giovedì 30 aprile 2015

Da "Lo spettacolo della città": Gelsomina


A un mese di distanza dal debutto de Lo spettacolo della città, inserisco qui il pezzo in cui recito "Gelsomina" dalla mia Antologia del Bisenzio. Qui siamo nella sosta in viale Galileo Galilei lungo la ciclabile che costeggia il Bisenzio.
Stiamo preparando i prossimi viaggi, due con percorso nuovo, e presto comunicheremo i dettagli.

(P.S. Gli scopiazzatori sono avvisati: il format de Lo spettacolo della città è tutelato; questa volta non sono stata sbadata come per Cuori di donna o altro).

mercoledì 29 aprile 2015

Il Soccorso "brucia"

L'incendio della fabbrica di legnami Puggelli avrà conseguenze lunghe sul futuro del nodo stradale del Soccorso di Prato.
Io non so bene come si sono svolti i fatti, ma la fabbrica si trova a ridosso  della 'strettoia' sulla Declassata, troppo. E, nel tempo, ci troviamo anche molto a ridosso della strettoia elettorale.
Tutti più o meno sanno che ci sono due 'partiti': quelli che vogliono il sottopasso e quelli che invece vogliono l'ampliamento del sovrappasso.
Aspettiamo quello che ci dicono le autorità inquirenti;  però, se l'incendio è doloso, Sherlock Holmes ci insegna a farci subito le domandine per qualche preliminare conclusione. Via,  tanto per esercitarsi un po'. Intanto due:
1. A che ora è iniziato l'incendio? Poco prima dell'alba, sembra. Se è così, ripeto, se è così, e le indagini ce lo diranno, sarebbe stato giusto in tempo per fare un bell'incendio in cui coinvolgere in qualche modo la città che si sveglia e va al lavoro e a scuola, e proprio nel punto più ingolfato dal traffico. Se si voleva colpire solo la fabbrica per altre questioni (per esempio, racket), l'incendio sarebbe potuto scoppiare nel bel mezzo della notte, con più tempo per i danni?
2. O forse sono sufficienti questi danni per togliere di mezzo la fabbrica?
Al momento non mi sento di concludere nulla di buono.

ROSSI E' RèNZICO

Nel film che sta interpretando per la sua 'cementificata' elettorale (ops, si dice 'campagna'...), Rossi crede di essere come Serpico, e quindi dalla parte dei 'giusti'; invece è soltanto Rènzico.
Peccato.
Usa infatti il decisionismo di Renzi, con l'aggravio che, essendo meno fanciullo e senza quelle effigie da bambolotto 'cicciobello', risulta ancor più antipatico. Insomma, banalmente e detto terra-terra, ha proprio l'aria del pisano.
Tutti quelli che non la pensano come lui, nel suo Partito, non hanno futuro in Regione e forse nel Partito stesso.
Quelli che non la pensano come lui fuori dal partito, devono essere annientati tramite il disprezzo, o meglio "Il Disprezzo di Partito".
L'aeroporto deve essere un bene, anzi, "Il Bene"; il nuovo ospedale è il meglio, anzi "Il Meglio" e la sanità toscana, "La Sanità" o forse anche "La Santità" (ultimamente, con prove alla mano dirette, direi però proprio di no); il turismo toscano è "Il Turismo", e anche per questo bisogna ingrandire l'aeroporto peretolino, che, miracolo, porterà una miglioria ambientale, e valorizzerà, com'è noto, il Parco della Piana Second Life. 
Poi, la città che vuole un posto nel santo trono regionale, a lato del dio Presidente, è detto, bisogna che lo voti. Punto.
I giornali non hanno parole che per Lui, il Rènzico, e tutti gli altri candidati presidenti praticamente non esistono. Il Candidato Presidente è solo Lui; e date le premesse, la 'cementificata elettorale', diventerà probabilmente una 'asfaltata', perché poi alla fine il popolo toscano è un popolo conservatore; anzi data la storica preminenza linguistica, il popolo conservatore italiano per eccellenza. Il popolo dell' 'a miccino'.

martedì 28 aprile 2015

Legalizzare la prostituzione non funziona

Segnalo un articolo de "L'Espresso" sul fallimento della legalizzazione della prostituzione in Germania. (1). Visto che in Italia ci sono tutti questi cantori della legalizzazione-liberalizzazione e degli 'eros center'! Basterebbe che i cantori andassero a fare una 'giratina scientifica' nei quartieri del sesso per capire cosa succede: donne ancor più sfruttate, con la complicità della 'legge'; tratta di ragazzine e altre piccole quotidiane brutalità.
Della legalizzazione avrebbero beneficio i proprietari di case, con gli affitti e, soprattutto, i signori sfruttatori, che generalmente sono uomini. Infatti, dove è legalizzata la prostituzione, le prostitute non pagano le tasse (vi immaginate la prostituta che emette fattura dopo la prestazione o il cliente che la richiede?) e sono ben lontane da formare ditte o cooperative. C'è fortissima concorrenza, competizione cattiva fra di loro, un correre al ribasso del proprio corpo e della propria dignità per accaparrarsi il cliente.
E il cliente spesso cerca questo, in fondo: l'abbrutimento dell'altro attraverso il sesso.
La 'soluzione' non c'è, ma magari è da preferire la formula svedese: in Svezia la prostituzione è reato, vista come un delitto contro la persona, e sembra che la legge abbia portato a qualche risultato; ma di questo ho già scritto. (2)




lunedì 27 aprile 2015

La notte nera della periferia (21): San Giorgio a Colonica

San Giorgio a Colonica è un borgo a sud-est di Prato che mi piace particolarmente. 
Forse, il suo essere assediato dai Macrolotti, dalle tangenziali e dai tralicci l'ha in parte, solo in parte, preservato.
E' interessante dal punto di vista storico e architettonico: ha una casa torre di origine romana; Villa Colzi, rinascimentale, dove ho recitato Oriana Fallaci nel 2007. E anche la chiesa, moderna, ha certo fascino, dove ricordo bei mosaici.
Direi la sua stessa struttura di paese, quadrata, a castrum, intriga.
Famoso anche il cimitero degli animali, "I cipressini", e bellissima è quella parte agreste attorno via del Leone, dove si può apprezzare ancora la Prato com'era.

Tuttavia, San Giorgio è sempre stata, ed è a forte rischio ambientale.
Nel passato vi volevano costruire, fra San Giorgio e Sant'Angelo a Lecore, l'aeroporto; poi l'inceneritore. C'è il deposito inerti a pochi passi che sarà trasferito, sembra, nei pressi di casa mia, a Casale.

Si trovano però invece, vicinissimi all'abitato, fabbriche molto inquinanti, che - io stessa l'ho sperimentato - rendono l'aria quasi irrespirabile. Cosa si diffonde nell'aria e nell'acqua tramite queste fabbriche così a ridosso delle case? Tetracloroetilene? Alchilbenzeni? Percloroetilene?
Ho parlato con gli abitanti, e mi dicono che in certi giorni non si può respirare, che cala come una 'nebbia' attorno. Confinanti con le fabbriche, assurdo, ci sono anche i campi sportivi.

Non siamo certo a Taranto, con l'Ilva, ma - servata proportione - nemmeno tanto distanti.

domenica 26 aprile 2015

Il brutto conformismo delle celebrazioni per la Liberazione

Naturalmente io sono dalla parte di chi ha resistito e resiste. Di chi ha contribuito alla Liberazione dal Nazi-fascismo in Italia.
Ho un bel pedigree, di cui vado orgogliosa: antenati anarchici, socialisti e comunisti. Gente che ha combattuto i fascisti sul serio, ancor prima della Resistenza. Che c'ha perso le penne. Picchiati.
A me, che ero bambina curiosa di storie, raccontavano quello che avevano fatto, senza tanti alambicchi, così. Certo orgogliosi, ma anche ricordando i patimenti. E certe violenze che gli stessi Partigiani avevan fatto.

Ora a veder la melassa di questi giovanotti conformisti, messi su e conditi dai partiti, che parlano davanti alle lapidi e che fanno a gara a farsi fotografare per poi finire su Facebook, o che insegnano ai bambini - tramite video, s'intende, in modo che si veda quello che fanno, sempre sui social ovvio! - conformisti nel loro modo di far politica, nel loro ragionare, nel loro essere e pensare, e sempre dalla parte di chi comanda, se li confronto a certa gente che ho avuto in casa fino a qualche anno fa e che la Resistenza l'ha fatta davvero, mi viene un forte senso di repulsione.

Almeno coloro che ho conosciuto io, non avrebbero amato tutta questa ipocrito ricordo a fronte di una gestione corrotta e collusa dello Stato. Non è per questo stato di cose che avrebbero combattuto i 'Resistenti' o i 'Liberanti'.

Che peccato. La Resistenza è stata una storia dura, amarissima; ci vuole sobrietà e lucidità storica. Non bisogna nemmeno dimenticare che pochissimo prima della Resistenza, il paese era diffusamente e felicemente fascista.
E che ancora oggi lo Stato, con il suo sistema partitico, nel suo modus epifanico locale, non è troppo discosto dall'asfissiante fascismo, i gerarchetti di partito sono ancora qua.

E infatti, se vuoi lavorare - e lo sanno bene i colleghi di teatro e tutti gli artisti - , bisogna celebrare il celebrato e la Memoria Giusta, ma soprattutto, avere in qualche modo qualche specie di 'tessera'.

sabato 25 aprile 2015

Il libraio ambulante di Piazza Beccaria

Nei giorni in cui si festeggia la lettura, proprio ieri, capito in Piazza Beccaria a Firenze. Incontro il libraio ambulante, per l'ennesima volta lo incontro, ma questa volta mi fermo: non ho intenzione di comprare nulla, né cerco alcunché. Trovo però inaspettatamente un libro che mi interessa, e chiedo quanto costi. Il libraio è seduto su una panchina e legge il giornale; tranquillo, amabile, si alza e mi dice: "Un euro".

"Un euro?"
"Un euro".

Mi sono vergognata a dargli solo un euro per un libro così prezioso e in un giorno in cui la retorica fa risuonare i suoi inutili festeggiamenti per la lettura di libri e il diritto d'autore.

venerdì 24 aprile 2015

La Baracca cambia muta



Come le lucertole che vivono sotto la Baracca, davvero!, ci rinnoviamo. Il Teatro La Baracca sta cambiando pelle.  Si cambia muta!
E' anche questo un modo per festeggiare la 'nostra' resistenza e liberazione, contro i nostri oppressori, i dileggiatori, i finti indifferenti;  per liberarci da chi ci voleva e ci vuole 'morti'.

Saremo invece ancora più belli e presenti.

giovedì 23 aprile 2015

Renzi e il renzismo, o dello sviluppo dello stato diseguale

Mentre Renzi e gli altri organizzano l'Italicum e si danno gran daffare per le leggi elettorali e le gestioni di potere; mentre ci si occupa e si litiga per la corsa regionale eccetera, lo stato sociale dell'Italia è lasciato a sé.

Non ci si cura di come stanno i propri cittadini, in sostanza; la gestione della sanità, della vecchiaia - sempre più diffusa perché si vive di più - della scuola, tutto il sistema sociale ed educativo è sempre più lasciato alle famiglie, e si salva solo chi ha un po' di soldi, si può infilare in qualche clinica, può frequentare scuole rinomate, e magari con l'aiuto di badanti georgiane o di donne extracomunitarie disposte a lavorare in condizioni più sfavorevoli eccetera.
Tutto questo sistema tendente allo schiavismo e allo sfruttamento aumenterà con l'arrivo dei migranti.

Renzi e il renzismo si preoccupa solo di continuare ad esistere (lui e l'apparato), senza minimamente affrontare i problemi che generano e sviluppano uno stato fortemente diseguale, e in sostanza affaticato e oppresso.

Le elezioni, con tutto il gioco inutile dei candidati - che non saranno in grado e non potranno cambiare alcunché e per questo sono candidati -  sono ormai da rifondare, ripensare; più che il momento della democrazia, è quello della fregatura.

mercoledì 22 aprile 2015

Toscana: quanto è patacca questa eccellenza

Non se ne può più. Sentirsi ripetere dalla mattina alla sera che viviamo in una Regione, la Toscana, dove regna l'eccellenza.

Tutto qui sembra funzionare nel migliore dei modi, tutto è bello, fatto bene.
La sanità funziona, la scuola funziona, il paesaggio è bello, la gente simpatica.
E' una litania disgustosa.

Basta  una gita a Monte Morello o sulla Calvana per capire che non è così, che la Toscana è stata distrutta e modificata al peggio: la Piana di Pistoia Prato Firenze è stata distrutta dal cemento; una giratina verso il pisano mostra cosa hanno combinato già da diversi anni gli 'eccellenti'. E facciamo alcuni nomi, andiamo a fare qualche giratina a Bientina, a Santa Croce sull'Arno...e a respirarne l'aria!
Mi è bastato vedere poi, ultimamente, com'è ridotta Grosseto, città anonima e designificata (in funzione militare?).

Sto poi verificando in questi giorni le eccellenze della Regione in campo sanitario, eccellenze che sono soltanto per chi può permettersi il lusso di farsi una operazione rapida, sicura, fatta bene, pagando una cifra esorbitante.

Senza dire della cultura, che non c'è. Questa perla toscana è la patacca numero uno.
La cultura come elaborazione vera e autonoma, originale è morta o contrastata, non ha più luogo: per trovare qualcosa di 'vero' mi rivolgo ai miei genitori, o a gente ormai in via d'estinzione. Ci sono inutili celebrazioni di feticci gestiti dal potere, spesso falsati o resi falsi (vedi il caso di Gonfienti, per cui nelle ultime visitine avrebbero raccontato che l'Interporto segna il confine della città antica!), osanna con titoli in inglese corredati dallo spaventoso simbolo del 'cancelletto', calzante, ché dà l'idea della gabbietta mentale in cui questi culturioti devono muoversi.  Oppure lodi ai finti anticonvenzionali, agli 'sporchi brutti e cattivi', come se per fare cultura bisognasse essere per forza 'out' e parlare in...toscano! (Guai a non parlare il toscano per un toscano, che toscano è?). In realtà si tratta di artisti totalmente 'in', sono dentro fino al collo nel sistema, e vogliono starci!
Di frequente in Regione si osservano 'eccellenti' pecoroni belanti, ignoranti, ambiziosi in vari campi.  'Eccellenti' scopiazzatori,  lecchini esecutori.

Come i cartelli pubblicitari che una ex assessora voleva piazzare per promuoverne il turismo, la Regione Toscana, così come propagandata e raccontata dai media e dai politici, è una vera e propria patacca.

martedì 21 aprile 2015

Mondo macellaro

Mondo macellaro
sempre più aggressivo
violento
amaro.

Mondo vampiro.

Gente imbestialita
ti manda
con un semplice
'fanculo'
ti aprostòfa,
e a quel paese
ci vai ogni giorno,
e a fine mese

grandi incassi e uscite
di parole grosse,
offese.

Uso volgare, assassino
di gesti e parole;
la bestia è ben viva
nel mondo occidentale;
e la lingua fa ogni giorno
la sua strage 'normale'.

L'indifferenza prende il posto
dell'ultima decenza.

Mondo vampiro;
la gente ti saluta
ti rispetta
solo per danaro,
con raggiro.

E se non hai niente
né carte di credito né terre
nudo muori in mare,
la tua carne serve alla spigola,
carcassa da spolpare.

lunedì 20 aprile 2015

Veltroni, l'epigono

Walter Veltroni ha girato un altro film, "I bambini sanno".

Da un punto di vista filmico, tecnico, è una scopiazzatura di "Comizi d'amore" di Pier Paolo Pasolini e, anche, "Di amore si vive" di Silvano Agosti.

Ma il film del signor Walter è condito di melassa, insincero, a tesi, con una fotografia 'perfetta', asfissiante.

Da un punto di vista del contenuto (visto che a lui piace il contenuto), be', è condito di un rousseauismo di maniera, dove i bambini sono buoni e bravi e non vanno corrotti eccetera.

Ne risulta un epigono a trecentosessanta gradi di una serie di grandi personaggi e figure da lui lontanissime.

L'ottimismo panglossiano che sottintende all'opera rende l'artista un altro inutilmente epigono di Voltaire.

Meno male che ha evitato il titolo in inglese.


domenica 19 aprile 2015

Stagione 2014-2015 al Teatro La Baracca: qualche considerazione

Come ogni anno scrivo alcune considerazioni sulla stagione teatrale alla Baracca 2014-2015  appena conclusa ieri, con certa soddisfazione devo dire.
Punti deboli: tutti gli spettacoli per ragazzi, i meno seguiti quest'anno - con l'esclusione di Petuzzo - , ma credo sia dovuto alla crisi economica. Nonostante il biglietto ridotto, diverse famiglie hanno scelto, quando hanno potuto, l'ingresso gratis offerto in alcune occasioni dal Comune.
Al contrario invece tutti gli altri spettacoli, per cui registro un discreto aumento di spettatori e...di 'consensi', a partire dal controverso Miriam, moglie di Gesù; il  tutto esaurito del (decimo anno di repliche!) de  L'infanzia negata dei celestini, e lo straordinario ' successo' de Lo spettacolo della città.

Rimane il fatto di essere invisi a gran parte della politica (se così si può chiamare) locale, agli pseudo guru di varia estrazione, quelli di origine sinistrorsa, destrorsa, indiana africana eccetera.

Non solo perché il Teatro La Baracca non appartiene a nessuna 'chiesa', ma anche per invidia, sia ben inteso, perché molti di loro nemmeno sarebbero capaci del quarto del quarto di quello che facciamo noi da più di vent'anni, ossia tenere in vita uno spazio culturale con pochi spiccioli pubblici in un luogo così periferico, con produzioni originali e in alcuni casi innovative, che hanno valorizzato la storia della città di Prato portandola a livello nazionale e internazionale, di cui mai nessuno mi ha dato atto o riconoscimenti. Ecchissenefrega.

Totalmente inesistente il Teatro La Baracca per tutti coloro che ricoprono cariche comunali anche quest'anno, se si esclude una, due eccezioni; nonostante blaterino sulle periferie, non le vivono se non tagliando nastri o commentando vana-vanitosamente sui social.

Questo lo scrivo tanto per curiosità, come nota di colore, per evidenziare, per l'ennesima volta, la discrasia infinita fra i programmi elettorali di questi nostri rappresentanti politici che vivono con i nostri soldi, che percorrono carriere grazie all'appoggio di partiti e potentelli, fra i loro discorsi e promesse e la squallida miseria loro epifania politica. 

Quest'anno poi abbiamo subito il colpo, durissimo, dell'esclusione da ogni contributo pubblico per l'attività teatrale alla Baracca dalla Regione Toscana, e questo varrà per tre anni.

Così pensavano di metterci a tacere e di farci morire.

Questo sia detto per far capire come la cultura di cui si blatera ai piedi dei sassi pompeiani - e Gonfienti lo dimostra, nonostante le 'visitine di primavera' - sia una vera falsità. Come si sarebbe scritto una volta, si tratta di Kultura.


sabato 18 aprile 2015

Stasera dedico "L'amore..." a Gianfelice

Stasera dedico "L'amore è un brodo di capperi" a Gianfelice D'Accolti, che è tornato a casa dopo l'operazione al tendine e che ha iniziato la convalescenza a casa.
Presto di nuovo in piedi bene...e al lavoro per un altro "Spettacolo della città"!

venerdì 17 aprile 2015

Elezioni regionali: nessuna emozione

Alzi la mano chi prova qualche emozione per i candidati delle prossime amministrative regionali.
Non può stupire un risultato di astensione, quello che tutti si aspettano.

La politica non è più capace di parlare di politica, né di immaginare mondi diversi futuri. Anzi, il futuro non ci deve proprio essere, così siamo tutti schiavi e poveracci -la maggioranza- e siamo buoni agli usi del presunto democratismo e pronti ad andare nei supermercati, presto anche di notte, come accade da diversi anni ad Andorra, per esempio.

Le Regioni non hanno finora dimostrato di costituire un elemento alternativo ai giochi di potere nazionale, e di questa politica sporca e fetente ne sono solo una pessima fotocopia, ma di una fotocopiatrice a cui non è mai stato cambiato il toner.

Per quanto mi riguarda, io sono contraria alle Regioni se non in senso geografico (com'era prima degli anni '70), anche perché certo potere, troppo potere va in mano a degli inetti e incapaci mentali, che stanno là solo grazie alla loro succube mediocrità, pedine volontarie e silenziose di volontà più grandi. La prima e più evidente è proprio quella di distruggere la geografia regionale e il suo paesaggio, inquinando e cementificando dove è possibile eccetera eccetera. Naturalmente in nome e in sacrificio del Dio Lavoro, la cui invocazione viene utile all'uopo.

Il mio teatro (oltre alla mia persona, ca va sans dire!)  è stato ed è perseguitato, schiacciato proprio dal sistema culturale regionale, che vuole eliminare ogni voce dissonante e di significato, e solo tenere in piedi chi lo sostiene (sostienimi che ti sostengo); per cui sfido, fra questi nascenti campioni e astute campionesse del gruppo 'pur diversi ma sempre i soliti',  a convincermi, con i loro triti discorsetti da serate facebook, a votarli.



giovedì 16 aprile 2015

Vogliamo ringraziare un po'



In occasione de "L'amore è un brodo di capperi" di sabato 18 aprile prossimo (ore 21) abbiamo deciso di festeggiare un po' (nonostante le tante difficoltà e gli impedimenti...): chi ha visto uno spettacolo al Teatro La Baracca della presente stagione 2014-2015, incluso "Lo spettacolo della città", entra con lo sconto. 
Ringraziamo così gli spettatori che ci hanno permesso di continuare a esistere e resistere con entusiasmo.

mercoledì 15 aprile 2015

Modesta proposta per eliminare i sottofondi

Mi trovo per caso in un bar, ieri, a desinare.
Folla di lavoratori e dipendenti nella loro pausa pranzo.
Musica di sottofondo, a volume sostenuto.
Televisione accesa

Non si riesce a parlare.
Una volta seduti, molti agitano le loro mani sui telefoni e mondi vari. Squilli di cellulari, gente che si alza in continuazione per rispondere.

Caos assoluto. Mal di testa.

Faccio qui la mia modesta proposta per eliminare almeno la musica di sottofondo, che trovo ovunque:
supermercati, centri medici, sale d'attesa di tutti i tipi.

E la televisione che si trova perfino nei ristoranti. E che nessuno guarda.
(Personalmente, ristoratori, se vedo una televisione in una sala dove si mangia, me ne vado!).

Siamo anche molto lontani ormai, anni luce, anche dalla "Tafelmusik", musica da tavola, di Kant, che la trovava "una cosa meravigliosa, la quale soltanto con un gradevole rumore deve mantenere negli animi la disposizione allegra, e senza che nessuno presti la minima attenzione alla sua composizione, favorisca la conversazione libera tra l'uno e l'altro vicino".

Ormai il sottofondo musicale e i video pervadono tutto in maniera ossessiva e violenta, rendendo tutto superfluo, e soprattutto il pensiero e la comunicazione fra noi. 
Grandissimi enormi Fratelli everywhere.

martedì 14 aprile 2015

Expo, dove tutto è già visto e venduto


Unica visita a una esposizione universale, quella di Sevilla, anni '90.
Ricordo soltanto una enorme luna nascente davanti a me seduta in attesa di un inizio di spettacolo.
Quale? Era uno tipo Circ du Soleil o Visionaria, acrobatico-pantomimico, elegante quintessenza di nulla rivestito di magia, l'arte evocativa del nostro bisogno di magico, l'inganno par excellence.
Poi ricordi di grandi inutili edifici, vuotità architettonica e di senso.
Già allora si capiva che lo sponsor sarebbe stato MacDonald's, ché l'unica fugace gaiezza era data dai ristoranti illudenti diversità.
E' l'ora che l'Esposizione Universale, che al suo massimo splendore ha partorito il mostro terrore della Tour Eiffel, antesignana di tutte le minacciose bellezze e bruttezza della tecnica a venire, foriera involontaria di guerre mondiali, summa dell'arte numerica e contante, torre dell'arte ingegneristica, è l'ora, una volta tramontato irrimediabilmente il pensiero positivista che l'ha partorita, che dell'Expo si decreti la fine una volta per sempre. Semplicemente, non ha senso.

Non solo inutile, ma dannoso brutto mercatone kitsch dove tutto è già visto e venduto.

lunedì 13 aprile 2015

La notte nera della periferia (20): senza casa né terra a Prato

Continua il mio studio del territorio. 
A Vergaio due o tre famiglie vivono nelle roulotte, nel parcheggio di via Pietro da Prato (chi era?), ormai da almeno due anni (non sono nomadi, e comunque non danno fastidio a nessuno), e alle Fantanelle si trova la signora Brigida, che da Avellino è finita a Prato a vendere fiori di campo. La signora fa affari ancora con le lire. (Per un mazzetto, mille lire... e solo eccezionalmente accetta euro. Siete avvisati).
Infine, alle Badie scopro che il dissenso ciclabile e terriero esiste.

Vediamo se 'ripuliscono' tutto prima che passi il mio prossimo "Spettacolo della città".



domenica 12 aprile 2015

La notte nera della periferia (19): Castelnuovo di Prato

Lavorando per un'altra edizione de "Lo spettacolo della città", andando verso sud di Prato, costeggiando Campi Bisenzio, mi accorgo che lo scenario della città è devastato in modo del tutto irreversibile, che la zona sud è davvero la più compromessa - quante volte è stato detto! -, e che Campi Bisenzio, se possibile, è in una situazione urbanistica peggiore di  Prato.
Capannoni, capannoni, capannoni, vuoti vuoti vuoti.

Di alcune località, come Fontanelle, rimane sempre più solo il nome, nessuna fontanella. Ma di questo ho già scritto a suo tempo.

Un borgo ai pratesi sconosciuto, Castelnuovo, si salva da tutto questo sterminio capannaro e dallo scempio paesaggistico: è lontano, sulla via Roma verso Poggio a Caiano, in disparte. Casette ben tenute, 'strinte' come in difesa: e così come un tempo il borgo, nato in forma di piccolo bastione ai tempi del libero Comune di Prato, avamposto di difesa a sud-est contro i possibili assalti dei pistoiesi assestati sull'altra sponda dell'Ombrone e sul Montalbano, oggi, si capisce, a Castelnuovo, si paventa l'essere raggiunti da un giorno all'altro dall'orda della devastante vorace attività degli eserciti industrial-politici della Piana.

venerdì 10 aprile 2015

Bandiere arancioni in Toscana: a Prato nemmeno una

Toscana: premiatissima con le 'bandiere arancioni' del Touring.
Ma, fra tutte le province, spicca il niente a Prato.

Per carità, il Touring mica è il Vangelo! Però qualche riflessioncina fatela, amministratori, costruttori e distruttori delle nostre vite ed economie.

http://www.bandierearancioni.it/regione/12392/Toscana

giovedì 9 aprile 2015

Ucci ucci sento odore di fornucci

Ucci ucci, sento odore di fornucci!

Tutti questi morticini

voglion esser bruciatini!

Crematini arrostitucci

ucci ucci, costruirò tanti fornucci!

Per intanto che si fa?

Se la morte non ci sta?

Che si fa, che si fa?

Le si crea la cappellina

per far meglio la sostina;

sosta qui sosta bene

c'è più spazio per le pene;

pianti fiori e singhiozzini

fra i tanti morticini!

Agitati mai più saranno

nella sosta dormiranno,

prima d'andar nel paradiso

è sicuro, e anche chi inviso

è già in strada per l'inferno,

qui in eterno

può sostare in cappellina

prima della bruciatina!

Ucci ucci

sento odore di fornucci

cristianucci

affarucci.


mercoledì 8 aprile 2015

La disfatta di Pasquetta

In questi giorni ho sentito racconti di gite di Pasquetta trasformate in incubo.
Strade e autostrade saturate, gente all'assalto ovunque, sporcizia, maleducazione, volgarità. Aggressioni.
Automobilisti che sono rimasti cinque o sei ore in autostrada fermi. Treni paralizzati.

Pasquetta, questa 'santa' tradizione tribale, ha sempre manifestato il peggio dell'umano. Se poi il sole diventa complice, rendendo 'bella' la giornata, ecco che l'uomo si trasforma in animale, e la  festa diventa farsa.

Tuttavia un tempo la breve gita fuori porta, il tradizionale pic-nic, l'evasione dalla noia erano in qualche modo praticabili. Il volo dell'Angelo non era così mozzo. C'era folla, non massa. Oggi lo stuolo infinito delle automobiline che si illudono di andare verso la libertà e lo spasso, la visitina; i musei (quelli 'in', s'intende) stracolmi tanto che non riesci nemmeno a guardare il quadretto, i baretti del lungomare assaltati eccetera: ci sono tutti gli ingredienti per la moderna disfatta, quella che tanto piace all'economia.



martedì 7 aprile 2015

Ora anche a Prato la tassa di soggiorno

Presto anche nella città di Prato, la tassina di soggiorno.
La tassa di soggiorno, introdotta in Italia nel 1910 e abolita nel 1990 in coincidenza dei Mondiali di Calcio al fine di sviluppare la competitività al ribasso, è stata reintrodotta dal federalismo fiscale e ora ogni comune se la gestisce un po' come gli pare, per cui il turista passa di città in città a pagare in una città una cifra, in altra città un'altra.
Un piccolo disordine , che mostra poca professionalità, tutto stile made in Italy.

Ora, Prato notoriamente stenta, per ovvie ragioni, a diventare una città turistica, e non si capisce come voglia applicare questa tassina che, ci viene detto, verrà destinata alla cultura.

Ohibò. Niente di più difficile da sapere, di solito, a chi come e perché vadano i soldi della 'tassina'!

In fondo, quello di cui si sente la mancanza, a parte i soldi, sono le teste pensanti che riescono a immaginare un pochino mondi diversi e altri scenari per le nostre esistenze e farci vivere meglio. E' questa la politica, ma nessuno lo capisce e a gestire la cosa pubblica, per i soliti motivi - partiti, interessi, consorterie, invidie, corruzione, eccetera - ci vanno quasi sempre le persone sbagliate.

Invidia

Una volta pensavo che fossero i più vecchi ad avere invidia dei più giovani, e non viceversa.
Non è così  l'invidia è trasversale, e forse soltanto a vecchissimi è concesso il beneficio di non essere invidiati, e proprio a causa della loro età.

Come si manifesta l'invidia? In vari modi. Di solito tramite la denigrazione di opere buone e la lode di opere cattive di autori mediocri, o il silenzio. Il silenzio assoluto circa un autore, un'opera. Far finta che non esista.

Scrive Schopenhauer: "Vi sono due modi di comportarsi versi i meriti; o averne o impedire che si impongano. Quest'ultimo modo, per la sua comodità, è quello di gran lunga preferito".

E ancora: "L'invidia è l'anima dell'alleanza dovunque fiorente e tacitamente stipulata, senza previa intesa, di tutti i mediocri contro il singolo individuo eccellente di qualsiasi specie"

In alcuni casi, quando l'invidioso ha la possibilità di stare accanto all'invidiato, anche tramite improvvisi esplosioni di ira, di rabbia, incomprensibili per chi le riceve.

L'invidia è un elemento che impedisce ogni cambiamento sociale, e la sua caratteristica è che difficilmente la si ammette. Posso ammettere di essere golosa, accidiosa, lussuriosa, superba, irascibile, ma non invidiosa. Di tutti i 'vizi', il peggiore e il più nefasto.

venerdì 3 aprile 2015

L'ape alle terme

La piccola ape
era alle terme
e si lavava
con premura,
la bocca
i denti
le antenne,
delicata risciacquava.
La piccola ape
mi guardava
quasi indifferente,
coraggiosa
sul limitare
della casa;
rischiava
che qualcuno,
incosciente,
un bambino
corrente
la buttasse
nell'acqua fonda,
e morisse.
L'ape coraggiosa
sul limitare
della piscina
con l'acqua calda
gioiva.

Le ho detto:
-Ma tu, ehi, tu,
chi ti credi d'essere?
Presuntuosa! -

Lei quasi
mi ha sorriso,
ha parlato,
ma prima
con la zampetta
sulla testa
un po' d'acqua
ha buttato.

-Io, chi mi credo d'essere?
Un'ape, un essere
che come te si lava
e si calma
nell'acqua calda
e si riscalda.
Ora m'asciugo
e ti saluto...
volo, più alto di te,
nell'assoluto.

(M.E.)

giovedì 2 aprile 2015

“Lo Spettacolo della Città … un teatro in movimento” di Giuseppe Alberto Centauro





Lo Spettacolo della Città … un teatro in movimento”

1 APRILE 2015 – Dedicato a mio padre Gabriele (20 marzo 1916 - 1 aprile 1963)

Parte prima
Il 29 marzo 2015 resterà di certo una data storica per il teatro di Prato, con l’esordio di un nuovo, originalissimo, format di intrattenimento. Infatti in questa nuova produzione del “Teatro La Baracca” sono state presentate molte novità, per certi versi “rivoluzionarie”, soprattutto assai convincenti nella formula, nell’esclusiva (per il momento) offerta ad un “pubblico di passeggeri” per “Lo Spettacolo della Città” … teatro in movimento.
Idea pazzesca, eppure straordinariamente efficace, quella di proporre una performance teatrale in autobus, itinerante con fermate e ripartenze, con scese e risalite, con soste a motore spento e narrazioni viaggianti, toccando luoghi e storie del territorio attraversato, completato dal dibattito a termine dello spettacolo.
Una proposta quella di Maila Ermini di pura ispirazione lorchiana (in omaggio al “mitico” Teatro Universitario La Barraca del quale Federico Garcìa Lorca fu artefice e indimenticato direttore).
Le geniali intuizioni e scansioni teatrali di Maila e la bravura di Gianfelice D’Accolti hanno fatto vivere in modo vibrante nelle tre ore di rappresentazione questo teatro itinerante, letteralmente bevuta dagli spettatori/ viaggiatori in una sorta di quarta dimensione, sospesi dentro il mutare del paesaggio urbano di luoghi storici e “non luoghi” contemporanei a comporre la cifra scenica.
Maila e Gianfelice, attori e registi insieme, hanno condotto all’unisono per noi presenti uno spettacolo nello spettacolo. Mentre Maila apparecchiava la storia, Gianfelice recitava, e viceversa. Novelle, racconti, ricordi, ma anche annotazioni puntuali sul passato, sul presente e sul futuro della città, a testimoniare oltre l’impegno civico di un messaggio profuso con misura e piacevolezza. Entrambi hanno restituito la magia del teatro con l’incanto di gesti e parole, scorrendo su e giù per il corridoio dell’autobus, facendo toccare con mano a tutti le personalizzate testimoniare di quest’inedita drammaturgia periurbana, ora sussurrate ora cantate. Pareva quasi che “La Baracca”, in quanto anch’essa luogo fisico, si fosse smaterializzata fuori da quel di Casale, diversamente oggettivata per aree, punti ed ambienti tra loro differenziati lungo un articolato percorso anulare intorno al centro antico della città, ruotando come la Terra intorno al Sole.
Un teatro itinerante che definire sperimentale pare persino riduttivo, non tutto consumato sulle ruote di un bus, mirabilmente “contestualizzato”, concreto, mai astratto o inutilmente “concettuale”. Racconto perdurante che ha avuto il pregio di stupire, mai banalizzare, come le singole trovate approntate dalla musa ideatrice che non finisce mai di sorprenderti nel tirar fuori dal cilindro di un’inesauribile vena creativa e poetica, una dietro l’altra, l’ennesima “prova d’autore”.
Ribaltando un concetto quasi archetipo della novità della messa in scena, ovvero quello di trasformare in architettura scenica ogni qualsivoglia luogo per farne occasione di drammaturgia o di spassoso evento di strada, il “Teatro La Baracca” si è davvero messo alla prova scegliendo il movimento, l’avanzamento,  moving up direbbero gli anglosassoni, opzione non facile e assai rischiosa, cercando e frugando nei meandri reconditi della città metropolitana una dimensione diffusa, talvolta dispersa, forse irrecuperabile, rendendo persino bello, quantomeno interessante il trash urbano, in quella che Maila ha definito “l’estetica del brutto”, si alternano quartieri dormitorio dove prima erano i prati, spazi socialmente alienanti al posto dell’identità del primitivo tòpos. Certo pensando ad un’identità forse perduta di certi spazi urbani, è rimasto evidente il contrasto con lo strappo dell’oggi, ma anche grazie alle espressioni calibrate e sensibili della narrazione, il sapore piacevole delle parole resta a suscitare non tanto il senso di un lontano e nostalgico dèjà vu quanto piuttosto la rigenerazione di uno stato d’animo sopito, latente in ognuno di noi nei confronti del ricordo del tempo che fu, realizzando in una sfera ancora ben percepita nella memoria di ciascuno, il vago rimembrare di un’esperienza veramente vissuta che è stato emozionate far tornare alla mente e nel cuore.

Parte seconda
L’autobus corre coi racconti nello spazio e nel tempo, come nel Ritorno al futuro, senza però avere possibilità alcuna di cambiare le cose, di recuperare le occasioni perse. Attraversiamo, con una consapevolezza critica diversa, le Ville storiche del contado pratese (Capezzana, San Paolo, Galciana, come fossero luoghi ripescati da un immaginario collettivo, monumenti della nostra cultura materiale e della storia popolare, oggi separati tra loro da tangenziali e oscure barriere di cemento. Poi, ancora, quell’incalzare di immagini contrappuntate con garbato dialogo e sapiente regia, incredibilmente sincronica con lo scorrere visivo dei paesaggi che si mostrano dai finestrini tutt’intorno, ci lascia attoniti. La forza espressiva della narrazione, ben modulata, perfettamente connaturata ai tempi di percorrenza del mezzo di trasporto e a quelli canonici del palcoscenico, è di quelle cose che ti restano sulla pelle. Provare per credere! Ma non c’è tempo di sedimentare alcunché perché il viaggio continua, la corsa non si ferma in una comunicazione verbale mai paga, generosa di battute e di aneddoti nell’incedere incalzante di prosa, poesia, musica e canto.
Non si era mai visto niente del genere, vivere un autobus come “casa comune”, mobile ed aperta allo stesso tempo, in un’esperienza da condividere con altri occasionali passeggeri, ormai affratellati spettatori, coinvolti come te in tour dal timbro confidenziale, ricco di sorprese, suadente nei racconti letterari e negli amorevoli amarcord.
Il dialogo fra il malato e il sano di fronte al nuovo ospedale resterà una pagina speciale di questo testo, tanto esilarante quanto graffiante, costruito nella sagacia del “doppio senso” e dell’alternanza, trionfo di un’ironia frizzante che diviene, senza parere, scherno simpaticamente vociato nel refrain di una canzone. Resta la palese denuncia del malcostume che ci avvilisce giorno dopo giorno, senza tuttavia che di questo sgradevole pensiero si abbia in alcun modo fastidioso modo di intendere. Lo spettacolo ci dimostra infatti che non c’è affatto bisogno di polemizzare nell’esplicita saga dei personaggi dialoganti.
Dopo avere spento il motore, per gustare al meglio la scena, quasi fosse questo l’autobus di Harry Potter, si riparte per una nuova meta, in terra incognita.
Questa sequenza di emozioni si è ormai trasformata in un’occasione speciale di riscoperta della città nascosta nella periferia metropolitana, già scolpita nell’esperienza fuggevole del momento e pur ben percepibile oltre gli inevitabili colpi di scena e le suggestioni ambientali, godendo della realtà sommersa della pòlis odierna, il più delle volte invisibile nel quotidiano, di una Prato non evocata ma ben tangibile di fronte agli occhi. Una città, oggi sull’orlo di una crisi di nervi che, al contrario, ha sempre fatto del disincanto e della libertà di pensiero la sua più consona sintonia: gli attori ce lo dimostrano con rime, stornelli e sollazzi vari.  
L’acme del pathos si ha scendendo tutti a terra una prima volta, alla fermata posta nei pressi della rotatoria nord ovest della tangenziale, quella dove è stata collocata l’opera scultorea, in acciaio e vetro, di Italo Bolano, dedicata all’Imperatore Federico II, non certo un pratese doc ma pur sempre un suo lontano estimatore, un’opera visibile al tramonto, del tutto inosservata di giorno, come spesso accade per tanti luoghi “intermittenti” di questa città.
Qui, ben visibile, è un maestoso scenario che si apre ai nostri occhi, dimostrando una bellezza panoramica inaspettata in un luogo davvero sui generis.
Da un lato, rimirando l’inquietante spopolamento arboreo del poggiolo maestro del Monteferrato e il profilo occidentale della Calvana, brulla in testa, selvosa ai fianchi, si ha una sensazione opposta e convergente allo stesso tempo.
Dall’altro, la bella cartolina visiva che si apre a 180 gradi, a ventaglio, realizza un singolare “paesaggio dal basso,” una visione spettacolare che si fa commovente per la grandiosità, quasi sacralità, del profilo montuoso che suscita quella vista.
Qui, Gianfelice D’Accolti sublima le emozioni provate con gli occhi con una performance d’autore, con grande maestria e il piglio del maestro cantore, interpreta un monologo da brividi, tratto dai Maledetti Toscani di Curzio Malaparte, mettendo a nudo la pratesità e l’orgoglio del tempo che fu.  Gli spettatori viandanti, inconsapevoli pellegrini della storia, ascoltano in silenzio, anzi partecipano emotivamente all’unisono con l’attore che in ogni sussulto sembra parlare e muoversi sopra il colle di Spazzavento, dove Curzio riposa insieme alla sua immortale visione ed universale pensiero. Personalmente non ho mai provato un coinvolgimento così forte in pura simbiosi tra spazio fisico e spazio concettuale.
La bravura degli attori, la loro straordinaria professionalità ha di fatto continuato a trasformare il pur non agevole viaggio, tra rotatorie  assurde e una stordente viabilità urbana, in qualcosa di unico, che è trasposto nella curiosità inappagabile di “saperne ancora di più”, con tanta voglia di conoscere e fissare nella mente le storie e i racconti, come quelli fantastici e realistici tratti dall’ Antologia sul Bisenzio, la “spoonriver” pratese di Maila, vivendola come un’esperienza da non dimenticare che, mentre si ascolta, si ha paura di perdere, come se le parole si cancellassero nell’aria per una capacità mnemonica troppo labile.
Come se non bastasse, infatti, ben presto si accorgeranno gli spettatori di essere anch’essi protagonisti involontari di uno spettacolare happening che gli sbalzerà letteralmente fuori dai sedili per scendere tra la gente a mostrarsi in pubblico insieme agli artisti. Curiosa inversione delle parti con gli attori che divengono scudo, nell’ammiccante coraggio di una comune, contagiosa sfrontatezza da esibire in piazze e piazzole pronte ad accogliere l’insolita carovana. Luoghi e facce sempre variate, spazi sempre diversamente abitati, ora solitari, ora affollati, risolti in prosceni di inusitata incisività, pregnanti di significati e popolati di ricordi.
Il meglio si è avuto sulla ciclabile di un frequentatissimo viale Galilei, presso l’aulica fabbrica del notabile imprenditore, Brunetto Calamai, in questo posto è capitato quel che ho detto, tra la moltitudine di gente accorsa nel bel pomeriggio primaverile al mercato straordinario di domenica i viaggiatori agli occhi dei passanti si sono resi attori, involontari protagonisti della scena. “Turisti per caso”, mutuando il titolo di una nota trasmissione televisiva.
Ad ogni fermata e successiva risalita sull’autobus col “Teatro La Baracca” a fare da cicerone si è sempre e comunque avvertita nei 48 spettatori, una progressiva e contagiosa euforia, quasi fosse stata quella una gita tra vecchi amici, resa ancor più festosa per la piacevolezza della compagnia e lo spirito goliardico dei due capigruppo.

Parte terza
Inutile negare che l’aspettativa per questa strepitosa novità teatrale era stata, fin dall’esordio, grande, già al momento della prenotazione dei posti disponibili, niente però al confronto del “coup de théâtre" al quale avremmo assistito ad ogni sosta, ad ogni fermata dell’autobus.
Lo Spettacolo della Città” è un qualcosa che non si può descrivere, piuttosto va vissuto.
Per dirne una non si può rammentare per filo e per segno tutto quel che è successo, anche se tutto ciò è molto riduttivo e non conforme all’esperienza realmente vissuta perché il viaggio è stato intenso. Nella seconda parte del tour, non si può, ad esempio, non ricordare le odi alla natura recitate con il bus accostato sulle sponde del torrente Bardena: quella dedicata al picchio, simbolo del Centro di Scienze Naturali di Galceti; quella della scansonata favola di Trilussa con la morale del cane “bastardetto”. Poemetti contrapposti alla triste storia dell’anarchico regicida, Gaetano Bresci, sopra le limpide acque del torrente che scorre accanto al bus, scopriamo nel racconto snocciolato da Maila e Gianfelice di essere a ridosso dell’amena collinetta dove il Gaetano si esercitava al tiro con la pistola per non sbagliare quel triplice sparo che lo avrebbe dannato.
Bus stop in viale Marconi, all’ingresso dello spettrale parcheggio TIR, giustapposto all’area, oggi in sgombero, del campo nomadi, o meglio dei Rom, ancora carico di immondizia e cartacce svolazzanti tutt’intorno.  Questo è “il luogo non luogo” per antonomasia della città, posto alle porte di Prato in prossimità del suo principale accesso urbano. Un’immagine davvero stridente, da “terra dei fuochi”, che offende il senso comune del sentire e del vivere la natura che, a contrasto con la stesa di asfalto e cemento, appare assai luminosa sotto il verde argine erboso del Bisenzio, ancor più ingentilita dalla vista remota delle ondulate pendici di Poggio Castiglioni.
Questa fermata (non si scende) segna però il punto più alto dello sconforto per quanto è andato perduto nel fresco ricordo di quel che è accaduto con l’obliterazione perpetrata nella barbarie dell’ignoranza, non giustificabile ed insana, del grande insediamento etrusco, scoperto a fine del secolo scorso e seppellito agli inizi di questo per far posto allo scalo merci dell’interporto. Lo straordinario sito archeologico, posto giusto giusto al di là del fiume, in sponda destra è la peggiore vergogna di questa operosa città che certo non avrebbe meritato una vicenda così tanto infamante. La sofferenza che prova è stata acuita nella metafora poetica del racconto che Maila ha proposto, senza alcuna polemica o rabbiosa reazione, che evoca il fantasma di un’immaginaria donna etrusca, regina della grande domus ancor superstite dello scempio: qui per due volte nata e per due volte sepolta, prima dal limo e dalla fanghiglia dell’onda fluviale, poi dal tombale cemento di abnormi piazzali, capannoni e rugginosi binari. 
Quale differenza tra l’orgoglio pratese di ieri, nobilmente narrato da Malaparte, e la stupida cupidigia affaristica del pratese di oggigiorno, politicamente incapace di leggere nella propria storia, valori e sentimenti, e quanto semmai resta ancora di buono della cultura del nostro tempo!
Il lungo viaggio pomeridiano ormai avvia il suo percorso di rientro con l’amarezza addosso che alberga nei cuori dei viaggiatori, prendendo il posto del gusto dell’avventura …  ma il genio teatrale al pari del bus non si ferma, ed ancora una volta viene in soccorso delle menti ora afflitte. Infatti, dopo avere ripercorso la tragedia di un’occasione perduta, aver vissuto un novello “sacco” che squalifica e mortifica tutti coloro che sono stati in qualche modo partecipi di questa orribile vicenda, si riaffaccia la poesia, operando un nuovo miracolo attraverso la lettura dei componimenti lirici di Sem Benelli.
Siamo nel macrolotto industriale e alla vista delle fabbriche rivestite in mattoncini, come le villette della Pietà, si riassapora l’attenzione, anche architettonica, di una filantropia del lavoro, un’etica urbana che pure poco prima sembrava perduta. L’ode al tessitore di Sem Benelli ci ricorda un passato eroico del lavoro in fabbrica, dove i più umili protagonisti sono posti alla stregua degli eroi omerici, tanto il sacrificio, tanta la naturale e semplice bellezza di una vita vissuta nel rapporto autentico e genuino con la propria città.
Questo percorso intorno alla città può dunque completarsi serenamente e riaffermarsi nella corretta sintesi anche antropologica della messa in scena, senza eccessivi squilibri per il verismo mai dimenticato de “Lo Spettacolo della Città”, non prima tuttavia di recarsi con una vena giustamente sarcastica al “Parco Prato”, megastore della contemporaneità più consumistica, ma qui il discorso si farebbe lungo ben oltre i confini geografici del territorio perlustrato. Quasi un segno del destino, il grande centro commerciale si è posizionato in perfetta giustapposizione al Villaggio Gescal di Ludovico Quaroni, quartiere che fa parte della storia urbanistica del dopoguerra, quando l’idea del ghetto sociale non era stata messa alla prova e si sposava con l’idealità della “città giardino”, nel segno di una presupposta adesione del popolo al progetto astratto di un mondo asettico e autoreferenziale, non sussidiario al contesto urbano del centro storico. A quel tempo la stagione dei suicidi per depressione ambientale e dell’emarginazione non era stata ancora vissuta per poi assumere invece i connotati di un dramma “non falso” che sarà piuttosto ricorrente nei quartieri dormitori degli emarginati.
In questo luogo è successo un po’ quello che abbiamo toccato con mano, transitando per il “viale dei tralicci”, vera mostruosità infrastrutturale del territorio pratese, passata come modernizzazione, andando a prendere il posto dell’antica via Cava e dell’attigua via del Ferro che segnavano, con ben altre allusioni,  il confine tra il contado rurale e le aree verdi naturali delle zone umide della Piana a sud di Prato, dove oggi per rimediare ai disastri ambientali si devono scavare “spaventosi” bacini di compenso per le acque esondabili al fine di  ridurre il rischio idraulico e gli effetti della cementificazione selvaggia.
“Lo Spettacolo della Città” è da vivere dunque, a fine del viaggio, non come un evento temporaneo quanto piuttosto come una testimonianza della resilienza stessa della gente che, grazie al “Teatro La Baracca”, ha da ieri un motivo in più per comprendere, per mantenere alta l’attenzione, semmai discutere senza farsi distrarre dalle impietose falsità dell’informazione corrente, il tutto con grande leggerezza e poesia.

Giuseppe Alberto Centauro


mercoledì 1 aprile 2015

"Lo spettacolo della città" - Reportage 4 (Fine)

Ringrazio tutti coloro che mi hanno espresso il loro gradimento, i bei commenti e le lunghe considerazioni  per Lo spettacolo della città.

Evidentemente si è trattato di uno spettacolo fuori dall'ordinario, e ne sono fiera.
Rispondo qui brevemente alle domande che mi sono state fatte dopo lo spettacolo riguardo alla distribuzione del testo e della colonna sonora: il testo, dove non era altrimenti indicato all'inizio della lettura, è mio.  E ugualmente La canzone per Prato e Quando torneranno i re.

Un invito per i 20 anni dei Celestini

 Per stasera, 21 dicembre, ore 20,45 alla Baracca.