martedì 10 febbraio 2015

Il caso Fonderia Cultart

Da tempo si borbottava, in città, 'contro' l'attività dell'associazione culturale "Fonderia Cultart", che, come risulta dall'esposto del M5S, negli ultimi anni ha ricevuto diversi incarichi organizzativi per un totale di circa 500 mila euri.

Non li conosco; o meglio, solo una volta, mi sembra nel 2011, ebbi modo di incontrare due di loro in occasione degli eventi per il centenario dell'Unità d'Italia al Teatro Magnolfi, dove noi presentammo "Anito e Garibalda". Credo che quei ragazzi nemmeno videro lo spettacolo.  In realtà non furono loro a ingaggiarci, bensì l'assessore Beltrame.

Poi non c'è stato altro incontro, perché come altri organizzatori di spettacoli, invece di tenersi informati e aggiornarsi su tutto quello che accade a livello culturale, si tengono ben lontani da realtà come il Teatro La Baracca, verso cui nutrono un sincero disprezzo aprioristico.

Tuttavia non scrivo per risentimento;  non mi sono mai curata di loro, né ho presentato loro proposte eccetera, perché mi è stato subito chiaro che artisticamente siamo lontani: reputo le loro scelte artistiche superficiali, alla moda, trendy, giovanilistiche, rock; il loro ambito esclusivamente commerciale e di immagine (come s'è visto per "Visionaria").

Ma questo è un giudizio e come tale opinabile. L'Italia è piena di agenzie che si occupano di spettacolo in questo modo, e forse questi di Fonderia non sono nemmeno i peggiori. Anzi, io non nutro nei loro confronti alcuna ostilità.

Né mi piacciono le gogne mediatiche. Tuttavia, quando si dà troppo a certi e ad altri nulla, be' allora,  bisogna farsi delle domande.
Perché non si dà e non si è dato anche ad altri organizzatori la possibilità di crescere un po'?
Non c'è concorrenza, altrimenti. Non c'è visione 'altra', ma solo 'visionarie'. Non ci sono altre offerte. Non ci sono altre scelte.

Queste associazioni, che ricevono i soldi pubblici, e non parlo solo di Prato, rischiano insomma di essere la fotocopia esecutiva, pratica della politica stessa (se non lo fossero, darebbero loro tutto questo credito?), e si comportano e troppo frequentemente come i monopolizzatori di cultura regionale o di Stato; tanto per fare un esempio: Fondazione Toscana Spettacolo, che presenta spettacoli solo di certi artisti, quelli che si tappano la bocca, dicono di sì, o fanno cassetta.

E questa monopolizzazione nella monopolizzazione peggiora ancor di più il ristretto campo della politica culturale che, a noi artisti miserandi, ci vuole sempre più servi, con spettacoli e manifestazioni sempre più simili, piacione e, in fondo, di basso livello, se non altro emotivo.

Un sistema che sforna senza sosta, ahimè, artisti pensieri anime a una dimensione. Anzi, ormai, artisti a una 'confezione'.

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