giovedì 11 dicembre 2014

Lettera a Mogol

Signor Mogol,

Lei ha detto belle parole sul cantante Mango, ha espresso dolore per la sua morte improvvisa, ha definito chiaramente il 'vero artista' come colui che è libero, che non fa tutto per calcolo, per promuovere la sua immagine. 

Ma è possibile essere un artista libero come lei lo definisce e come anch'io condivido, o è soltanto una bella immagine, una utopia?
Oggi tutto è immagine e falsità, strumentalizzazione del mercato e della politica. Pochissimi corrispondono alla descrizione che Lei ne dà. Se esistono, vivono nascosti, tenuti seppelliti vivi. Gli artisti, di qualsiasi arte si parli, si trovano quasi tutti al servizio del 'sultano', con il solo fine di fare una marchetta, di lavorare, di essere qualcuno, di essere visibili e soprattutto famosi, sfondare eccetera, e tanti tanti lo sono proprio fra i giovani, che invece dovrebbero essere ben altro. Anche se indossano la divisa 'revolucionaria' o punk eccetera eccetera, sono tutti in fila.

Oggi l'artista è mediocre e lecchino, e solo così è vincente e mostrato dai media; è così stabilito un tacito accordo fra chi comanda e chi è comandato. Tu fai il mio cane, e io ti dò l'osso.

Certo questo è sempre stato (basta leggere Marziale), ma la contemporaneità ha affollato i ranghi del grande e inutile, e anche brutto esercito. Per questo l'arte è in gran parte spazzatura commerciale, anche quando si ammanta di qualche bell'aggettivo, e il pubblico non si emoziona che di rado alle mostre o  all'ascolto delle canzoni. Non facciamoci illudere dalle file davanti agli Uffizi nel giorno del gratuito.

Dunque, posto che ancora si possa parlare di artista sincero e libero, oggi,  quest'artista viene alla fine fatto morire, in qualche modo, perché non serve a nessuno; e, appunto, muore, emblematicamente, sul palco.

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