venerdì 20 agosto 2010

Firenze

Ieri in bici per Firenze. Un trauma, un’impresa quasi impossibile.
A parte il tracciato lungo i viali, viaggiare in maniera alternativa a Firenze è un miraggio.
Nel centro storico poi, è già difficile andare a piedi tra la folla dei turisti. Su un muro, vicino alla Sinagoga ho letto: “Il turismo uccide la città”.

In Piazza della Signoria, dove ero capitata un po’ per caso valicando marciapiedi, sensi unici spuntati come funghi, macchine, folla di umanità annoiata, mi fermo per aggiornarmi sugli orari di apertura degli Uffizi; appena abbandonato il sellino, mi assale alle spalle un clown, e mi stringe, spaventandomi. Mi rendo conto di essere accerchiata da turisti, turisti di tutto il mondo, che, fra i piedi della Medusa del Cellini e lo sguardo del David, si erano disposti a mo’ di spettatori e si divertivano un mondo a vedere la reazione delle donne (tutte erano donne, le persone oggetto di questo gioco) che il clown assaltava.
Ero caduta nella tela-circo che il clown aveva intessuto per divertire i turisti-spettatori.

Spaventata, ho reagito duramente. Il clown ha chiesto scusa, e anche questo faceva parte dello spettacolo.
Ho ripensato allo studio della prossemica, che vale anche per i pagliacci, e che quello aveva infranto. Essere pagliaccio non basta più, per far ridere bisogna invadere, travolgere, mettere alla berlina l’altro. De-sacralizzarlo. Il clown ha sempre fatto l’opposto, mette alla berlina sé stesso, la sua umanità fragile, ma è sempre gentile, anche quando è crudele.
Nemmeno essere turista e basta, visitare una città, i suoi monumenti, sembra bastare più. Bisogna fagocitare la città, travolgerla, assaltarla con spessa e sostanziale indifferenza, divertirsene. E poi, magari, se proprio reagisce, chiudere il tutto con una 'scusa'.

Il pubblico-turista non ha gradito la mia reazione, gridava ‘buuuu’ alla mia volta, come non ha gradito quella di un’altra donna dopo di me caduta nella ‘rete’ e che come un insettino ho visto divincolarsi fra le braccia del ragnetto-clown.
M.E.

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