martedì 14 aprile 2015

Expo, dove tutto è già visto e venduto


Unica visita a una esposizione universale, quella di Sevilla, anni '90.
Ricordo soltanto una enorme luna nascente davanti a me seduta in attesa di un inizio di spettacolo.
Quale? Era uno tipo Circ du Soleil o Visionaria, acrobatico-pantomimico, elegante quintessenza di nulla rivestito di magia, l'arte evocativa del nostro bisogno di magico, l'inganno par excellence.
Poi ricordi di grandi inutili edifici, vuotità architettonica e di senso.
Già allora si capiva che lo sponsor sarebbe stato MacDonald's, ché l'unica fugace gaiezza era data dai ristoranti illudenti diversità.
E' l'ora che l'Esposizione Universale, che al suo massimo splendore ha partorito il mostro terrore della Tour Eiffel, antesignana di tutte le minacciose bellezze e bruttezza della tecnica a venire, foriera involontaria di guerre mondiali, summa dell'arte numerica e contante, torre dell'arte ingegneristica, è l'ora, una volta tramontato irrimediabilmente il pensiero positivista che l'ha partorita, che dell'Expo si decreti la fine una volta per sempre. Semplicemente, non ha senso.

Non solo inutile, ma dannoso brutto mercatone kitsch dove tutto è già visto e venduto.

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