"Bellissimo spettacolo, e bella atmosfera, sabato sera alla rappresentazione di Cafiero Lucchesi.
Il pubblico non se ne andava…In genere questo non accade nei
teatri, ma la situazione, il piccolo teatro di legno, insomma, siamo stati
benissimo…
Non ho condiviso quella critica alla recitazione teatrale
che ha fatto quel signore al dibattito, anzi, la prego di non seguire il consiglio.
Che significa ‘avrei preferito una recitazione cinematografica?’ Boh.
Mi permetto di dire, non rovini uno spettacolo ‘unico’ seguendo falsi consigli." Giuliano
Questo commento, da solo, vale tutta l'operazione Cafiero.
Così come la vale quello della spettatrice iraniana, che io avevo già visto, noi in scena, distogliere spesso lo sguardo dall'azione scenica e ne avevo temuto l'indifferenza o lo spregio e che invece nel dibattito, presa la parola, ha detto che ha vissuto esattamente quei momenti di terrore che per due volte le hanno fatto scampare di essere acciuffata e buttata in galera, nel suo Iran, civilissimo e madre di cultura, ora nelle grinfie di pochi forsennati estremeisti del culto.
Se non ci ripaga questo, a noi che facciamo teatro, che cosa, allora?il successo televisivo e la acclamazione effimera della fama?
No grazie.
E grazie a Maila, questa è la strada autentica del teatro: minimale ma potente, lieve ma non evasivo, sostanzioso ma incalzante, attuale ma non alla moda, umano e non artificioso". Gianfelice
Rispondo a Giuliano: non seguiremo il consiglio dello spettatore in questione. Non credo, come ha detto anche Gianfelice in sede di dibattito, a una differenza fra recitazione cinematografica e teatrale, casomai si tratta di variazione di intensità. Poi, è chiaro, è solo con l'aiuto della tecnica teatrale che un attore può fare più personaggi. Come avremmo potuto fare altrimenti?
Il grande pubblico, ormai abituato alla commedia, non sostiene più la tragedia, che è vietata dalle scene, diventata tabù perché la tragedia pone problemi politici. Già dunque di per sé provoca scandalo.
Personalmente auspico un ritorno all'attore preparato tecnicamente, e anche uomo di cultura. Anzi l'attore preparato e consapevole è uomo di cultura, come sostenevano Pasolini, o Costa.
La commedia cinematografica del Dopoguerra, travisando il Neorealismo, ha fatto sì che diventassero attori comici che spacciano il loro personaggio e basta seguendo la mitologia dello 'spontaneismo' o dell'improvvisazione. Simpatici, divertenti, furbescamente 'maledetti', ma non attori né quasi mai uomini di cultura.
L'ultimo attore che coniugasse scienza e coscienza, almeno sul fronte italiano, è Gian Maria Volonté. Per il resto, per me, buio pesto.
2 commenti:
Uno spettacolo splendido, di quelli che ti fanno ricordare che il teatro è nato per educare e per svolgere una funzione di memoria storica, per non dimenticare e cercare di eludere l'assioma di Tucidide.
Grazie Maila, grazie Gianfelice.
Ferrante Lorri
Grazie, Ferrante.
Posta un commento