martedì 16 novembre 2021

Recensione su La Brocca Rotta alla Baracca



“LA BROCCA ROTTA”  AL TEATRO LA BARACCA DI MAILA ERMINI

(12-13 novembre 2021) Regia, riduzione e interpretazione di Gianfelice D’Accolti

One man show

Folgorante messa in scena del capolavoro di Heinrich von Kleist a La Baracca.  Un gran peccato per chi si è perso “La Brocca Rotta” (Der Zerbrochne Krug, 1802)  per la regia, riduzione e interpretazione di Gianfelice D’Accolti, straordinario artefice di una performance da “guinness dei primati” con ben 12 personaggi restituiti in un unico corpo recitante.

Si è trattato di una prima assoluta  mondiale con un tal genere di messa in scena che ha rivisitato uno dei testi teatrali più celebrati e complessi che ha fatto la storia della drammaturgia moderna, illuministica e postrivoluzionaria, grazie al pensiero anticonformista del suo geniale autore.

Si tratta di una tragedia moderna assai ispirata e di rara sensibilità artistica che coinvolge lo spettatore per la lucidità dell’analisi e per il sommesso realismo che spicca in un’epoca di parrucconi e in un’ambiente fortemente ingessato come lo era la Prussia agli inizi del XIX secolo. Un’opera di teatro condotta intorno allo spinoso tema, ieri non meno di oggi,  di una giustizia zoppa, fortemente “sbilanciata”, che si rende padrona dei destini dell’uomo, prevaricando persino nella goffaggine dell’irriducibile arroganza dettata dal potere che l’alimenta.

Gianfelice D’Accolti ha  restituito con grande efficacia la giusta atmosfera attraverso una sapiente regia,  dirigendo se stesso “a viso aperto”, senza sconti, prima operando  felici “cesure sartoriali” nella ricomposizione studiata ad arte del testo originale e poi, soprattutto, nella scelta di far parlare con un’unica voce  i tanti protagonisti della vicenda processuale che accompagna, l’intera surreale vicenda della Brocca Rotta nella palese metafora con la realtà, non disgiunta da significati non più che reconditi. Una storia che si traduce  nella  molteplicità delle tante implicazioni, etiche e morali,  sollevate nelle mille sfaccettature che accompagnano  tutti i personaggi in scena come fossero un’unica faccia della stessa medaglia. Nella rilettura di Gianfelice si ricostruisce perfettamente l’atmosfera del grottesco dibattimento svoltosi in aula all’interno di un processo tanto farsesco da avere nel giudice della corte,  l’infingardo Adam, il colpevole da incriminare. Usurpatori e vittime, giudici e imputati stanno allo stesso tavolo, insieme ai lacchè del potere, mirabile la figura del subdolo cancelliere Licht, e all’indignazione dei testimoni che si alternano in giudizio, dove emerge la verve polemica di Marthe,  madre della vittima Eve. Tutti costoro saranno infine soverchiati  dall’ordine costituito che andrà a livellare tutto sotto la coltre dell’ipocrisia di Stato. come spesso accade nell’immutabile ripetersi della storia dei diritti calpestati e di una giustizia mai onesta fino in fondo. Una drammaturgica quella di Kleist che pur vecchia di 220  anni  non sembra proprio dimostrarli perché si rivela attualissima nella dimensione, anche esistenziale, di una veridica contemporaneità, qui esaltata nei suoi tratti essenziali dalla magistrale interpretazione di Gianfelice che restituisce con grande incisività gran parte delle mal celate  verità che si ripetono ab libitum fino alla resa dei conti finale. Suggestiva e commovente l’immagine che traspare di un Kleist  che pare identificarsi in Eve,  giovane vittima dell’inganno insospettabile e dell’ingiustizia sovrana. Un’opera anche per questo  di grande passione, intimista e poetica per l’autore, che sfuma nell’evidente vis satirica che la rende universale e senza tempo attingendo alla cronaca di quel tempo. In questo si esalta l’insuperabile performance attoriale di Gianfelice D’Accolti, un vero mattatore che svolge e riavvolge la trama nell’efficace riduzione dello spartito originale, dando voce, carattere e singolare connotazione drammatica, distintamente modulata nei toni ora appassionati, ora ironici, ora mistificanti rappresentativi di tutti i protagonisti  interpretati come fossero un'unica cosa.

Gianfelice non è però un folle “one man show”, un Paganini del gesto e della  parola in cerca di un primato fine a se stesso, bensì  un abilissimo regista-attore che traspone l’aspetto grottesco della storia costruita dall’autore in un potente j’accuse che coinvolge una ad una tutte le parti in causa. Nella funambolica riproposizione che ne fa Gianfelice, colpisce soprattutto la figura dello storpio quanto disonesto giudice Adam, ottuso strumento del potere guidato dall’arbitrio personale protetto dal ruolo svolto nella società, che si ritroverà alla fine del processo, per il godimento di tutti gli spettatori, travolto esso stesso dalla logica di quel potere da lui abusato. Giustizia pare fatta, ma a ben guardare non sarà proprio così. Infatti,  la povera Eve trasformata, da vittima insieme di un abuso e di un inganno, in un’incolpevole seduttrice nei confronti del suo corruttore, lo spregevole giudice  Adam, resterà senza una giusta riparazione. Il  giudice Adam di contro è reso reo di avere rotto la brocca e quindi abietto di fronte a quella stessa giustizia, fin ad allora impunemente gestita pro domo sua ed  inutilmente (goffamente) oscurata di fronte all’autorità superiore, personificata da Walter, consigliere di giustizia,  colui che, osservando lo svolgimento della causa,  lo stava casualmente giudicando nella sua mansione di giudice.

Il prezzo della Brocca Rotta sarà dunque risarcito ma non già le ferite lasciate dalla violenza subita da Eve. quasi fossero  conseguenze collaterali del maggior torto subito, della vergogna di una resa. Alla fine di tutti i salmi, Adam più che dalla malsana attrazione per  Eve, sarà  dunque vittima della sua stupida arroganza e dal suo ritenersi “dio in terra”  fino ad essere punito per lesa maestà proprio come Adamo con Eva tanto da rovinare per sempre l’Umanità tutta.  Che storia!

***

 Prima di lasciare la sala, un poco stordito da tanta spregiudicata finzione giuridica, non ho potuto fare a meno di immaginare nel mentre Adam, alias Gianfelice, usciva di scena zoppicando ancor più maldestramente di quando, scappando in fretta e furia dalla camera di Eve, fece fatto cadere, rompendola, la preziosa brocca dalla mensola, ed ancor prima che si chiudesse il sipario, al clamore della gente che lo avrebbe atteso dileggiandolo fuori dal tribunale.

Un pensiero questo che mi ha rimandato al testo del Gorilla scritto da Fabrizio De André. Parafrasando quel testo ho inteso che Adam non avrebbe passato un bel momento e in testa mi risuonava il refrain :  «Attenti al gorilla!  Dirò soltanto che sul più bello dello spiacevole e cupo dramma piangeva il giudice come un vitello  negli intervalli gridava mamma. Attenti al gorilla!».  

***

Grazie Gianfelice per tutto l’impegno profuso nel mettere in scena in solitaria un’opera tanto complessa come questa di Kleist .

Grazie Maila per aver reso ancora una volta questo tuo piccolo teatro il cuore pulsante della città.

Grazie ad entrambi per la passione, la professionalità  e la profonda dedizione che sempre dimostrate, dentro e  fuori dal sipario, nei confronti di tutte le storie narrate.

G.A.C.

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