POLITICA Il Sole 24 Ore 01 settembre 2020
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VERSO IL VOTO
La Toscana è sempre meno rossa, partita aperta tra Giani e Ceccardi
Regione ormai contendibile come già l’Emilia-Romagna Candidato Pd sopra
dello 0,5%
Pesano l’avanzata della Lega e la limitata visibilità di Giani, che non è
un uscente
di Roberto D’Alimonte e Lorenzo De Sio
La Toscana come l’Emilia-Romagna? Dopo decenni di dominio incontrastato del
centrosinistra, in Toscana si profila una competizione aperta come lo fu a
gennaio di questo anno in Emilia-Romagna quando l'attuale presidente di regione
Stefano Bonaccini dovette faticare non poco per battere la candidata della Lega
e del centrodestra, Lucia Borgonzoni. Questo dice Il sondaggio Winpoll-Cise che
registra una sostanziale parità tra il candidato di centrosinistra Eugenio
Giani (con il 43,0%) e la candidata di centrodestra Susanna Ceccardi (con il
42,5%). Come in Emilia-Romagna il primo è esponente del Pd e la seconda della
Lega. Molto distaccati ci sono la candidata del M5S Irene Galletti che ottiene
l'8,3%, e altri candidati minori cui è attribuito il 6,2% complessivamente.
Considerando che altri sondaggi indicano una situazione simile, con
distacchi a favore di Giani al massimo di pochi punti, è difficile in questo
momento prevedere chi vincerà. La Toscana non sono le Marche, altra regione
rossa in cui però il centrodestra appare nettamente favorito (si veda Il Sole 24
Ore del 30 agosto). E non sono nemmeno la Campania dove il centrosinistra con
De Luca ha un vantaggio difficilmente colmabile dal centrodestra (questo
giornale). Va da sé che una eventuale sconfitta del Pd e alleati in Toscana
avrebbe un valore politico e simbolico enorme. La partita è aperta, come lo era
alla vigilia del voto anche in Emilia-Romagna. Lì è finita bene per il
centrosinistra. Ma lì c'era Bonaccini e qui c’è Giani.
Ma facciamo un passo indietro: da dove salta fuori questa Toscana
competitiva ? La regione è stata da sempre amministrata dal centrosinistra, e
nelle ultime due legislature ha avuto come presidente Enrico Rossi. Già
assessore alla sanità tra il 2005 e il 2010 con la precedente giunta Martini,
Rossi si era candidato nella prima volta nel 2010 (con una coalizione che
comprendeva anche la sinistra radicale) vincendo con il 59,8% (contro il 34,4%
di Monica Faenzi candidata da Pdl e Lega). Nel 2015 si è ricandidato e venne
riconfermato (stavolta con il solo Pd più una lista riformista) con il 48,0%,
contro il complessivo 29,1% dei due candidati separati del centrodestra (Borghi
di Lega e FdI con il 20,0% e Mugnai di Fi con il 9,1%), e il 15,1% di
Giannarelli del M5S e il 6,3% di Fattori della sinistra radicale. Un distacco
tra centrosinistra e centrodestra che quindi è cambiato nel tempo: da oltre 25
punti a ancora quasi 20 punti, e tuttavia oggi annullato.
Cosa è successo in Toscana? In termini di evoluzione delle preferenze
politiche, le elezioni del 2018 avevano registrato un forte rafforzamento del
M5S (salito al 24,7%) quasi totalmente a danno del centrosinistra (si veda il
grafico). Poi le europee del 2019 (anche se con un'affluenza ben più bassa,
quindi meno utili a fini di previsione) hanno addirittura visto il centrodestra
superare il centrosinistra (con un M5S dimezzato rispetto al 2018). La
conclusione che se ne trae è che anche in Toscana si sono fortemente indeboliti
quei fattori sub-culturali e organizzativi che per decenni ne hanno fatto una
delle regioni della cosiddetta zona rossa.
È su questa evoluzione degli orientamenti politici dei toscani che si
innestano alcuni potenziali punti deboli del candidato di centrosinistra Giani.
Combinati con la forza impressa al centrodestra dalla linea più “populista” di
Salvini e Meloni, capace di fare breccia già dalle europee del 2019, questi
fattori di debolezza sono all'origine di questa situazione inaspettatamente
competitiva. Anzitutto, Giani non è un incumbent, come lo era Bonaccini, e
quindi non può beneficiare (come ad esempio De Luca in Campania e Zaia in
Veneto) del giudizio positivo della maggioranza dei toscani per come il governo
uscente ha amministrato la regione (54%) e per come ha gestito l'emergenza
Covid (64%).
In secondo luogo, la sua limitata visibilità e capacità di attrazione
personale gli permette di raccogliere solo pochi voti in più di quelli dei
partiti che lo sostengono. Infatti la differenza tra i voti a lui come
candidato presidente e quelli della sua coalizione è di appena +1,4 punti (43%
contro il 41,6%). Su questo piano nemmeno la Ceccardi va bene. Anzi, nel suo
caso il bilancio è negativo, visto che le viene attribuito un 42,5% contro il
43,8% delle sue liste. E questo conferma che la sua competitività non è tanto
dovuta alla sua popolarità quanto alla forza della Lega e alla crescita di
Fratelli d'Italia. In terzo luogo, Giani, socialista craxiano di formazione e
in passato vicino a Renzi, non sembra avere il profilo ideale per attrarre né
gli elettori provenienti dal M5S (molti dei quali in Toscana provenivano
storicamente da sinistra) nè quelli della sinistra più radicale. Questo
potrebbe essere per lui un grosso handicap perché il voto utile potrebbe
risultare decisivo per dargli la vittoria. L'analisi dei flussi però non depone
a suo favore. Tra gli elettori M5S delle Europee, chi non sceglie la Galletti (
M5S) si orienta in prevalenza verso la Ceccardi; e gli elettori ex Pd sono
quelli che più degli altri risultano indecisi o potenziali astensionisti
Giani tuttavia è favorevole al referendum sul taglio dei parlamentari; una
posizione che forse potrebbe essergli utile per attrarre voti M5S nel finale
della campagna elettorale. Ma la questione e delicata. I toscani appaiono
nettamente divisi, addirittura con una leggera prevalenza dei No (52% contro
48%). E anche qui, come in altre regioni che abbiamo analizzato, si distinguono
i leghisti come fautori del No.
Una situazione competitiva, quindi, che lascia presagire un intenso finale
di campagna elettorale.
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