Finalmente, Fulvio, mi giunge notizia che l'emeroteca della Biblioteca di Prato sarà a tuo nome. (1)
E' piccola cosa, tardiva, ché da vivo, dopo averti tolto la Bottega d'Arte Comune di Iolo non ti dettero nulla per costruire la tua sognata emeroteca, nemmeno uno di quei container del progetto -fallito- della Riversibility; e non ti hanno veramente ascoltato mai, anzi se possibile ti hanno scansato sempre, evitato quando ti vedevano arrivare camminando per la città o con la tua Panda bianca dove sei morto; e ricordo quando abbandonavano la sala al sentirti parlare; quando ti illudevano nei tuoi incontri assessòri, di cui tu mi raccontavi puntualmente; prima felice e poi mesto e deluso; messo da parte per le tue giuste battaglie: vogliamo ricordare quella contro la Multisala di Capezzana a Prato?...Ma sia, ora che tu non ci sei più, ecco, hai finalmente una emeroteca tutta tua.
Certo a te sarebbe bastato molto meno da vivo: uno spazio tuo e qualcuno che ti seguisse nei tuoi sogni.
Naturalmente noi della Baracca non saremo ricordati come altri perché mal visti, eterodossi proprio come Fulvio!, ma da noi è partita l'idea della titolazione un anno fa (2) - e anzi avremmo voluto ancor di più, che ti intitolassero la piazza davanti alla biblioteca per cui alla Baracca abbiamo raccolto anche tantissime firme-, e noi ci abbiamo messo parecchio del nostro perché si realizzasse.
Fulvio: nella scorsa stagione, prima di ogni spettacolo, ti abbiamo ricordato sempre, condiviso qualcosa di te che tu ci hai lasciato in eredità. E quest'anno, a settembre, abbiamo iniziato proprio con un incontro libero al teatro La Baracca, dal titolo L'emeroteca di Fulvio.
Siamo sempre stati con te, e tu ci hai dato tutto con la tua intelligente, sempre gentile e affettuosa, acuta, costante presenza; con le telefonate mattutine, le chiamate alle armi culturali della sera, le veglie di Natale, le veglie rosa sapiens, gli articoli fotocopiati, i dibattiti dopo gli spettacoli, gli appuntamenti del mattino alla Baracca, sempre improvvisati e felici, quando - e meno male! - ti infilavi in quel tempo per me immancabilmente stretto, a commentare e a raccontarmi di te e dei tuoi sogni. E tanto altro che hai fatto e abbiamo organizzato insieme in questi lunghi anni. Ci conoscemmo nel 1994 e da allora non ci siamo mai persi di vista. I primi tempi litigavamo anche. Abbiamo anche cenato insieme, oltre che mangiato alla Baracca, come ogni tanto ci piace fare. Tu mangiavi come un uccellino.
E non mi posso dimenticare quella sera di tanti anni fa che accettasti il mio invito per una "pizza alla popolare", dove anche parlammo di amore, e usasti quelle parole di così pura bellezza che non ho mai più ascoltato.
Ti abbiamo voluto bene, Fulvio, e siamo (parzialmente) soddisfatti del risultato. Finalmente.
Noi continueremo a tenerti vivo con, fra noi.
P.S. Non dimenticate di mettere una sua foto, grande grande, nell'emeroteca. Se volete potete prendere questa, lui andava fiero di quel cartello che mostra.
Questa foto, che spacciano tutti, gliel'ho scattata io alla Baracca nel 2014, uno dei luoghi da lui più amati della città.