mercoledì 14 aprile 2010

Le città degli spettatori

Mi prende sconforto a leggere i giornali, nel guardarmi attorno, nel vedermi nella massa di tutti questi cittadini-spettatori.
Mi fermo qui, e guardo da dove vivo, tutte queste città-castello che mi circondano, in questa Piana che non sarà, non potrà essere un parco se non facendo un salto con la fantasia, una piana violentata e sofferta. Inquinata e cementificata.
Se penso a Firenze, mi prende male. Già se ne vedevano le avvisaglie quando, tanti anni fa, frequentavo l'università. Ma io allora ero troppo giovane, ancora erano vivi tanti uomini saggi e belli e non vedevo che poche brutture. Ora invece le vedo tutte. Vedo bene i cittadini-spettatori del sindaco Renzi e dei suoi modi chiari spicci berlusconiani; e sono anche compiaciuti, di lui, di questa tele-novela televisiva che stanno vivendo. Con Renzi e famiglia si vede la metamorfosi del tipo nel politico bifide, destro-sinistro, abile, furbo, si capisce che rilegge il Principe prima di andare a letto; il peggio insomma della tradizione politica nostrana: strizza l'occhio a tutti, lui. E ride.
Se penso a Pistoia, vedo una città addormentata, antica nel futuro e nel passato, dove tutto è chiuso, celato, vietato agli estranei. Ogni accesso nel potere, piccolo o grande che sia, è seguito e guidato. Se non fosse per la gentilezza, la bellezza delle sue donne, Pistoia ai miei occhi sprofonderebbe. Si è svegliata, il sindaco Berti si è fatto sentire quando è successo lo scandalo dell'asilo, arrabbiatissimo, ad allontanare sospetti e troppe indagini sulla 'tranquilla' vita della città orsata.
Prato, che la vivo, è, anch'essa tutta abitata da spettatori. Spettatori più scomposti, com'è la sua storia, ma sempre spettatori.
Dopo la vittoria del sindaco Cenni, i cittadini si sentono come a posto. Sentono di aver compiuto la vendetta nei confronti di una Sinistra traditora, che si sentiva sicura nel suo castello.
Non cambia nulla, di questo film assurdo che stiamo vivendo. Ma lo viviamo da fuori, noi cittadini, questo film, non siamo certo attori. Impotenti.
I processi di partecipazione, di cui si parlava tanto prima delle elezioni del 2009, sono stati una farsa deliziosa.
E a guardar bene, erano una contradicto in adiecto, una contraddizione nei termini perché la politica democratica è, dovrebbe essere già partecipativa, lo è sulla carta. Non lo dice già tutto la parola 'democrazia'? Chiedere la partecipazione è affermare che questa politica, com'è, non è democratica.
Sarebbe stato bello continuare, in qualche modo, a illudersi di essere attori della politica, ma purtroppo è evidente che anche certi percorsi partecipativi, al momento devitalizzati, sono strumentalizzati da smanie di protagonismo di alcune figurette e personaggi che intorbidano, come sempre, le acque per conto di qualche partito. Insomma, robetta, ma pericolosa.
Intanto scorre la pellicola, implacabile, e la trama è sempre la stessa, non ci sono cambi, né colpi di scena, né prospettive diverse.
Sembra che il film duri a lungo, molto a lungo.

Nessun commento:

Dai Celestini a Levi

  Ieri,  in occasione dello spettacolo dei venti anni dei Celestini, in cui ho riproposto La Mostra Parlante "Ti mando ai celestini...