venerdì 20 febbraio 2015

Il caso Soria: ovvero come fa un artista a essere ben visto dai politici

Torno sul caso Soria, che accusa attori, scrittori e politici di aver preso i soldi a nero, perché ho ascoltato l'intervista pubblicata dal "Il fatto quotidiano".

Soria afferma che dando mazzette ai politici, quelli vedevano il premio "Grinzane-Cavour" con simpatia.

Insomma, ecco spiegato perché alcuni artisti o compagnie riceverebbero contributi con più facilità rispetto ad altri.

Con questo sistema 'circolare' che Soria lascia intravedere, una parte dei soldi pubblici tornerebbero o ai partiti o agli appartenenti al partito che sponsorizzerebbero, diciamo così, certi artisti, compagnie, eventi. 

Così si spiegherebbe anche come coloro che non danno mazzette, non ricevano mai contributi, appoggio, sostegno. Forse Soria avrebbe dovuto aggiungere anche come si fa a vincere i premi letterari.

Insomma, alla fine della fiera, ecco quello che risulta chiaro dalle dichiarazioni  di Soria: se vuoi lavorare nel settore spettacolo devi ungere, naturalmente a nero. Oppure, aggiungerei io: lavorare 'per', portare voti.

Lui dunque avrebbe le prove di ciò che sospetto da tempo; un sistema che mi avrebbe danneggiato direttamente e che, aggiungerei, coinvolgerebbe anche nomine agli enti di personaggi vicini a certi politici.

Se così davvero fosse, altro che arte serva!; direi, puttana.

(Seguo la vicenda con molto interesse, perché appunto ne sono direttamente coinvolta. Sono anni, almeno quasi quindici anni, da quando scrissi il "Manifesto contro il monopolio sulla cultura" (1999), che mi vedo come vox clamantis in deserto.
Ricordo che lo facevo sottoscrivere; alcuni colleghi non l'hanno mai voluto condividere; altri sembravano non capire.
A parte qualche caso isolatissimo, timide proteste negli ultimi due forse tre anni, nessun noto personaggio ha mai parlato di un sistema che soffoca, stritola l'arte e gli artisti.
Come sapete, mi sono stati rifiutati contributi, senza un vero motivo, se non quello 'aziendalistico', ossia il mio teatro sarebbe troppo piccolo, e quindi non avrebbe numeri per ricevere finanziamenti. Naturalmente la motivazione, ribadita anche dal TAR, è abominevole e discriminante. Grazie a ciò, noi vediamo colleghi vivere da benestanti,  lavorare nei grandi teatri (alcuni addirittura assunti in pianta stabile), essere accolti alle feste con i candidati alle regioni, e noi dobbiamo lavorare duro per sopravvivere, oltre a essere umiliati quotidianamente da certa politica ed esclusi dai circuiti eccetera, come costantemente avviene in quello regionale, com'è noto gestito politicamente - presidente e direttrice di certa area politica).




Per chi vuole leggere il mio vecchio 'manifesto': http://primaveradiprato.blogspot.it/2009/11/un-manifesto-ancora-valido.html

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