Il primo risultato sicuro è che sarò ancor più detestata. Pace.
Forse alla mia età bisogna cominciare a smettere i colloqui?
Grazie comunque a Stella Spinelli, con la quale - noticina di colore - proprio durante l'incontro ci siamo scoperte lontane parenti. Il mio bisnonno Egidio Spinelli, anarchico e autodidatta e per me esempio di vita, conservo ancora alcuni libri della sua piccola ma bella biblioteca, era di Comeana, della zona di Carmignano, come Stella.
http://www.pratosfera.com/2015/10/29/la-baracca-e-il-teatro-civile-un-ritratto-di-maila-ermini/
“Questo spazio è nato nel ’93 da una rimessa agricola. C’era la legnaia, la piccionaia, il magazzino per gli attrezzi. Era una baracca,
vera e propria, a rischio demolizione. La curia, a cui apparteneva il
terreno, voleva raderla al suolo per rifare la chiesa. Poi cambiò idea,
si limitò ad ampliare l’area ecclesiale destinata alle feste e la
capanna con qualche metro di terra attorno venne messa in vendita. Anzi
diciamo che fu svenduta. E io la presi. A poco. Iniziai col farci un laboratorio teatrale e poi ricavai un piccolo spazio per gli spettacoli”. Maila Ermini,
drammaturga e attrice, direttrice artistica del Teatro La Baracca di
Casale, racconta e si racconta con dolce determinazione. Il suo fare è
pacato e semplice, voce profonda, senza nessuna inflessione dialettale.
Si esprime con logica eleganza. Sguardo luminoso, spesso perso nel
rievocare.
La Baracca è un luogo accogliente, raccolto, affascina.
Sperduto fra le viuzze di Casale, visto da fuori ha un che d’informale,
leggero. Basta entrare, però, e si respira un che di sacro
nell’atmosfera seriosa, ma senza eccessi. Eppure, quel palco in legno,
le sedute in tono, le pareti scure trasudano, goccia dopo goccia, tutta la cultura vista e trattenuta.
“Ho
54 anni, compiuti il 20 ottobre – riprende Maila, seduta alla scrivania
sistemata su un lato del piccolo ingresso – e da che mi ricordi amo il
teatro. Il mio percorso drammaturgico però lo perfezionai durante
l’università, a Firenze, guidata dal professor Macrì.
Non paga, mi lasciai coinvolgere in un corso di teatro che mi portò ad
affrontare letture teatrali sin da subito. Il processo è stato
irreversibile”. Di lì a poco, a 24 anni, l’artista pratese è a Roma, la
città che più di ogni altra prometteva tutto a chi sognava le glorie del
palcoscenico.
In realtà Roma le dà l’Amore, che poi finirà dopo
qualche anno, e un premio, rinomato e copioso come drammaturgo. Maila
Ermini, nel 1988 vince il Fondi La Pastora con “Matilda”,
la storia di una professoressa di matematica in pensione, che decide di
prostituirsi, anzi di continuare a prostituirsi dato che considera il
suo percorso all’interno della scuola al pari di un atto di
prostituzione. E Maila di come funzionino le scuole dall’altra parte
della cattedra lo sa e bene. Sì perché prima di arrivare a ricevere
questo rinomato premio, è costretta a una doppia vita degna di un
romanzo: professoressa di lingue a Ostia e Tivoli di giorno, e teatrante
la sera.
“Quel premio mi ha cambiato la vita. Mi ha costretto a
scegliere, a uscire allo scoperto, a guardarmi allo specchio. E mi ha
fatto capire cosa fosse in realtà quel patinato mondo dello spettacolo
dal quale sono fuggita subito dopo. Iniziarono a chiamarmi personaggi
famosi che avevo avuto modo di conoscere grazie al Premio. Si dicevano
interessati a mettere in scena la mia Matilda e io ero piena di
speranze. Fra questi c’era la moglie di De Sica, Maria Mercader, poi Antonio Salinas del teatro Belli.
Ma i miei sogni si frantumarono quando capii che con Matilda volevano
anche tutta la mia vincita. Una sorta di mazzetta. Rifiutai. Di cosa
avrei vissuto altrimenti? Avevo lasciato prima il lavoro da
professoressa, poi il posto di interprete al Ministero degli Interni,
due lavori sicuri per il teatro. Dissi no”.
Inizia così uno dei
suoi periodi più altalenanti, ma anche ricchi di stimoli professionali:
Maila divorzia dal marito romano, abbandona quella città che “non mi ha
mai dato nulla, in fondo”, e parte. Spagna, Inghilterra, Francia,
teatro di strada, mimo, vita da nomade, poi rientra in Italia, a casa,
dove il padre la convince a fermarsi, a mettere in piedi qualcosa di
realmente suo.
“E’ il 1993. Ho 32 anni e tanta voglia di fermarmi e affermarmi. Era finalmente giunto il momento di fondare una mia compagnia,
di fare il grande salto. Mi padre aveva ragione e unendo i soldi degli
sborsi a quel che restava della vincita del premio acquistai la baracca di Casale che diventò la Baracca di Maila Ermini.
Era isolata e sgangherata, assieme a mio padre lo trasformammo usando i
materiali di risulta e pian piano sbocciò. I primi due anni mi limitai a
laboratori teatrali, corsi di teatro e a prepararci spettacoli che
mettevo in scena fuori. Poi decisi di iniziare a fare qua i miei
spettacolini”. Il suo tono resta calmo, ma gli occhi si illuminano di
questo ricordo. Fierezza e soddisfazione insieme. “E’ stato sempre tutto
in salita, precisiamo, ma lo rifarei senza batter ciglio. Inizialmente
era caldissimo d’estate, e freddo, molto freddo, in inverno. Pian piano
però tutto è migliorato, mi sono messa a norma con l’impianto elettrico,
con le uscite di sicurezza, ho azzerato le barriere architettoniche ed è
emerso un teatro a tutti gli effetti che mai ha però perduto la
propria identità. Baracca era e Baracca resta”.
Le
stagioni teatrali iniziano nel 99-2000. Da allora tanto è cambiato ma
non il ritmo del pubblico. “Alti e bassi – dice pacata -. Dipende dagli
spettacoli. E da tante altre cose. Ma ormai ho smesso di pormi il problema di quante persone verranno.
Ho scelto. Io e il mio compagno Gianfelice D’Accolti, attore e
drammaturgo come me, gli spettacoli li facciamo qui per saggiarli e poi
portarli fuori. Siamo sereni e convinti della strada intrapresa”.
Da
due anni La Baracca ha anche smesso di ospitare compagnie da fuori.
Eccetto chi vuol venire dietro a un piccolo compenso. “Non posso più
permettermi i sostanziosi cachet che offrivo al tempo di Sipario Aperto, il circuito da cui ho tratto sostentamento per anni. Dopo che i politici lo hanno distrutto
non ho avuto alternative. Da quando è stato deciso di classificare i
teatri in base alla residenza teatrale regionale, i finanziamenti sono
riservati soltanto ai teatri-azienda dagli alti ricavi. E certo non è il caso della Baracca che non è un teatro supermercato come tanti”, insiste Ermini.
La
Baracca ha posti molto limitati e anche quando è sold out i ricavi
restano sotto le cifre stabilite da questa nuova legge. “Poi ci sono le
valutazioni politiche che incidono molto – dice con sorriso forzato -.
Non è un teatro commerciale il nostro. Il nostro è un teatro di impegno civile. A volte è anche comico, ma resta impegnato. E a tanti rimane scomodo. Non piace”.
Si ferma un attimo. La pausa è silenziosa. Poi riprende: “I rapporti con questa Amministrazione però sono buoni. L’assessore Simone Mangani è venuto più volte qua da noi e mostra di apprezzarci. Ha anche comprato tre repliche de Lo Spettacolo della Città,
una performance itinerante e irriverente che abbiamo fatto in estate
raccogliendo grande successo – incalza con orgoglio -. Abbiamo già in
programma di farlo anche a Pistoia e in Val Bisenzio”.
Poi Maila si lascia andare: “Sono però tante, troppe le persone dell’area pratese a non aver mai messo piede qui. Tanti assessori alla Cultura dei Comuni limitrofi fingono di non conoscerci.
Seppur criticandoci. Mi son stati riferiti commenti di disprezzo del
mio teatro usciti dalla bocca di personaggi che non si sono mai nemmeno
avvicinati a Casale. Ecco, questo non lo accetto. E che dire degli
abitanti della stessa Casale? I nuovi vengono, dei vecchi neppure
l’ombra. E Prato non viene perché è periferico e non di moda”.
Ma lei va avanti, incorruttibile. “Il teatro civile non è ben visto e non paga.
Ma è quello che amo e che continuerò a fare”. E precisa di aver
assistito almeno una volta agli spettacoli di ogni singolo teatrante
della zona: “L’ho fatto in maniera silenziosa, ma non me ne sono persa
uno. Non posso invece dire altrettanto di loro nei miei confronti. Se mi
rammenti un artista di Prato e dintorni, io l’ho visto. Loro invece? Magelli,
ecco, lui sì. Venne appena nominato direttore del Metastasio. In scena
c’era Anito Garibalda e si divertì molto. Poi purtroppo litigammo quando
io gli dissi che tutti i soldi se li prendeva il Metastasio”.
Poi ammette: “L’unico teatro in cui non ho mai messo piede è quello del Bonechi,
ma solo perché ultimamente son costretta a lavorare tanto”. Quindi tira
fuori il quaderno del gradimento, un librone sul quale dopo lo
spettacolo chi ha voglia annota critiche ed emozioni, anche negative.
“Leggo e rileggo spesso questo quaderno per sapere cosa pensa il mio
pubblico. La relazione con loro per me è fondamentale. Chiudiamo spesso
gli spettacoli col dibattito, aperto e costruttivo. Certo è molto dura
quando il pubblico non se ne va e tu sei stanca e vorresti solo uscire
di scena. Ma quando il pubblico resta è una soddisfazione unica e un
gran segno che lo spettacolo ha funzionato”.
http://www.pratosfera.com/2015/10/29/la-baracca-e-il-teatro-civile-un-ritratto-di-maila-ermini/
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