Che dire del signor Francesco d'Ippolito al Teatro Metastasio?
Intanto che la nomina ha lasciato la città indifferente. A parte le solite polemiche politiche o le partigianerie per Magelli costretto a lasciare, come anche accadde quando fu sbolognato Tiezzi.
E non poteva che essere così, indifferenza o rassegnazione?, perché il signor d'Ippolito è un manager del teatro, come ormai lo sono anche altri pur giovani direttori teatrali, e dal suo curriculum non risulta che lo abbia mai praticato come attore, né come regista o drammaturgo.
A dirigere i teatri non ci sarà più il regista che organizza anche il suo spettacolo, la sua produzione, magari con la compagnia ruffiana e prediletta, dando tuttavia uno stile al teatro, ma saranno chiamati soltanto manager.
La parola inglese deriva dal francese manager, e dal latino manu agere, 'guidare una bestia stando avanti a lei', che in italiano è diventato 'maneggiare' e 'maneggio' (recinto dove si addestrano i cavalli).
Il significato della parola inglese è cambiato poco rispetto al latino, perché il manager è 'colui che conduce gli altri'.
La nomina di D'Ippolito testimonia, se ce ne fosse bisogno, che si vuole trasformare i teatri in azienda, dove saranno proposti i soliti nomi noti con i quattro spettacoli sempre gli stessi che girano; o i nomi 'giovani', o i falsamente trasgressivi, gruppi e compagnie usati strumentalmente per mostrare aperture che non esistono affatto, ma tutto finalizzato alle quadrature di bilancio e alla 'rinomanza'.
Ci saranno insomma, per i teatri-vetrina, i fuochi d'artificio, i nomi da vertigine, e le strategie d'incasso.
Si ripete e amplifica la solita cultura d'esclusione e praticata dalla Regione Toscana, che ha decretato la morte di tutto quello che non è cultura aziendale o di partito o conforme.
Tutto quello che è alternativo o almeno prova a esserlo, non può più vivere.
Uno sterminio culturale, artistico, economico; altroché.
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