sabato 10 gennaio 2015

Madadi

Del mio 'fidanzato' iraniano (o come si preferiva allora, persiano), Madadi, conservo qualche lettera.
Ci incontrammo a Nizza, lui si stava laureando in medicina. Fu una storia breve, ma molto intensa, tutta giovanile, spregiudicata.
A quei tempi non c'erano guerre di civiltà e l'amore esotico era uno dei tanti amori possibili. 
Non esisteva nessuna guerra santa, ma soprattutto nessuno dei suoi amici, dei suoi familiari parlava di religione. E, manco a dirlo, nemmeno io.
La ricerca dell'identità, posto che ci ponessimo questo problema, percorreva altri binari.
Non pensavo che lui fosse un mussulmano, non contemplavo nemmeno questa possibilità, e lui credo uguale, non gliene importava nulla della mia cultura cristiana. 
Con Madadi non esisteva l'argomento religione, o velo, o queste storie di oggi. Allora vivevo l'abbigliamento nei due estremi: solo gonne o lunghe ai piedi o cortissime. Non mi pettinavo che una volta alla settimana. Lui vestiva all'occidentale, semplice ma elegante. Insieme eravamo molto buffi e attraenti.
Madadi era un bellissimo uomo, più grande di me di diversi anni, con un bellissimo sorriso bianco e occhi neri lucenti. Poi, siccome ero sempre in fuga, mi ritrovai da un'altra parte.

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