mercoledì 5 giugno 2024

La cultura dello status quo

 Ancora sto aspettando che qualcuno parli, fra i candidati comunali:

- di riportare il Museo Etrusco a Prato, vicino agli scavi (questo in specifico per quelli di Prato);

- (questo per tutti): vivificare la cultura nelle frazioni, dal basso, e non solo quella dell'associazionismo; questo significa anche il tramandarsi i saperi (come direbbe Fulvio Silvestrini) popolari, incentivando l'artigianato, le botteghe, gli orti, i piccoli centri culturali autogestiti.

Allo stato attuale con le associazioni si fa molto in funzione del consenso, non dell'associazionismo o, nello specifico, della cultura in sé; insomma si lavora piuttosto per consolidare il potere.

In sostanza i programmi culturali che leggo sembrano dar forza al sistema, che solitamente paralizza gli artisti rendendoli servi delle scelte dei partiti, per cui nelle programmazioni girano sempre gli stessi spettacoli, eventi, mostre ecc. gestite da direttori nominati dall'alto, che fanno scelte legate al sistema dei teatri o dei musei e, perché no, delle carriere personali.

E' la cultura dello status quo, e non c'è nessuna libertà, autonomia. 

E' noiosa. Ripetitiva. Punto stimolante.

E' chiaro che, come disse Tremonti, in questo modo con la cultura non si mangia. Anzi, non si deve!

Senza libertà, se la cultura si fa passare soltanto dal sistema e dalle reti che imbrigliano, nessuna cultura vera, nessuna novità. Diversità, ecc.

C'è l'asfissia. Anche economica.

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