura opera insomma la vita è cancellato, se pure a noi fortunati non ci torturarono le carni e ci dettero del cibo e non ci gasarono, se pure tornerò alla vita, al lavoro, al fare di un tempo, dentro di me non troverò più la donna che ero già solo due mesi fa, ché  il velo di Maya è tolto, e insieme a milioni di altri, quella donna è stata uccisa.

venerdì 8 maggio 2020

Sciacalli in azione

Osservo ovunque inaccettabili speculazione sui prezzi di beni di prima necessità. Sciacalli in azione ovunque e nessuno li controlla!

Dove sono Guardia di Finanza, Municipale o altre forze dell'ordine? Invece di fare multe alla gente che prende il sole in solitaria o fare diffide a chi protesta per difendere il proprio lavoro, lo facciamo un controllino a questi speculatori?


lunedì 4 maggio 2020

Franceschini e il miracolo dei pescicani


Ieri sera telefona un amico e racconta che il signor Franceschini ha parlato alla solita faziosa corte mediatica, annunciando di stare per compiere per il mondo dello spettacolo dal vivo ormai morto il miracolo di Lazzaro e dei pesci insieme. 
Manterebbe in vita il morto dando i soldi, moltiplicandoli, a tutti, ma proprio a tutti gli artisti del vivo-morto, non solo quelli che hanno tante giornate dichiarate all'attivo come i santissimi.
Come autrice posso sperare anche in un contributo SIAE.

Sono sicura che si tratta del solito miracolo dei pescicani al governo.

Gli artisti dal vivo hanno bisogno di lavorare dal vivo, non di ricevere gli spiccioli. O di andare sulla Netflix del ca', su cui poi faranno lavorare al solito parenti amici protetti famosi eccetera.

Gli artisti  hanno bisogno di una data di riapertura dei teatri, dei set eccetera (ci sono i modi per riaprire in sicurezza!), perché non li si può lasciar vagare nell'aria come dei virus, sia pure una data approssimativa prevista intravista.
Il ministro deve far riaprire il teatro e il cinema, non Netflix, il modello di spettacolo mediatico privato!; pensate non sono nemmeno capaci, tutti quanti sono e con i soldi che prendono ogni mese!, di inventare qualcosa di nuovo!

Il Ministro non dà nemmeno la speranza che, in occasione della pandemia, le mafie stagnanti del mondo dello spettacolo saranno un po' spazzate via! No, la prospettiva è solo quella: col solito miracolo dei pescicani (quelli che ti danno i soldi per renderti schiavo, quelli che ti concendono i soldi per ucciderti!),  ci faranno morire ben più del virus.
Ci vogliono accontentare con il bonus spesina e dobbiamo anche ringraziarli!

E chissà se conteranno anche questi morti, NOI CHE STIAMO MORENDO PER LA LORO INCAPACITA', come sono stati solerti finora a contare i vecchi, che sono crepati soli e intubati?


No all'Orco Filantropico


Condivido e pubblico l'appello dello scrittore Mario Vargas Llosa, di posizioni liberali, apparso sul sito della sua associazione "Fundacion Internacional para la Libertad".

Ricordo che lo scrittore, ostile al governo cinese, che secondo lo scrittore farebbe scomparire i suoi libri, recentemente ha scritto su El Pais:
“Nessuno sembra accorgersi del fatto che nel mondo niente di tutto ciò sarebbe successo se la Cina Popolare fosse un paese libero e democratico, e non la dittatura che è. Almeno un medico autorevole aveva scoperto questo virus già da tempo e, invece di adottare le misure necessarie, il governo ha tentato di occultare la notizia, di mettere a tacere questa voce assennata..."

(La traduzione del testo originale in spagnolo che segue è mia).

IL MANIFESTO
Noi sottoscritti  condividiamo la preoccupazione per la pandemia di Covid-19 che ha provocato una grande quantità di contagi e di morte in tutto il mondo, e facciamo giungere la nostra solidarietà alle famiglie colpite dai lutti.
Mentre gli operatori della sanità pubblica e privata combattono valorosamente contro il coronavirus, molti governi dispongono misure che restringono indefinitamente le libertà e i diritti fondamentali.. Invece di alcune ragionevoli limitazioni alla libertà, in diversi Paesi prevale un confinamento con minime eccezioni, l'impossibilità di lavorare e produrre e la manipolazione delle informazioni.
Alcuni governi hanno individuato un'occasione per arrogarsi un potere smisurato. Hanno sospeso lo Stato di diritto e addirittura la democrazia rappresentativa e il sistema giudiziario. Nelle dittature del Venezuela, di Cuba e del Nicaragua la pandemia serve di pretesto per accrescere la persecuzione politica e l'oppressione. In Spagna e in Argentina capi di governo con un marcato pregiudizio ideologico pretendono di utilizzare le difficili circostanze per attribuirsi prerogative politiche e economiche che in un'altra situazione la cittadinanza respingerebbe fermamente. In Messico si rafforza la pressione contro l'impresa privata e si utilizza il 'Gruppo di Puebla'  per attaccare i governi di diverso orientamento.
Su entrambe le sponde dell'Atlantico  risorgono lo statalismo, l'interventismo e il populismo con un impeto che fa pensare a un cambio di modello lontano dalla democrazia liberale e dall'economia di mercato.
Vogliamo esprimere con energia che questa crisi non deve essere fronteggiata sacrificando diritti e libertà che è costato caro ottenere. Respingiamo il falso dilemma che queste circostanze obbligano a scegliere tra l'autoritarismo e l'insicurezza, tra l'Orco Filantropico e la morte.
Madrid, aprile 2020.


QUE LA PANDEMIA NO SEA UN PRETEXTO PARA EL AUTORITARISMO
Los abajo firmantes compartimos la preocupación por la pandemia de covid-19 que ha provocado gran cantidad de contagios y muerte en todo el mundo, y hacemos llegar nuestra solidaridad a las familias enlutadas.
Mientras los empleados de la sanidad pública y privada combaten el coronavirus valerosamente, muchos gobiernos toman medidas que restringen indefinidamente libertades y derechos básicos. En lugar de algunas entendibles restricciones a la libertad, en varios países impera un confinamiento con mínimas excepciones, la imposibilidad de trabajar y producir, y la manipulación informativa.
Algunos gobiernos han identificado una oportunidad para arrogarse un poder desmedido. Han suspendido el Estado de derecho e, incluso, la democracia representativa y el sistema de justicia. En las dictaduras de Venezuela, Cuba y Nicaragua la pandemia sirve de pretexto para aumentar la persecución política y la opresión. En España y la Argentina dirigentes con un marcado sesgo ideológico pretenden utilizar las duras circunstancias para acaparar prerrogativas políticas y económicas que en otro contexto la ciudadanía rechazaría resueltamente. En México arrecia la presión contra la empresa privada y se utiliza el Grupo de Puebla para atacar a los gobiernos de signo distinto.
A ambos lados del Atlántico resurgen el estatismo, el intervencionismo y el populismo con un ímpetu que hace pensar en un cambio de modelo alejado de la democracia liberal y la economía de mercado.
Queremos manifestar enérgicamente que esta crisis no debe ser enfrentada sacrificando los derechos y libertades que ha costado mucho conseguir. Rechazamos el falso dilema de que estas circunstancias obligan a elegir entre el autoritarismo y la inseguridad, entre el Ogro Filantrópico y la muerte.
Madrid, abril de 2020


domenica 3 maggio 2020

Incontrarsi, finalmente

Ieri, oggi, andando in bici e passeggiando a piedi ho visto ragazzi che parlavano fra loro come da tempo non li vedevo più: a testa alta; con la mascherina o a distanza, certo, ma pochissimi si muovevano con la testa abbassata sullo smartphone.
E così tutti, la gente aveva voglia di stare insieme e di parlare, di incontrarsi, e basta.

sabato 2 maggio 2020

Canzone per Prato


Voce parole e musica di Maila Ermini. Inizialmente scritto per "Storia di Prato", uno spettacolo di storia locale per ragazzi. Nella canzone è inserito anche il famoso detto: "Io son di Prào e voglio 'esse rispettào, pos'ì ssasso e mang'ì bbào", ossia sono di Prato e voglio essere rispettato, posa il sasso e mangia il baco, ossia il verme. La foto (Pulpito di Donatello/Michelozzo e Campanile del Duomo di Prato) è di Steve Taylor.

Un invito per i 20 anni dei Celestini

 Per stasera, 21 dicembre, ore 20,45 alla Baracca.