Del mio 'fidanzato' iraniano (o come si preferiva allora, persiano), Madadi, conservo qualche lettera.
Ci incontrammo a Nizza, lui si stava laureando in medicina. Fu una storia breve, ma molto intensa, tutta giovanile, spregiudicata.
A quei tempi non c'erano guerre di civiltà e l'amore esotico era uno dei tanti amori possibili.
Non esisteva nessuna guerra santa, ma soprattutto nessuno dei suoi amici, dei suoi familiari parlava di religione. E, manco a dirlo, nemmeno io.
La ricerca dell'identità, posto che ci ponessimo questo problema, percorreva altri binari.
La ricerca dell'identità, posto che ci ponessimo questo problema, percorreva altri binari.
Non pensavo che lui fosse un mussulmano, non contemplavo nemmeno questa possibilità, e lui credo uguale, non gliene importava nulla della mia cultura cristiana.
Con Madadi non esisteva l'argomento religione, o velo, o queste storie di oggi. Allora vivevo l'abbigliamento nei due estremi: solo gonne o lunghe ai piedi o cortissime. Non mi pettinavo che una volta alla settimana. Lui vestiva all'occidentale, semplice ma elegante. Insieme eravamo molto buffi e attraenti.
Madadi era un bellissimo uomo, più grande di me di diversi anni, con un bellissimo sorriso bianco e occhi neri lucenti. Poi, siccome ero sempre in fuga, mi ritrovai da un'altra parte.
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