mercoledì 17 aprile 2019

Cantieri maldestri a Notre Dame

Notre Dame brucia, viva Notre Dame!...( ma le reliquie sono in salvo!).

Certo, quest'incendio, che si sprigiona da un cantiere maldestro?, mah!, non poteva capitare nel momento più opportuno, per Macron, messo sul trono dai potere forti, e guarda un po' che casualità, poco prima di parlare alla Nazione Francese in risposta al sommovimento generale messo in campo dai terribili Gilet Gialli!
L'incendio che distrugge Nostra Signora lo salva, almeno per un po'!, e insieme mostra tutta  la gioia isterica e la viziosa prodigalità, ipocrita, di tanti straricchi signori e potenti società, pronti a donare sfacciatamente,  oh, abietta pubblicità, milioni di euri per la santa causa della ricostruzione del "simbolo", ma ugualmente pronti a continuare a sfruttare l'umanità, come ora sfruttano le opere d'arte,  ma solo quelle che offrono la ribalta.

Riguardo alla ricostruzione (in 5 anni tornerà più bella che pria!, ha annunciato Macron), aggiungo un commento e foto, non mie, fra cui un importante disegno del progetto de "La Flèche".




La fléche di Viollet-le-Duc. Restaurazione e restauro allo specchio della storia

Giuseppe Alberto Centauro

L’incendio della cattedrale di Notre-Dame de Paris è una ferita sanguinante. Lo è ancor più per come si è vista cadere a pezzi in diretta tv, fin dalla prima ora e per tutto il tempo che le fiamme andavano consumando i grandi padiglioni del tetto. Mai più vedremo l’altissima guglia di 96 metri di Viollet-le-Duc svettare sotto il cielo di Parigi. Quando il fuoco ha cessato la sua azione devastatrice sono rimasti solo i “ridondanti” commenti dei telegiornali e delle radio. In un tale contesto le analisi fatte dai detrattori di Viollet-le-Duc sono parse come stilettate date alla cultura, anch’esse antistoriche al pari degli sprezzanti giudizi dati sulla qualità e il significato dell’opera di quel grande maestro dell’architettura dell’800.   Si è negata la rilevanza dei lasciti culturali della “restauration”, ovvero di quella stagione a tinte assai forti rimasta a lungo viva nella Francia post giacobina. Dimentichi del fatto che l’incipit del restauro moderno in architettura e nelle arti è solidamente rappresentato proprio dalla figura di Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc che è stato per l’Europa tutta un preciso punto di riferimento per la straordinaria difesa delle testimonianze del passato anticlassico e medioevale, gran conoscitore e divulgatore dei valori dell’identità nazionale e regionale. Certo egli fu artefice di una cultura del restauro ora abortita dalla disciplina, un restauro architettonico soprattutto inteso come uno strumento di messa in pristino delle forme perdute, persino di quelle forse mai esistite, e del rifacimento in stile, propugnatore di modalità d’intervento che sono assai lontane dalla nostra concezione del documento storico che lega il restauro ai principi della scienza della conservazione. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che questa sua poderosa azione di ricostruzione ha svolto un ruolo fondamentale per promuovere l’idea e l’importanza politica stessa della salvaguardia del patrimonio monumentale e non solo. La guglia di Notre-Dame de Paris, in particolare, ha rappresentato, anche per il suo alto valore simbolico, l’apice assoluto di quella stagione così decisiva per le sorti dell’arte e dell’architettura in Francia e nell’Occidente. La flèche di Viollet-le-Duc  è oggi perduta per sempre, vaporizzata con le antiche e assai complesse carpenterie lignee della copertura (non a caso nota come la forêt). Eppure  sembra che non ci sia nessuno che indichi fino in fondo il reale danno procurato dalla sua perdita, un insostituibile valore che non si può ricostruire perché la testimonianza fisica del bene culturale vive oggi nella materia e non già nella forma, o nel ricordo di quella. Dunque non è corretto essere così superficiali  sulla possibilità di sostituire questi “falsi storici” dal contesto di un monumento dell’antichità, in particolare questi di Viollet-le-Duc che sono da considerare documenti della storia e non già “vuoti a perdere” perché proprio queste opere rappresentavano i capisaldi del restauro moderno!

L’eccezionalità e la qualità della fléche di Viollet- le-Duc la fanno considerare un patrimonio dell’umanità, una pietra miliare della storia dell’arte, utile nel percorso della conoscenza che accompagna la storia della civiltà umana; non solo un simbolo dunque, bensì un complesso intreccio di arte, genialità e cultura. Notre-Dame, dopo l’incendio che ha distrutto il tetto e l’alta guglia, non sarà mai più la stessa come ogni monumento che perde fisicamente pezzi rilevanti della sua storia. Di certo la potremo ricostruire ma avremo comunque perduto una parte importante della sua storia che nessuno restauro potrà più riportare alla luce. 
 (PROF. ARCH. GIUSEPPE ALBERTO CENTAURO)

La flèche
Lassus et Viollet-le-Duc s’étaient opposés a l’idée de compléter l’édifice par les deux flèches prévues initialement pour couronner les tours de façade, mais jamais exécutées.
Violet-le-Duc donna un dessin pour montrer l’aspect qu’aurait alors  présenté le monument. Il fut pris par la suite pour un projet téméraire.  Il n’en allait pas de méme de la flèche de la croisée du transept détruite en 1792 e dont la souche étatit encore visible en 1844. Les architectes proposèrent un project qui s’inspirait de l’ancienne fleche connue par un dessin de Garneray. Il est étrange de remarquer que Lassus, favorable en 1844 à son exécution, se montra par la suite réticent, en s’interrogeant sue la fidélité du dessin.
Viollet-le-Duc se chargea de l’exécuter aprés  la mort de son collaborateur et réalisa une œuvre d’une grande beatué de dessin. La charpente d’une admirable exécution était  l’œvre de Bellu à qui l’on devait déjà celle de la Sainte-Chapelle. Il  s’eloigna du dessin de Garneray en ajoutant pour  notre plus grand bonheur les statues d’apôtres et la sienna propre, en cuivre repoussé, dues au talent de Geoffroy-Dechaume. Avec ses quatre-vingt- seize metres de haut, elle termine superbement la junction des toitures.


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