Da diversi anni la cultura italiana estiva è dominata dalla musica e dal cinema.
Naturalmente certa musica e certo cinema, commercial-virtuosistico, s'intende, anche quando si tratta di musica classica. Tutto rigorosamente commerciale e numerico (nel senso di far numero e massa, pubblico).
Si va verso un progressivo abbandono del teatro, della prosa in particolare, perché è sommamente fastidiosa e non prevedibile. In particolare si nota d'estate, un tempo la prosa era molto più smerciata, anche presso le case del popolo, che ormai invece riempiono cassa attraverso il ballo da balera e la pizza.
D'estate si pensa che la gente voglia intrattenimento, divertirsi, stare all'aria aperta e basta. Magari con una buona dose di volgarità, parolacce, grasso carnascialesco. O 'buona' musica.
L'abbandono del significato che cede il posto al significante è in atto ormai da molto tempo e si osserva in tutte le stagioni, come se la cultura estiva, il disimpegno si voglia spandere omogeneo sui trecentosessantacinque giorni dell'anno; la crisi economica non fa che rendere un grande servigio a chi vuole farla finita con gli artisti, che invece vorrebbero dire qualcosa e si ostinano a ricercare il significato. E per questo non fanno grandi numeri.
A Prato, a Officina Giovani si è praticato questo: si è fatta finita. Non che prima Officina Giovani fosse in assoluto il luogo dei significato: tuttavia una qualche 'ricerca' era presente; magari poteva non piacere; magari era strumentalizzata e gestita da associazioni in odore di Sinistra; tuttavia ora è finita.
Non c'è più un luogo collettivo per i giovani.
Il dibattito che si legge sui giornali è il canto del cigno e non serve a nulla.
Servirebbero altre azioni, ma i giovani, finora, non sembrano disposti a tanto.
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