lunedì 17 giugno 2019

E' morto il custode dei misteri etruschi, Giovanni Feo

Pubblico qui una bella presentazione dell'etruscologo Giovanni Feo, datata 2014, non mia.
Giovanni, scopritore del sito di Poggio Rota, la Stonehenge italiana (1), è morto ieri.
Personalmente l'ho conosciuto attraverso i suoi libri e credo, anzi sono sicura,  di averlo incontrato una volta a Pitigliano, or sono alcuni anni. E pochi giorni fa ci avevo parlato in collegamento telefonico,  insieme ad amici, durante una riunione dell'associazione Ilva Matrix,  e la sua voce era affaticata, ma il suo spirito, si capiva, ancora molto forte e determinato nella ricerca e tutela della sapienza antica. 

Giuseppe Centauro, Dante Simoncini, Giovanni Feo.
Foto di GAC.


Forse anche in materia di spiritualità vale il detto l’erba del vicino è sempre la più verde. È infatti curioso constatare il grande fascino che riscontrano alcune culture e antiche civiltà a noi più lontane – non solo in termini di tempo ma anche di spazio – mentre passa quasi inosservata quella etrusca.L’Italia è stata infatti la culla di una civiltà meravigliosa, della quale ancora oggi la maggior parte di noi non sa nulla o quasi nulla. Relegato a poche pagine sui libri di testo scolastici, lo splendore del popolo etrusco giace in gran parte ancora offuscato, forse perché la nostra cultura di appartenenza si identifica più facilmente con quella degli antichi romani (non a torto, in effetti) o forse semplicemente per carenza di informazioni facilmente reperibili. Rimane il fatto, comunque, che la civiltà etrusca continua a rimanere in molti casi quasi sconosciuta. Eppure, è proprio da tale cultura che l’antica Roma ha ereditato gran parte del sapere che l’ha resa celebre al mondo.Tra i pochi libri sull’argomento, spiccano come voci fuori dal coro le numerose pubblicazioni di un autore: Giovanni Feo. I suoi scritti sono difficili da definire, districandosi con eleganza e rigore metodologico attraverso analisi archeologiche, astronomiche, osservazioni antropologiche ed interpretazioni simboliche. Dalle sue parole emerge inoltre una rara sensibilità ed una passione non comune per le sapienze antiche.Decidiamo così di contattarlo, anche se l’impresa si rivela più ardua del previsto dato che non compaiono da nessuna parte i suoi contatti personali. Ci avventuriamo allora direttamente nel cuore delle terre etrusche: Pitigliano, Sorano e Sovana. Dopo alcune peripezie e grazie a un pizzico di audacia, finalmente riusciamo a metterci in contatto con lui e successivamente ad incontrarlo.Il suo riserbo è esemplare ed ammirevole in un’epoca come la nostra, in cui vige la moda di inondare il web di sovrainformazioni sul proprio conto. Feo non è presente sui social network, non possiede un indirizzo email personale né un numero di telefono cellulare. Nonostante ciò, conoscendolo di persona e vedendo la vita che conduce, si può immediatamente constatare come sia impossibile definirlo una persona “fuori dal mondo”.Tra le sue molte ricerche ed intuizioni, mirate ad approfondire la conoscenza del territorio etrusco e pre-etrusco, è degno di nota evidenziare che nel 2005 ha scoperto e segnalato alla Sovrintendenza un sito di straordinaria importanza: l’osservatorio astronomico di Poggio Rota (GR), considerato a tutti gli effetti lo Stonehenge italiano. Ma le sue scoperte ed intuizioni vanno ben oltre.Giovanni ci accompagna così a visitare alcuni tra i più importanti siti sacri degli Etruschi: Via Cave, grotte, poggi e siti astronomici – molti dei quali letteralmente invisibili alle rotte turistiche – illustrandoci non solo le particolarità storico-archeologiche, ma anche le evidenti analogie con un processo di risveglio interiore che si nasconde potenzialmente in ogni essere umano. Il suo approccio verso questi argomenti è delicato e prudente, attento a lasciare sempre aperta la porta a nuove interpretazioni e visioni.Mentre da una parte si rimane turisticamente sconcertati dall’inesistente valorizzazione delle aree etrusche che Feo ci porta a visitare, la contropartita è che questi luoghi si possono ancora assaporare nella loro originaria tranquillità sacra. Cosa non da poco.Eppure la palese indifferenza degli enti locali verso la ricchezza del territorio conduce verso amare considerazioni. Lo stato di abbandono di molte aree è evidente ed allarmante. Lo stesso Feo afferma che nell’arco di pochi anni molti siti potrebbero divenire totalmente inagibili per via delle ultime alluvioni e dell’incedere della vegetazione. Lui, per come può e grazie all’aiuto di altri preziosi amici del luogo (con i quali ha fondato l’Associazione Culturale Tages), cerca di contenere il più possibile l’azione deleteria del tempo.“Quando scopri qualcosa di importante, di sacro, ne divieni personalmente responsabile, e non puoi più assistere alla sua rovina senza cercare di fare concretamente la tua parte nel tentativo di tenerne vivo lo spirito”, afferma Giovanni. Pur essendo difficile da comprendere per l’ordinaria mentalità secondo la quale ogni azione deve prevedere un ritorno in termini di vantaggio personale, è proprio sul principio della “responsabilità” che lui ha fondato gran parte della sua vita. Libero da ogni sorta di compromesso, si è lasciato guidare dal richiamo di una terra enigmatica quanto affascinante che lo ha condotto a confrontarsi con i misteri di una civiltà sommersa, e che lo ha posto di fronte al mistero della vita: da dove veniamo, chi siamo e dove stiamo andando.“La vera Archeologia dovrebbe identificare un percorso di indagine e scoperta del territorio che avanza di pari passo con un’indagine e scoperta di se stessi”, ci tiene a precisare Feo, che non incarna sicuramente la figura dell’archeologo che effettua le sue considerazioni standosene seduto dietro ad una scrivania, nè si accontenta di studiare la storia ed analizzare i reperti; con sempre rinnovata curiosità e passione si affida ad una ricerca multidisciplinare che non vede distinzione tra il campo scientifico e quello spirituale (anche perché, in effetti, questa distinzione non è mai esistita in antichità).“L’umanità moderna ha oscurato e rinnegato le tante acquisizioni dei nostri antenati, vissuti presso civiltà prosperate per millenni che, nel bene come nel male, hanno tracciato la strada che ha portato all’attuale situazione. Un percorso che non si può ignorare o sottovalutare.” [*] Risulta evidente infatti che la nostra mentalità moderna (non per questo più evoluta) differisca moltissimo da quella antica (per nulla limitata). Essa per essere compresa necessita di un coraggioso rovesciamento di prospettiva e il sacrificio di un certo “orgoglio culturale”: non è possibile ammirare i colori di un campo di fiori osservandoli con ostinazione attraverso una telecamera in bianco e nero.La forza che muove e mantiene in vita la mentalità attuale è di carattere razionale e utilitaristico. Nell’antichità questi due aspetti non erano certo estranei ma tenuti decisamente in secondo piano, e il motore primario rientrava nell’ambito dell’intelligenza intuitiva e del senso del sacro.“Le antiche civiltà vengono considerate ancora con un giudizio moralistico: non evolute, inferiori, superstiziose e primitive. Un simile giudizio viene emesso perché si ritiene che la nostra sia la civiltà migliore, la più evoluta. Ma tutti questi giudizi è evidente che non sono affatto scientifici e obiettivi, sono semplici pregiudizi.” [*]Attraverso i percorsi etruschi, Giovanni ci invita a riflettere e a toccare con mano la superficialità – spesso comica – di alcune teorie sull’utilizzo di particolari luoghi sacri. In un’epoca come la nostra, dove la maggior parte delle risorse economiche e di tempo vengono investite per generare ulteriori attività redditizie, sembra impossibile che nel passato alcuni popoli abbiano potuto “spendere” le loro energie nella creazione di complessi monumentali tanto geniali quanto apparentemente inutili.Uno tra i tanti esempi è l’ipotesi secondo la quale le Vie Cave (suggestivi camminamenti sacri scavati nel tufo) potessero servire come vie di fuga in caso di invasioni belliche. Non vi è in realtà nessun elemento in grado di confermare questo utilizzo ma, al contrario, da una tale prospettiva le stesse Vie avrebbero potuto rendere molto più facili gli eventuali attacchi. È chiaro che ogni tentativo di far conciliare gli antichi significati con quelli attuali non potrà mai svelarne i reali misteri.“Le antiche civiltà si focalizzarono nel comprendere l’essere umano e l’ambiente dove viveva, questo era il grande mistero da esperire. Con l’avanzare del progresso tecnologico il paradigma cognitivo venne invertito: invece di porre il mistero della natura umana al centro di tutto, fu accentrata l’attenzione sullo studio degli oggetti prodotti dall’uomo, i suoi strumenti e le varie tecniche e forme da lui create. Ebbe così inizio l’era tecnocratica dove ciò che è predominante sono i prodotti, i modi (= moderno) e le apparenze; e non più l’essere umano, la sua autentica e invisibile essenza e ciò che è oltre le apparenze.” [*]  Ciononostante, Feo non è certo un sognatore nostalgico di un’epoca d’oro ormai scomparsa, e non si fa promotore di un ritorno al passato. Il suo sguardo è rivolto al cielo ma i suoi piedi sono ben ancorati a terra. Non gli piace idealizzare oltremodo l’antichità, riconoscendone comunque alcuni limiti evidenti, ed osserva con fiducia le potenzialità (coscienziali) dell’essere umano attuale. Indubbiamente gli Etruschi avevano però una percezione più fine e sottile della realtà circostante, e probabilmente custodivano il grande segreto della vita. “Il grande segreto? Certo che esiste. Riguarda la vera natura dell’essere umano: sapere chi sono, sapere chi siamo. Questa conoscenza è al centro di tutto. Ma è stata snaturata da coloro che tale conoscenza l’hanno solo parzialmente compresa, usandola come strumento di oppressione e di controllo sugli altri.” [*]Si tratta dunque di recuperare gli antichi saperi per integrarli con la coscienza di oggi, dentro se stessi, una questione seria e delicata più di quanto spesso si possa immaginare. Naturalmente non si può relegare questo genere di indagine solo ad una serie di letture o ad una serie di visite turistiche nei luoghi sacri. Si tratta di dedicare la propria intera vita a questa ricerca, di trasformare la propria quotidianità in un territorio sacro da esplorare e da rispettare.È inoltre interessante il fatto che Giovanni Feo abbia stretto diversi anni fa un legame con l’antropologo e maestro sciamano Don Juan Nunez del Prado, il portavoce della tradizione degli antichi Inca (la sua storia meriterebbe una trattazione a parte, di cui una breve sintesi qui) e con il quale ha fondato l’Associazione Tawantin.Giovanni e Don Juan hanno fin da subito colto una reciproca affinità di percorso, una sottile sintonia, riscontrando peraltro molte affascinanti analogie tra la tradizione andina e quella etrusca, individuando ancora una volta quel filo d’oro che si può ritrovare nell’essenza di qualsiasi corrente iniziatica.“Il luoghi sacri di età etrusca furono infatti scelti per le specifiche qualità energetiche e ambientali di ciascun sito, in vista di azioni rituali che propiziassero quel “cambiamento” di livello di coscienza e quindi la connessione con un più ampio spettro percettivo. A tal fine furono modificati ad arte alcuni speciali luoghi della natura.Si tratta di opere e monumenti del tutto trascurati e sottostimati dagli studi accademici, principalmente perché non inquadrabili nella rigida logica del pensiero razionale e materialista oggi dominante.Ma allora è necessario saper liberare la mente da sovrastrutture e pregiudizi, e con ricettiva sensibilità percepire il senso di segni e simboli di una sapienza arcana che, certamente, appartenne a tutte le antiche sapienze, non soltanto quella etrusca.Oggi si può di nuovo comunicare con le voci di questi luoghi; occorre anzitutto superare la ritrosia e la vergogna dovute secoli di condizionamento razionale e scientista. Serve mettere da parte quella importanza di sé, frutto di esasperato individualismo, che continuamente ci impedisce di pensare ad altro che a noi stessi. Serve, inoltre, a far tacere il continuo chiacchierio mentale che distrae da ogni cosa e arrivare al silenzio, la mente quieta e tacita, per ascoltare quello che la Grande Natura può rivelare.” [*]Giovanni Feo, con una rara (e concreta) profondità e una volontà inesauribile, veglia sulle testimonianze dei nostri avi cercando di mantenerne vivo lo spirito anche nella nostra epoca. Ogni nostro incontro con lui è sempre ricco di nuovi stimoli e sollecitazioni per rivisitare riflessioni ed esperienze, dove si sente palpabile che l’essenza dello stare insieme genera qualcosa che non è assimilabile alla somma delle parti. Per noi averlo conosciuto è stata una grande opportunità per arricchire e approfondire antiche e affascinanti conoscenze, ma ancor di più è stata un’occasione preziosa, perché abbiamo trovato un amico sincero sul Cammino. (Associazione Per-Ankh)

Da https://forum.termometropolitico.it/691104-il-custode-dei-misteri-etruschi-giovanni-feo.html
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[*] Le citazioni sono tratte dal libro “Lo spirito segreto del territorio” (Intermedia Edizioni) e dal Quaderno n. 10 dell’Associazione Culturale Tages.

(1)  Per Poggio Rota, si può consultare questa pagina: https://archeotime.com/2015/06/16/poggio-rota-la-stonehenge-italiana/ o il sito dell'associazione Tages, fondata dallo stesso De Feo, http://www.tages.eu/

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Per approfondimenti su Giovanni Feo, si guardi il documentario sul lago di Bolsena intitolato I quattro incantesimi: https://vimeo.com/295377234. 
In attesa del quinto incantesimo, che dovrebbe toccare a noi!


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