Più volte mi sono chiesta se fosse opportuno fare uno spettacolo su Tien An Men.
Il pubblico sembra gradire ormai solo concerti e divertimento. Commedie e comici.
Oggi la tragedia a teatro è impossibile, se non sostenuta dal marketing del teatro ufficiale. E anche in quel caso, cum grano salis.
Già nel 1961 George Steiner ne delineava chiaramente la sorte in Morte della tragedia.
Quindi, vietato riflettere. Vietato ricordare. Se non il ricordo ufficiale, quello autorizzato, e nei giorni dedicati.
Il pubblico viene ampiamente allevato a farne a meno, perché la tragedia, il dramma non si addicono all'addormentamento delle coscienze, e possono dar fastidio ai flussi politici ed economici.
Meglio la musica confezionata nei concerti dove, oltre al maggiore incasso, l'eventuale 'messaggio' è trasceso dalle notizie e dai dibattiti sui numeri e dalla conta sul pubblico. Il dibattito sul 'successo' è più interessante dello spettacolo stesso.
Non si discute quindi in argomento.
Ora poi su questioni cinesi, sulla mancanza di democrazia in quel paese, sulla gente tenuta in carcere, il muro di gomma è assoluto. A Prato, in particolare, è tabu.
L'abbiamo notato per la proiezione al Castello dell'Imperatore del retorico Free China.
E da molto tempo, nei giornali, non si parla più nemmeno della questione tibetana.
Per le grandi potenze molto meglio scannarsi in zone economicamente più redditizie.
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